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Boxe, De Carolis si racconta: "Ho imparato molto dalle sconfitte"

In vista dell'incontro del 24 luglio al Foro Italico, l'ex campione dei pesi supermedi WBA si racconta. Dagli esordi alla sconfitta patita contro Zeuge, fino al suo rapporto con la popolarità: "La mia vita è rimasta sempre la stessa, ed a me va bene così"

Ha una palestra a Monterosi, abita a Mazzano Romano, ma percorre tutti i giorni 120 chilometri per raggiungere la Montagnola. Basterebbero queste poche essenziali informazioni per intuire quale sia il rapporto che lega Giovanni De Carolis al suo territorio. Quello nel quale ha cominciato, è cresciuto e si è affermato. Lo incontriamo nella Team Boxe Roma XI, la palestra creata dal nulla da Italo Mattioli e Luigi Ascani. Una fucina di talenti e di bravi ragazzi, ricavata all'interno di un grande capannone abbandonato.

Giovanni De Carolis, quanto sei affezionato a questo posto, recententemente diventato una sorta di tempio romano del pugilato?

E' sicuramente il mio tempio, per quello che è riuscito a darmi. Dall'inizio della mia carriera fino ad oggi. Io ho cominciato a fare pugilato quasi per caso, entrando in una palestra perchè dovevo irrobustire il fisico. Ma sono rimasto subito attratto da questo sport e dal ring solo che, prima di salirci, ho dovuto aspettare la maggiore età. Poi quando ho compiuto 18 anni, sono approdato qui, dove continuo a venire ogni giorno ad allenarmi.

Sei di questo quartiere?

Io sono nato e cresciuto a Fonte Meravigliosa, quindi non lontano da qui. Però quando la mia compagna è rimasta incinta della mia prima figlia, mi sono trasferito a Mazzano Romano. Sai perchè lì? Ho aperto Porta Portese ed ho visto dove le case costavano di meno. Da allora, mi faccio sessanta chilometri ad andare ed altrettanti per tornare. 

Un impegno duro da gestire. Però i risultati ottenuti sono sotto gli occhi di tutti.  Oltre il risultato raggiunto in campo professionistico, sei diventato anche un beniamino della gente. Come la vivi questa popolarità?

So che non dura, lo abbiamo visto un sacco di volte. E' capitato ai più grandi pugili del passato, da Alì a Tyson, fino a Maywheter. Però la vivo con serenità. Voglio dire che sono circondato da persone con cui ho condiviso e tuttora condivido una passione. Faccio un lavoro che mi piace. La mia vita fondamentalmente è rimasta sempre la stessa ed a me va bene così.

Però è tanto che non si vedeva tanto entusiasmo per un pugile italiano. 

Sono orgoglioso di aver contribuito a far parlare un po' di più del pugilato nel nostro paese. Essere stato il trentacinquesimo campione mondiale in 100 anni di storia pugilistica, è sicuramente un motivo di vanto. Un buon regalo per i miei maestri, dopo tutto l'impegno che hanno profuso. Mi sembra di essere riscito a contraccambiare la passione ricevuta.

Sei arrivato sul gradino più alto e poi è arrivata quella serata storta.Come hai reagito alla sconfitta con Zeuge?

Viviamo in un momento in cui sembra che una sconfitta sia una cosa deningrante. Io invece dalle mie ho imparato tantissimo. Ho vinto un titolo avendo sei sconfittedi cui vado davvero orgoglioso. Mi hanno insegnato tanto. Sono state quelle in cui ho trovato dei veri e propri miglioramenti. Dopo Zeuge ho avuto modo di riflettere, sono andato in Australia per 22 giorni dove ho fatto sparring ed ho capito che avevo ancora tantissima voglia di combattere.

Ma cos'è successo quella sera, a Postdam?

Sono incappato nella classica giornata no. Avevo delle problematiche irrisolte all'esterno dell'ambito pugilistico che si sono accumulate proprio in quella settimana. Pensavo di riuscire a gestirle ma non è stato così. E con l'andare avanti del match mi sono accorto di non avere la lucidità che aveva contraddisto i miei ultimi combattimenti. Ad un certo punto c'è stato un crollo ed a quei livelli lo paghi. Ma ripeto, è stato un discorso gestionale, su cui ho lavorato per tutto questo tempo.

Quindi sei pronto per la sfida al Foro Italico? In palio c'è un incontro per il titolo intercontinenalte dei supermedi WBA. Insomma, non è poco...

Sì, infatti molti mi hanno chiesto perchè non ho chiesto un match contro un avversario di comodo, ma io mi sento bene e voglio restare ad alti livelli. Per essere preso in considerazione un'altra volta per il mondiale, ho deciso d'incontrare un avversario che mi mettesse alla frusta. Davanti ad una piazza che spero torni ad essere quella di un tempo. Se fossi nato in Germania, in Inghilterra o negli Stati Uniti, probabilmente non sarebbe stato necessario affrontare un impegno di questo tipo. Ma non ci lamentiamo: a me combattere è sempre piaciuto.

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