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Laurentino Laurentina / Via di Castel di Leva

Archeocucina: "Così si mangiava a Roma duemila anni fa"

Il vino cotto con il miele, la cassata di Oplonti. Le murene e tutti gli alimenti preferiti dagli Antichi Romani tornano in tavola grazie all'Archeocuoca Carla Maria Palumbo. Un'esperienza da provare

Cosa si mangiava a Roma duemila anni fa, quando le patate, i pomodori, i peperoni erano alimenti sconosciuti e la pastasciutta non era ancora stata sperimentata? Per scoprirlo basta impostare una  banale ricerca sulla rete. Ma c’è un modo più interessante di saperlo: sperimentandolo di persona. Un’opportunità che è ora possibile cogliere grazie all’Archeocucina.

ARCHEOCUCINA A DOMICILIO - Il sabato con la formula dell’ home restaurant a Castel di Leva, e su richiesta anche a domicilio, è possibile degustare i piatti che amavano gli antichi romani. “Ho unito due cose che appartengono alla mia vita – spiega l'archeocuoca Maria Carla Palombo – la passione per la storia e quella per la cucina. Nel farlo  ho elaborato dei menù adatti tanto agli aperitivi quanto per le cene che organizzo a casa o, su richiesta delle associazioni culturali, a domicilio. La prossima iniziativa è il 18 marzo e si tratta di un archeoaperitivo che si svolgerà a Tivoli subito dopo una visita guidata condotta dall’associazione Affabula Roma-Tour”.

CARNE E PESCE - Per quanto riguarda i piatti “gli antichi romani amavano la carne: quindi parliamo di pollo, maialino, abbacchio. Ma erano anche grandi consumatori di pesce, che alcuni patrizi allevavano nelle peschiere delle proprie ville. Tra questi i gronchi e le murene. Ho cercato quindi di riportare a tavola anche questi pesci che, soprattutto nel caso delle murene, non è più frequente mangiare. Poi – aggiunge la signora Palombo – amavano anche i molluschi, le aragoste e le ostriche”.

LE FONTI -  Nel riprodurre fedelmente le ricette,  la signora Palumbo fa spesso riferimento ad  Apicio. “Si tratta di uno dei più grossi gastronomi dell’antichità. Ha vissuto nel III secolo ed ha scritto 12 libri, o meglio 12 pergamene sulla cucina. Si tratta in realtà più che altro di prontuari, dove sono indicate gli ingredienti ma non le dosi. Quindi – spiega l’archeocuoca – il segreto è provare e riprovare a cucinarli. Per far emergere il sapore che i romani apprezzavano e che è spesso stato rielaborato anche dagli scritti dei monaci cistercensi”.  

VINO E DOLCI - Oltre al cibo, nelle tavole degli antichi romani non poteva mancare il vino. “Era molto diverso dal nostro: era cotto e tagliato con l’acqua calda. Ma alcuni vitigni, per quanto rari, sono sopravvissuti” e si ritrovano nei menù dell’ “archeocuocadiroma” che, tra l’altro, annovera anche il Mulsum: un vino cotto con spezie e miele che si serve a temperatura ambiente. E per dolce “non poteva mancare la cassata di Oplonti:  è realizzata con una base di ricotta, miele, pinoli, datteri, noci, albicocche e prugne secche. E' stata rinvenuta anche in un affresco scoperto nella villa di Poppea ad Oplonti, vicino Ercolano. Ed è l’antenata della cassata siciliana”.
 

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