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Venerdì, 19 Aprile 2024
Garbatella

Crisi Municipio VIII, ecco perchè non è scoppiata la "pace"

I dissidenti del Municipio VIII spiegano perchè non ha finora funzionato l'accordo, finalizzato in Campidoglio, per riportare la compattezza nel territorio

Non c’è verso. Nel Municipio VIII continua a registrarsi il paradosso di un territorio governato da Pace, ma senza pace. Per ora prosegue tutto secondo il consueto registro:  non si dimette nessuno e si vive alla giornata. Con quotidiane scaramucce tra il Minisindaco ed il gruppo dei nove dissidenti pentastellati. La trattativa intavolata dal Campidoglio, è evidente, non è andata in porto. Per responsabilità che  i cosiddetti “talebani” attribuiscono a colui che li ha etichettati in questo modo: il presidente Pace.

L'ACCORDO DISATTESO - “Lunedì 6 marzo, in Campidoglio, insieme alla Sindaca, siamo riusciti a delineare un accordo per cercare di uscire responsabilmente da questo  stallo – si legge in una nota circolata negli ambienti del M5s municipale – L'accordo prevede, o forse è meglio dire 'prevedeva' le dimissioni del VicePresidente nonché Assessore al Bilancio/Trasparenza Massimo Serafini per i conflitti di interesse più volte sottolineati". Il riferimento è al ruolo ricoperto da Serafini in una “Onlus” che da Pace ha ricevuto l'incarico di gestire i bandi municipali. Le altre clausole dell'accordo prevedevano “la scelta, condivisa con lo stesso Presidente, di tre curricula per i profili  degli assessori vacanti con la possibilità di sottoporre al Presidente anche l'indicazione di una preferenza”.  Infine si puntava sul “recupero della collegialità come metodologia operativa nel rispetto di quel processo di condivisione che è alla base di una conduzione politico-amministrativa realmente democratica e condizione fondante del MoVimento”.

LE DIMISSIONI ANNUNCIATE - Ma secondo il gruppo dei nove consiglieri che da mesi minacciano di avviare un impeachment, “le condizioni espresse nell'unico accordo costruito con la Sindaca sono tutt'ora disattese dal presidente Pace”.  Contestate almeno quattro iniziative del Minisinaco.  Si fa innanzitutto riferimento alla “minaccia delle proprie dimissioni e di quelle di tutti i membri della giunta municipale, come leva di ricatto per contrastare ancora una volta noi Portavoce MoVimentisti”. In secondo luogo si fa riferimeto all’ “improvvisato comizio del 13 marzo” in occasione del quale “il Presidente evidenzia come unica soluzione il 'ritorno all'ordine' di noi Portavoce MoVimentisti". In quella stessa occasione  “si fa riferimento a un documento non condiviso né discusso ma solo imposto e quindi rifiutato che contiene questa nostra dichiarazione di 'resa', documento che non tiene minimamente conto delle condizioni definite nell'accordo con la Sindaca".

L'USO MEDIATICO - C'è un altro comportamento che viene imputato a Pace: “il reiterato uso mediatico”. Un modus operandi che, secondo i 9 consiglieri, “lo porta a preferire la stampa, e ora i comizi, a qualsiasi confronto con la sua maggioranza o a qualsiasi riunione di chiarificazione con gli attivisti”. Infine si imputa al Minisindaco “la costruzione di un'immagine di sè come vittima perseguitata da una parte, e come crociato dall'altra, sminuendo e screditando il lavoro portato avanti da noi Portavoce, ostinandosi a farci percepire come avversari della propria guerra santa invece di riconoscere il senso genuinamente politico del nostro apporto critico”. A fronte di questi comportamenti, l’accordo non è stato rispettato. E la crisi perdura. Dal momento che, per i 9 consiglieri, le condizioni espresse nella trattativa intavolata il 6 marzo, “sono derivate da un confronto e da una faticosa, responsabile decisione collettiva. E per questo restano le uniche valide”.  In altre parole, si riparte da lì. O semplicemente si resta incagliati in un limbo che, a lungo andare, complica la gestione dell'amministrazione.

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