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Mozione di sfiducia a Scipioni, in aula il 1 febbraio

La mozione di sfiducia a Marco Scipioni sarà discussa e votata in aula il 1 febbraio. Tredici i voti necessari per sfiduciare il numero uno di viale Cambellotti

Mancano pochi giorni. La mozione di sfiducia a Marco Scipioni proposta dal Pd di Migliore sarà discussa e votata in consiglio il 1 febbraio. A firmare il documento che potrebbe comportare la decadenza immediata del numero uno di viale Cambellotti sono stati dieci consiglieri. Esponenti del Pd delle Torri, i cinque consiglieri, quindi, che il commissario Migliore ha riconosciuto ufficialmente come gruppo piddino, i due esponenti del Movimento Cinque Stelle, Tranchina e Mammì e ancora i consiglieri Amici, Lorenzotti e Sardone. 

Durante il consiglio del 1 febbraio, dunque, il documento sarà messo in votazione tra tutti i consiglieri presenti e per essere valido, quindi per sfiduciare il presidente, ha bisogno di 13 voti a favore. 

"E' un atto dovuto - commenta Fabio Tranchina, portavoce pentastellato alle Torri - E' stato infranto il mandato degli elettori". A motivare le dichiarazioni che hanno portato alla firma del documento e quindi alla sfiducia di Scipioni, Tranchina aggiunge: "Gli elettori hanno votato una maggioranza di centro sinistra, oggi, però, si ritrovano ad essere amministrati da una maggioranza composta anche dal centro destra". Ancora, riferendosi ai recenti fatti che hanno visto l'originario gruppo del partito democratico al VI dividersi in due: quello riconosciuto ufficialmente e quello mai disconosciuto su carta dal sub commissario Migliore, aggiunge: "Paghiamo tutti per una lotta interna al partito democratico". 

DALLA RICHIESTA DI DIMISSIONI ALLA MOZIONE DI SFIDUCIA - A chiedere le dimissioni di Scipioni, già nell'estate scorsa, il presidente del partito democratico nazionale Matteo Orfini che motivava così la richiesta in una nota stampa: "Dopo una approfondita verifica degli atti amministrativi e dopo aver valutato le modalità di relazione tra il governo municipale e l'organizzazione territoriale del Pd, abbiamo valutato che nel territorio del VI Municipio non sussistano più le condizioni affinchè il presidente Marco Scipioni rappresenti la nostra organizzazione al vertice dell'istituzione municipale". Di contro, il numero uno di viale Cambellotti, ha manifestato fin da subito l'idea chiara di non dimettersi, definendo Orfini un personaggio 'gattopardesco' e dichiarando: "Questa è una vendetta interna al partito democratico perchè non ho 'padrini' e perchè il territorio del Municipio VI, forse, fa gola a qualcuno". Poi l'aut aut di Orfini a luglio: "È del tutto evidente che nel momento in cui il Pd fa una richiesta del genere, rimane nel partito chi accoglie quella richiesta". Da qui, poi, iniziano le spaccature interne al partito che portano, oggi ad avere due gruppi che si identificano nel Partito Democratico, ma solo uno di questi è quello riconosciuto ufficialmente da Orfini e dal sub commissario alla Torri Gennaro Migliore. Nel frattempo, a gridare 'dimissioni' anche il Movimento Cinque Stelle che nei mesi ha proposto una mozione di sfiducia senza raggiungere il numero sufficiente. Infine, il pd di Migliore e i grillini hanno sottoscritto la mozione di sfiducia insieme ad altri tre consiglieri. 

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