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Il Pigneto si appella a Gabrielli: "Lo spaccio ci uccide, mantenga le promesse"

Una lunga lettera con lo storico di proteste, annunci, promesse mai mantenute firmato dal consigliere del V municipio Marco Carella (Lista Civica Marino)

"Stanno ancora lì, Prefetto, notte e giorno, hashish e coca di notte, eroina di giorno. Ci stanno con o senza i Carabinieri inchiodati in Piazza del Pigneto, con o senza retate pirotecniche". Il V municipio si appella a Gabrielli, perché mantenga le promesse fatte, quando annunciava una stretta reale sullo spaccio h24 che tiene in scacco il quartiere.

Da Alemanno che sulla sicurezza puntò la sua elezione, a Marino che si autodefinì "esasperato dall'assenza delle forze dell'ordine", dopo le proteste del quartiere che levò gli scudi nell'ottobre 2013, al Pigneto è l'immobilismo il vero vincitore alla fine di ogni legislatura.

Spaccio al dettaglio negli angoli bui dei vicoletti, quelli che chiudono l'isola pedonale nella morsa di eroina, cocaina, hashish, marijuana, magari sotto il circuito di videosorveglianza, tanto non ha mai funzionato. Aggressioni, molestie, siringhe e scie di sangue lasciate da chi per farsi la sua dose ha scelto l'androne di un palazzo qualunque, uno dei tanti dove ogni giorno entrano e escono famiglie con bambini. 

A scrivere al Prefetto è il consigliere Marco Carella, Lista Civica Marino, da sempre sostenitore della battaglie per legalità e decoro nel quartiere di movida. Una lunga lettera in cui ripercorre proteste, promesse, inefficienze, stallo. E l'ennesimo, disperato, richiamo. Riportiamo di seguito, per intero, il testo della missiva. 


Egregio Franco Gabrielli Prefetto di Roma Capitale,

Il 15 ottobre 2013 a seguito delle proteste contro lo spacc...io il Sindaco Ignazio Marino venne in visita al Pigneto dichiarando il massimo impegno per porre fine al tempo della criminalità. Ancor prima, cinque anni prima, il suo predecessore sbancò le urne elettorali dopo una campagna incentrata sulla sicurezza cittadina. E nei cinque anni successivi l'unica soluzione che la destra municipale seppe proporre, fu quella vergognosa della riapertura al traffico dell'Isola pedonale. 

A luglio 2014, dopo mesi a vuoto, l'allora Sindaco Marino dichiarò: "Sono esasperato dall'assenza delle forze dell'ordine in quartieri come Pigneto e San Lorenzo. Oggi richiamerò il prefetto Pecoraro affinché intervenga in maniera decisa e netta. E se necessario chiederò di essere ricevuto con urgenza dal ministro dell'Interno Alfano entro le prossime 72 ore. Le persone non possono essere spaventate dai pusher , che spacciano eroina e cocaina, o dalle siringhe abbandonate per strada. Nonostante io sia intervenuto con un'ordinanza sulla vendita dell'alcol (a proposito, il 31 ottobre è scaduta la precedente e a tutt'oggi nessuno ci ha dato sapere se sarà il caso di rimetterci le mani) non c'è poi il controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine che renda efficace quell'ordinanza. Io non sono per il sindaco sceriffo. Il prefetto deve garantire che le persone possano uscire di casa. Io davvero non ne posso più".
 
Lei stesso, il primo giorno da Prefetto nominò il nostro quartiere come uno di quelli da monitorare attentamente. E ricorderà bene, poi, i fatti del 29 luglio 2015, quando la ribellione fisica a forze dell’ordine creò evidente scalpore mediatico. I giorni successivi, lei stesso Prefetto, si sbilanciò nel dichiarare che "davanti a queste violenze lo Stato non molla di un centimetro". L'escalation di tensioni nelle periferie in mano al racket dello spaccio, lo spinse a dichiarare che per i pusher colti in flagrante e arrestati non si possono aspettare i tempi della giustizia italiana e che, d'altronde, lo regola la legge, il pusher colto in flagranza di spaccio può essere accompagnato in via coatta alla frontiera. 

Ora, Prefetto Gabrielli le posso assicurare che con o senza i proclami di Alemanno e della destra, con o senza i richiami del dimissionario Ignazio Marino, con o senza le sue di dichiarazioni Mike, Djamba, Abdul, Michele, Joshua e un altro mezzo centinaio di spacciatori (sono chiaramente nomi di fantasia), avranno fermato probabilmente un'altra decina di migliaia di ragazzi e non solo da quel giorno di luglio propinandogli qualsiasi tipo di sostanza stupefaciente oggi vi è sul mercato.

Stanno ancora lì, Prefetto, notte e giorno, hashish e coca di notte, eroina di giorno.  Ci stanno con o senza i Carabinieri inchiodati in Piazza del Pigneto, con o senza retate pirotecniche". Il V municipio si appella a Gabrielli. Ah, a proposito, per ben quattro volte di seguito abbiamo fatto ripristinare l'illuminazione sulla piazza ad Acea e non passano 24 ore che qualcuno manomette il circuito e ritorna il buio pesto con tutto il resto (tutto, proprio tutto, dal recondito al pecoreccio). 

Ci stanno dicevo, con o senza le retate pirotecniche che a nulla servono se non seguite da un intenso intervento coordinato e sinergico tra le varie forze in campo. Interventi singoli, isolati, anche se muscolari come in passato hanno alleviato le strade il tempo che la criminalità organizzata sostituisse la manodopera con della nuova. Purtroppo. evidentemente la velocità con cui si arresta il crimine non è la stessa con cui esso si riproduce. Ci stanno perchè il crimine riesce sempre incredibilmente a sfuggire. Ci stanno perchè non riusciamo a stringere la presa, non riusciamo a imporre la legalità contro il malaffare e la delinquenza.

