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Sabato, 20 Aprile 2024
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Mamma ho calpestato un “pesce-ragno” …e brucia!

La medusa, squalo a parte, è l'animale più "terrificante" dei nostri litorali, ma c'è anche la tracina, detta pesce-ragno, che se ne sta nascosta sotto la sabbia e... guai a calpestarla.

Nell’immaginario collettivo i "mostri" delle nostre acque sono le meduse. Buttandosi in  mare per farsi una bella nuotata o rinfrescarsi con gli amici si è sempre particolarmente attenti a eventuali presenze bianche, che di solito sono solo delle buste gettate in acqua. Certo, molti pensano che possano incontrare addirittura uno squalo ad ogni bracciata, ma almeno nei nostri mari quest’incontro ha delle percentuali infinitesimali, che per tanto lo lasciamo tra i pericoli degli amici australiani. Dicevamo della medusa, che anche nel litorale romano assurge a mostro marino da evitare a tutti i costi. È vero, una “carezza” dell’invertebrato darebbe problemi e bruciori, ma è il solo animale fastidioso che possiamo incontrare con facilità nel nostro mare? Sembrerebbe proprio di no.

Un altro ospite alquanto insolente presente nel Tirreno è la Tracina, conosciuto come il pesce-ragno. No, non prende il nome a causa di un vestito da supereroe o perchè si lancia da uno scoglio all’altro con una ragnatela, ma per via di piccoli aculei che ha sulla schiena, che venendo a contatto con la pelle ci fanno passare una brutta mezz’oretta.

Questo pesce vive nei fondali bassi del mar Mediterraneo, ma anche sulle coste atlantiche europee e ama starsene nascosto sotto la sabbia. È lungo circa 15 cm, solo una specie particolare raggiunge i 50, e ha una lunga pinna dorsale preceduta da una pinna formata da 6 raggi-spine collegati ad una ghiandola velenifera. È toccando questa parte che l’uomo sente un dolore molto intenso. Queste “spine” si conficcano nella pelle e rilasciano una sostanza orticante che crea un dolore intenso che perdura di solito per 45 minuti, con degli strascichi che vanno dal formicolio all’insensibilità della zona ferita. Il dolore è forte e intenso, tanto che le leggende narrano che i pescatori punti venissero legati alle navi per evitare che si buttassero in acqua per via del bruciore, ma tutto si risolve in fretta. Un primo soccorso è immergere la zona punta in acqua molto calda, per almeno un’ora, oppure resistere almeno mezzora sotto la sabbia bollente, perché il veleno soffre le temperature alte. Non si deve usare né acqua fredda né ammoniaca, e il dolore passerà.

Insomma massima attenzione a non toccare le meduse, ma anche a dove si mettono i piedi.

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