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Rischio sismico nei Castelli Romani, ne parliamo con il geologo Roberto Troncarelli

Come si misura una magnitudo, qual è la situazione sismica dei Castelli Romani e quanto conviene la prevenzione: ne abbiamo parlato con il Presidente dell'ordinde dei geologi del Lazio Roberto Troncarelli

In questi giorni in cui l'Italia centrale continua purtroppo a tremare, anche a molti chilometri di distanza dall'epicentro del terremoto la paura è tanta. Spesso lo stato psicologico precario che il sisma induce, spinge molti cittadini a credere a fantasiose teorie sulla genesi dei terremoti, sul calcolo della magnitudo, sul risveglio di vulcani distruttivi e chi più ne ha più ne metta.

Per cercare di fare chiarezza e riportare i fatti all'evidenza scientifica (perché fortunatamente il Medioevo ce lo siamo lasciato alle spalle da secoli) abbiamo contattato Roberto Troncarelli, presidente dell'Ordine dei geologi del Lazio.

Presidente Troncarelli, stante le bufale che girano sul web, possiamo fare chiarezza sulle modalità di rilevamento della magnitudo dei terremoti. Come funziona?

La storia della rilevazione della magnitudo dei terremoti è relativamente recente, la si deve a un sismologo californiamo che dà il nome all'omonima scala di rilevazione, la Richter appunto. Prima degli anni Sessanta veniva utilizzata la cosiddetta scala Mercalli che tiene conto degli effetti del terremoto sulle opere antropiche. Un terremoto nel pieno del deserto del Sahara seppur molto forte potrebbe essere classificato come nullo, in quanto non avrebbe nessun effetto sulle opere costruite dall'uomo. Con l'utilizzo della scala assoluta Richter si calcola l'intensità dei terremoti attraverso un'unità di misura, la magnitudo appunto rilevata attraverso strumentazioni tecniche quali i sismografi e i geofoni, quest'ultimi contengono una sorta di palla che quando la terra si sposta viene trascinata dal movimento, più forte è l'intensità e più forte è questo trascinamento.

In Italia l'unico ente ufficiale deputato a comunicare la magnitudo di un terremoto è l'INGV, l'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Badi bene che per calcolare l'esatta magnitudo c'è bisogno di circa mezz'ora dall'evento sismico. Al momento di ogni scossa si avviano delle procedure istantanee che vanno a identificare l'epicentro e l'ipocentro del terremoto. Chi diffonde dati non ufficiali sulla magnitudo vuole solo creare confusione. Rispetto alla scossa di domenica scorsa il dato di 6.5 è stato ufficializzato dopo un'ora e lo stesso dato è stato confermato dall'Istituto geologico statunitense (Usgs). Chi diffonde le bufale su una fantomatica falsificazione della magnitudo andrebbe denunciato alla polizia postale, è una persona che specula sullo stato psicologicamente fragile delle persone.

Le scosse di questi giorni sono state nettamente avvertite anche nei Castelli Romani. Qual è il rischio sismico dell'area?

I Castelli Romani sono classificati come pericolosità sismica con il livello 2B, è una zona vulcanica e come noto i centri di emissione delle caldere vulcaniche sono occupati dai due laghi di Albano e Nemi. Il vulcano dei Castelli Romani pur presentando delle camere magmatiche in cui si stanno registrando dei movimenti è ormai considerato un vulcano estinto, non potrà mai essere potenzialmente pericoloso come lo sono il Vesuvio con i Campi Flegrei.

La pericolosità sismica dei Castelli Romani è diversa rispetto a Roma perché appunto risente della natura vulcanica dei territori e perché stando più a sud possono risentire in parte dei movimenti della catena degli Appennini, più si scende a sud del Lazio e più aumenta la pericolosità sismica, non a casa alcuni comuni della Ciociaria sono ad altissimo rischio sismico perché si trovano sulla direttrice della faglia che nel 1911 distrusse Avezzano. Vede noi possiamo prevedere dove potranno esserci forti terremoti, ma non quando. In ogni caso nei Castelli Romani eventuali terremoti non potranno mai raggiungere l'intensità di quelli che stanno colpendo l'area tra Marche e Umbria.

In questi giorni si parla molto di prevenzione, che potrebbe evitare di molto la ricostruzione successiva ai terremoti...

C'è bisogno di un vero e proprio cambio culturale e di una seria volontà politica. Gli effetti di una seria politica di prevenzione saranno visibilli tra 10-20 anni e non nell'immediato. In Giappone dopo la seconda guerra mondiale hanno avviato nuove tecniche costruttive e hanno imparato a resistere ai terremoti che non provocano danni. Non possiamo aspettare i terremoti con fatalismo e rassegnazione.

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