Prefetto, qui nessuno, tanto meno il sottoscritto, ha la pretesa di voler anche semplicemente suggerire tecniche e strategie di ingaggio contro lo spaccio. Ma tutti, o quantomeno ogni cittadino del quartiere, mi creda, ci chiediamo perchè? Perchè, forse mi sbaglio o forse no, basterebbe la metà delle forze impegnate nelle retate anticontraffazione per una settimana di seguito a liberare quel chilometro quadro di città. Anzi basterebbe, forse, che le 25 telecamere che dovrebbero vigilare sugli angoli di spaccio venissero utilizzate in maniera tempestiva da un nucleo coordinato di forze (Guardia di Finanza, Vigili Urbani, Polizia e Carabinieri).

Tutti noi residenti conosciamo ormai ogni spacciatore, la loro provenienza. Conosciamo i luoghi dello spaccio e quelli delle sentinelle. Quali terrazze sono presidiate e quali angoli nascosti vengono usati come deposito della merce. Conosciamo la distribuzione territoriale di ogni etnia di spacciatori, Centroafricani da una parte, magrebbini dall'altra, balcanici da un un'altra ancora. Chi spaccia cosa e a che ora. Quando arriva e chi la porta.

Succedono cose incredibili. Al pilone della tangenziale est di via del Pigneto ogni giorno due giovanissimi consumatori di eroina prima si fanno del male (con la siringa) e poi si fanno del bene. La proprietà privata abbandonata di via del Pigneto 5/g era divenuta il circo degli orrori. Montagne di letame miste a siringhe e mutandine di qualche vita sfortunata vendutasi per due dosi di eroina si facevano bella mostra in quello spiazzale dove si affacciano centinaia di famiglie. 

Poi ci pensò, Nicola (cittadino dell'europa dell'est che si guadagna da vivere combattendo il degrado e la sporcizia in cambio di qualche spicciolo), a ridare lustro a quello spazio. Da un mese Nicola se ne è riandato (magari ha desistito di fronte alle minacce di chi lo ha visto come un elemento di disturbo contro l'anarchia degradante) e con esso il decoro.

Proprio lì, nel vicoletto della vergogna tra via Prenestina e via del Pigneto uno spacciatore in fuga da un suo aguzzino armato di “scimitarra” (l'arma potrebbe essere di fantasia ma così mi è stato riferito) si è andato a nascondere dentro casa di una signora il cui terrazzo al primo piano affaccia sul piazzale. Si immaggini la povera anziana, sola in casa, che si è trovata di fronte il ragazzotto impaurito che le urlava come un ossesso incomprensibili parole di aiuto). 

In questi giorni nuovi accadimenti (molestie, aggressioni e bivacchi) hanno di nuovo amareggiato il clima di chi abita in quell'area. La Piazza del Pigneto con la primavera è tornata a fiorire di comitive di spacciatori, miste a marginalizzati che utilizzano lo spazio pubblico per tutte le attività quotidiane (da quelle che normalmente si fanno in bagno a quelle che comunemente svolgiamo in cucina).

E potrei continuare per ore a raccontarle aneddoti e luoghi di un quartiere che doveva essere, con la sua Isola Pedonale da mezzo milione di euro il fiore all'occhiello della prima periferia romana, una protesi del centro storico romano appena fuori le mura, e che invece si è trasformata nell'immagine più indecorosa della movida, nel centro dello spaccio di Roma est, un quartiere moribondo. 

I cittadini sono esausti. Le famiglie stanno fuggendo dal quartiere, terrorizzate per il presente e per il futuro, incapaci di intravedere la benchè minima possibilità di far crescere i propri bambini in un quartiere divenuto pericoloso e precario. Solo l'impegno encomiabile della cittadinanza attiva non ha lasciato spazio e tempo a quelle neanche tanto sparute minacce di giustizia fai da te che hanno provato a farsi largo sui social network di quartiere. 

Nel tempo questo quartiere ha accolto, accudito, tollerato, Ha subìto le incomprensibili accuse di colpevolezza del suo essere naif e radical chic integralista reo di non aver mai voluto “le guardie” nelle proprie strade. E dunque chi è causa del suo mal pianga se stesso. Idiozie come queste servono solo a chi ha bisogno di farsi propaganda politica o a giustificare un fallimento.

Oggi i cittadini si sono uniti in associazione, nei mesi scorsi è nato il Pigneto Social Club, che mira a promuovere attività sociali e proattive per intervenire sul degrado sociale. Che punta, con grande umiltà ma non meno spessore culturale a proporre atti per la legalizzazzione delle droghe leggere finalizzata allo sfaldamento delle piazze di spaccio e sfruttamento della manodopera a basso costo. 

Spero abbia compreso, Prefetto Gabrielli, quanto smarrimento c'è in queste parole scritte a braccio che non voglio essere un esclusivo atto di accusa, quanto un urlo contro l'inverosimile, contro tutto ciò che di illecito viene compiuto sotto gli occhi increduli di migliaia di residenti che si sentono soli e abbandonati. 

Un urlo collettivo fatto dalle voci dei comitati, delle associazioni, degli amministratori del territorio, dei commercianti, da quelle degli anziani che ricordano un quartiere partigiano, delle famiglie storiche che ne ricordano la sana anima popolare e di quelle nuove che lo avevano visto come un piccolo paese accogliente, decoroso e perché no, alla moda, nel quale vivere. Un urlo isterico e disperato di chi si chiede ogni santo giorno perchè nessuno intervenga a fermare questo scempio.
Prefetto Gabrielli, perchè?

Marco Carella. Consigliere Municipio V di Roma Capitale

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