Il declino di Parco delle Sabine: così il lago diventa "pozzanghera"
Il polmone verde del Municipio III imbrigliato nel contenzioso tra Roma Capitale e costruttori. Associazione Tutela Parco delle Sabine: "Comune faccia rispettare convenzione"
Erba secca a rischio incendi con le fiamme ad aver già distrutto trenta ettari, viottoli impervi e aridi, alberature morenti, vegetazione incolta e un senso di incuria diffuso: così appare oggi il Parco delle Sabine, uno dei polmoni verdi del Municipio III.
Qui la manutenzione, ancora in carico ai costruttori, a causa di un annoso contenzioso con il Comune è da mesi una chimera e gli sforzi dei volontari, dei Comitati e delle Associazioni del territorio non bastano a rendere quell'esteso Parco vivibile e rigoglioso come i residenti lo sognano da anni.
Ad intrappolare il Parco delle Sabine tra incuria e abbandono la contesa tra Roma Capitale e la società costruttrice: "Un disastro prodotto dalla scelta irresponsabile di Porta di Roma, ribadita anche recentemente, di interrompere unilateralmente la manutenzione nonostante gli obblighi da convenzione" - ha scritto l'Associazione Tutela Parco delle Sabine sempre in prima fila per il controllo e la difesa di quella risorsa ambientale così importante.
A soccombere nel cuore del Parco delle Sabine anche quel laghetto un tempo specchio d'acqua limpido e dal panorama e ambiente godibili: "Orma è una pozzanghera malsana" - fanno notare, con le immagini a contare più di mille parole, da Associazione Tutela Parco delle Sabine. Il tubo dell'alimentazione del piccolo lago è stato divelto tant'è che di recente, prima del completo prosciugamento, a Largo Labia sono arrivati anche i volontari dell'Enpa che muniti di retini, vasche e stivali hanno recuperato e liberato in zona protetta molti dei pesci sopravvissuti.
"La situazione del parco di Largo Labia, e quindi del laghetto, è paradossale perché si tratta di un vero polmone verde, un patrimonio della collettività completamente abbandonato a sé stesso" - hanno sottolineato dalla Protezione Animali assicurando la volontà di "accertare le responsabilità di questo scempio e capire come sia stato possibile che pesci gatto, carpe e persino un lucci siano finiti in uno specchio d'acqua di pochi metri quadrati".
Alla ricerca invece di una soluzione al progressivo declino del Parco delle Sabine i residenti che chiedono a Roma Capitale di agire nei confronti dei costruttori: "In caso contrario - scrivono da Tutela Parco delle Sabine - la responsabilità sarà tutta del Comune che lascia che Porta di Roma faccia il bello e il cattivo tempo a suo piacimento".
E sulla vicenda è intervenuto anche l'Assessore all'Urbanistica del Municipio III, Domenico D'Orazio: "Un altro capolavoro della società Porte di Roma che ha un contenzioso con il Comune" - ha scritto commentando le eloquenti immagini di incuria e declino sui social. "Gli hanno permesso di fare il bello e cattivo tempo. Intanto noi - ha assicurato l'esponente della Giunta Capoccioni - abbiamo chiamato il responsabile del Dipartimento in Municipio e sollecitandogli la procedura per l'incameramento delle Fideiussioni".
E mentre burocrazia, scontri legali e braccio di ferro vanno avanti a morire non sono solo i pesci del laghetto di Largo Labia ridotto a pozzanghera ma un intero Parco e forse pure la pazienza di un territorio privato da anni del proprio "vanto" verde.