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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Rosati: “L’acqua di Roma è straordinaria. Problemi ‘solo’ su 480 utenze!”

Così il Commissario straordinario dell'Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio, smentisce, a Earth Day Italia, l'allarmismo dei media italiani sul problema dell'acqua inquinata nella Capitale

È cronaca recentissima il problema dell’acqua inquinata da arsenico a Roma. E la conseguente (improvvisa) ordinanza comunale che vieta ai cittadini ogni uso per tutto il 2014. Ne abbiamo parlato con uno dei protagonisti della vicenda, Antonio Rosati, Commissario straordinario di Arsial, l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio

Partiamo dal principio, qual è il ruolo dell’Arsial nella vicenda dell’acqua a Roma?

L'Arsial, gestisce 480 utenze. Il problema è molto limitato a vecchissimi acquedotti rurali figli della riforma agraria che negli anni, purtroppo, non sono mai passati alla gestione dell'Acea, l'unica azienda che può gestire un fenomeno complesso come l'approvvigionamento idrico. I rilievi fatti dall’ Asl hanno evidenziato un aumento di carica microbica e di arsenico ed è stato informato il Sindaco che ha emesso un'ordinanza piuttosto complessa, così è nato un allarme enorme, invece il fenomeno è molto circoscritto.

Gli acquedotti incriminati sono gestiti dall’Arsial. Per quel che riguarda la responsabilità cos a si sente di rispondere?

Che i cittadini sappiano è stato confermato: sulle bollette l'Arsial ha sempre ‘scritto’ che l’acqua non fosse potabile. Tra il 2010 e il 2011 si è scritto a tutti i comuni interessati, compreso quello di Roma, che, quindi, era a conoscenza di una situazione complicata e non gestibile con le risorse e il personale umano di Arsial. Non a caso nel 2012 si è siglato una convenzione tra Arsial, Regione e Acea affinché questa agenda, investendo 13milioni e 6 di soldi regionali,  prendesse in gestione questi acquedotti. Ora, conseguentemente a questa emergenza, si tratta di completare questo operato e dare tranquillità e sicurezza ai cittadini. L'Arsial in questi mesi ha cercato di proporre soluzioni, ma spesso le soluzioni in Italia, non vengono messe in campo. Io sono arrivato da sette mesi e ho preteso che, figli di questa emergenza, al più presto questi acquedotti siano passati ad Acea. Non è possibile continuare così.

Lei ha dichiarato: “sono due anni che Arsial avverte che l’acqua non è potabile”. Com’è possibile che un avviso di tale gravità sia stato ignorato?

La potabilità dell'acqua è qualcosa di molto complesso, l'Italia si sta adeguando faticosamente ai parametri europei. Ma negli acquedotti gestiti da Acea, un’azienda piuttosto efficiente, scorre una delle acque migliori che ci sono in tutta Italia. L'acqua di Roma è straordinaria e io colgo l'occasione per ribadire che è una delle più salubri d'Italia.

Ma l’allarme è stato ignorato…

Non riguarda tanto l'allarme della non potabilità, è evidente che l’acqua può essere bevuta e, infatti, i cittadini si erano organizzati. Bisogna completare l'affidamento di questi acquedotti ad Acea. Questo è il punto cruciale, sono stati predisposti serbatoi mobili per fornire acqua potabile a quelle 480 utenze, circa duemila persone. La cosa che più mi è dispiaciuta è che – come spesso accade in Italia - i mass media, abbiano dato la sensazione che un'intera città fosse in pericolo, e non è così.

Lei può affermare che tutti i cittadini sono stati riforniti dai serbatoi?

Ci sono sette serbatoi mobili che forniranno costantemente acqua potabile. Ho preteso questa soluzione: avere le autobotti per nove o dieci mesi è incivile! Nel frattempo dobbiamo intervenire con Acea che lo sta già facendo, utenza per utenza e metro per metro delle condutture, affinché l'acqua ritorni a valori accettabili. Naturalmente non tornerà potabile.

Già nel 2010 l’Unione europea ha bloccato un tentativo dell’Italia di rimandare l’applicazione dei limiti di arsenico contenuti nell’acqua di rubinetto fissati dall’UE per poterla definire potabile. Esistono connessioni con l’attuale problema?

Penso che, essendo quegli acquedotti in zone rurali e non dentro la grande rete idrica di Acea, potrebbe esserci una connessione tra i prodotti dell'agricoltura e quei due acquedotti. Ma questa è solo una mia ipotesi. Ecco perché mi batto affinché una grande azienda prenda in mano questa vicenda complessa.

Quindi da dove potrebbe provenire l’arsenico a livelli tanto alti da inquinare l’acqua?

Credo che l'arsenico potrebbe avere origine dall'acqua diretta che arriva nei nostri due acquedotti rurali, uno a Fiumicino e uno a Roma. E mi riferisco sempre alle 480 utenze dei due municipi di Roma; penso che ci sia un nesso anche con l'ambiente circostante, perché l'arsenico in genere matura in determinate condizioni.

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