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Bracconaggio nel Parco dei Castelli Romani, individuate numerose trappole

Proseguono le attività dei Guardiaparco impegnati nel contrasto alla caccia di frodo nell'area protetta del Parco dei Castelli Romani

Anche in un'area protetta come quella del Parco dei Castelli Romani, destinata alla tutela di specie protette, la cattura e l’uccisione di fauna selvatica da parte dei bracconieri continua ad essere un problema molto diffuso. Oltre ad essere un tipo di pratica assolutamente vietata dalla legge, si tratta di un fenomeno da combattere con tutti i mezzi per via delle modalità cruente con cui i cacciatori di frodo provocano la morte degli animali.

I Guardiaparco, costantemente impegnati nel contrasto di questa pratica barbara, hanno scovato e rimosso una serie di  “trappole con amo” utilizzate per catturare mammiferi di taglia maggiore, come i  cinghiali.  Nello specifico, l’animale affamato, nella foga di ingoiare il boccone, resta agganciato all’amo e spesso per liberarsi si strappa letteralmente parti dell’esofago e dello stomaco. I Guardiaparco per arginare questo triste fenomeno si servono di trappole fotografiche attraverso le quali possono acquisire prove denunciare all’Autorità Giudiziaria i responsabili.

Sulla questione ha espresso il suo parere anche il direttore del Parco, Tommaso Mascherucci: “Non sono questi i modi per risolvere le problematiche relative alla presenza di cinghiali sul territorio. Le azioni improvvisate dai singoli non aiutano a risolvere questioni così complesse. Il commissario Orciuoli ha appena approvato una delibera che adotta il “Piano per la programmazione di interventi di controllo numerico del cinghiale nel Parco regionale dei Castelli Romani”, predisposto dal Servizio tutela ambientale dell’Ente, già inviato in Regione per l’approvazione. Bisogna attuare soluzioni mirate che possono essere studiate soltanto avendo un'ampia conoscenza della situazione nel suo complesso e in questa direzione stiamo lavorando con gli Uffici”.

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