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Venerdì, 19 Aprile 2024
Pigneto

V municipio, attivisti M5s contro Boccuzzi: "Non siamo qui solo per applaudire". Malcontento anche tra i consiglieri

La "deriva autoritaria" del minisindaco. Dal "bavaglio" ai consiglieri allo strappo con la base

C'era una volta il Movimento, anche nel V municipio. Dopo Garbatella, Montesacro, Monteverde e Portuense, anche dal Pigneto a La Rustica implode il mito della politica dal basso, quella con i cittadini al centro, tanto cara ai pentastellati della prima ora. A dirlo sono gli attivisti stessi in una lettera inviata a chi dovrà rendere conto della situazione, i parlamentari Paola Taverna, Massimo Baroni, ma anche Roberta Lombardi. Un documento che ora rischia di azzoppare proprio la Faraona, candidata alle regionali del Lazio, che nel V municipio ha uno dei bacini di voti più consistente. La colpa è tutta di Giovanni Boccuzzi e della sua giunta, capace di far infuriare la base a suon di scelte calate dall'alto. Una deriva autoritaria che i firmatari del j'accuse non gli hanno perdonato. Ma andiamo con ordine.

"Il gruppo di attivisti del V municipio delibera di interrompere il rapporto di cooperazione politica con i suoi portavoce". Se è ancora lecito definirli tali. Si conclude così la missiva dei nove militanti indirizzata ai big del Movimento: Massimo Baroni, Alfonso Bonafede, Roberto Fico, Riccardo Fraccaro, Roberta Lombardi, Paola Taverna, Virginia Raggi, Marcello De Vito. E ("per conoscenza") Giovanni Boccuzzi, il presidente del parlamentino. Cinque pagine di riassunto di quasi due anni di amministrazione, dove il rapporto con meet up e tavoli di lavoro, cuore pulsante del Grillo pensiero, si è allentato fino a farsi inesistente. 

A cominciare, si legge nel documento (QUI IL PDF INTEGRALE) dalla "tradizionale assemblea settimanale del mercoledì, aperta ai cittadini e pensata come un momento di restituzione del lavoro dei portavoce e di interazione con la comunità 5 stelle" che "ha visto una progressiva mancanza di partecipazione dei consiglieri e degli assessori". Fattore che ha determinato "l’abbandono di tanti simpatizzanti e attivisti che, non avendo alcuna interlocuzione con gli eletti, hanno smesso di partecipare". Altro che quaranta/cinquanta persone come i primi tempi. Negli ultimi mesi non ha partecipato quasi nessuno e diverse riunioni sono state annullate. 

Aspetti che sono stati fatti notare senza ottenere risposte, fino allo strappo finale. E visto che "il ruolo degli attivisti non può essere quello di plaudire solamente verso la politica del nostro municipio nelle sue manifestazioni pubbliche senza sapere nulla del percorso che ha portato a quelle decisioni", meglio tagliare i ponti. Con pericolose ripercussioni, tra i delusi, sulle intenzioni di voto. Un po' lo stesso divorzio già consumato in municipio XII. A giugno scorso i consiglieri e la minisindaca Silvia Crescimanno hanno ricevuto una lettera molto simile, di pesante malcontento, firmata da 19 attivisti, che sentenziò la fine dei rapporti con militanti e territorio.  

I responsabili della scissione? In entrambi i casi abbiamo un modello di minisindaco trincerato nel suo quartier generale, che non concede l'ultima parola a nessuno se non a sè stesso, o al massimo a suoi fedelissimi. Tornando al V municipio, il presidente è stato più volte accusato di immobilismo su scelte importanti: dai dieci mesi per partorire un regolamento sul commercio che ha sacrificato feste e mercatini nei quartieri, alla chiusura di un centro per disabili ancora da riaprire, alla totale assenza di interlocuzione su roghi tossici e rifiuti, temi scottanti in quella porzione di Roma. Mosse criticate nel metodo - lo scarso dialogo con il territorio - ancor prima che nel merito. E a quanto pare non solo dai comitati di quartiere e da cittadini e attivisti che hanno dovuto rinunciare al confronto promesso. I mal di pancia serpeggiano anche tra gli eletti. 

Nel mirino due disposizioni arrivate direttamente dal presidente Boccuzzi che interessano consiglieri di maggioranza e opposizione. La prima, già ribattezzata dai detrattori la "nota bavaglio", è una comunicazione inviata dal direttore del municipio, Luigi Ciminelli, ai direttori di unità e al personale tutto in cui si specifica che, su "espresso volere del presidente", le richieste di informazioni avanzate dai consiglieri devono essere formalizzate direttamente ai dirigenti. Per tutti gli altri, bocche cucite. Un esponente dell'opposizione passa da un cantiere e nota anomalie (vere o solo supposte) sulla condotta dei lavori in essere? Non può telefonare al responsabile dell'ufficio tecnico, che ben conosce data la ridotta dimensione di un'amministrazione municipale, e avere delucidazioni in pochi minuti. Deve passare dai dirigenti, e aspettare magari giorni prima di ottenere una risposta. 

Il rischio per gli oppositori è che si ingolfi la stessa attività dei dipendenti. E, sul piano politico, che si vada a limitare le possibilità di azione degli eletti. "Viene palesamente violato l'articolo 43 del Tuel prevede il diritto dei consiglieri di ottenere dagli uffici tutte le notizie e informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato" attacca la consigliera dem Maura Lostia. La nota, datata 13 febbraio, recita così: "Al fine di una più celere e uniforme trattazione delle richieste di notizie o di copia di atti avanzate dai consiglieri municipali si rende opportuno disporre che tali istanze siano trattate direttamente dalle SS.LL. evitando qualsivoglia rapporto diretto con i singoli uffici o responsabili di servizio". Il minisindaco interpellato nel merito si difende riformulando il contenuto: "Nessuno ha mai avuto intenzione di mettere il bavaglio a nessuno. In commissione Trasparenza ho chiarito che riguarda solo la richiesta di accesso agli atti". Non le suddette "richieste di notizie". La presidente della commissione di controllo e garanzia, Nunzia Castello (Pd), ha poi specificato: "Attendiamo che arrivi una rettifica rispetto al documento originale". Che ha comunque sollevato dubbi anche tra le file del M5s.

"Il problema è di metodo, il presidente e la sua giunta procedono troppo spesso senza interpellare nessuno. E questo è grave". E' un consigliere di maggioranza a sfogarsi con RomaToday, tirando in ballo un altro atto poco gradito: la scelta di rimodulare le commissioni. Nuovi presidenti e nuovi consiglieri. Un avvicendamento che se per la giunta Boccuzzi non è altro che una regola interna già applicata anche in altri municipi, da qualcuno è stata interpretato come un tentativo nascosto di azzoppare chi ha lavorato bene. Al netto di eventuali dissidi personali, anche stavolta la critica è al mancato confronto. Per mercoledì 7 marzo, post elezioni, è stata convocata la capigruppo dove verranno comunicate le nuove "squadre". Sempre che il risultato delle urne non costringa a rivedere l'elenco delle priorità. 

In merito alla questione legata alle Commissioni, Boccuzzi dichiara di non essere a conoscenza dell'ipotesi rimodulazione. Mentre per quanto riguarda la lettera degli attivisti, preferisce non commentare.

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