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Giovedì, 18 Aprile 2024

VIDEO | Emergenza casa, sei donne si incatenano sotto al Campidoglio: "Raggi ci dia soluzioni"

Marina, Lorena, Monica, Rita e Giuseppina. Donne in emergenza abitativa che hanno deciso stamattina, giovedì 20 giugno, sotto al Campidoglio per avere una risposta. In alcuni casi attesa da anni.

Giuseppina, Marina, Anna Maria, Lorena, Claudia, Rita. Sgomberate dalle case popolari in cui vivevano da anni, sotto sfratto seppur ‘coperte’ dal buono casa comunale, assegnatarie di alloggi inaccessibili. Tutte senza casa. Tutte storie prodotte dalla politica di intransigenza nella gestione delle politiche abitative assunta dal dipartimento capitolino, che ha dichiarato guerra ai ‘senza titolo’, senza alcuna distinzione economica o sociale. Una guerra della quale è sempre più facile restare vittima anche se il diritto ce l’hai. Così questa mattina un gruppo di donne si è incatenato davanti all’ingresso di palazzo Senatorio, in piazza del Campidoglio, “perché vogliamo dalla sindaca Virginia Raggi delle risposte che attendiamo da troppo tempo”, spiega Maria Vittoria Molinari, sindacalista di Asia Usb. 

Lorena, per esempio, è stata intervistata per la prima volta da Romatoday il 31 gennaio 2018. Un anno e mezzo fa. Alla fine del 2017 le avevano “finalmente” assegnato una casa popolare a Tor Bella Monaca. L’appartamento era appena stato sottratto a persone legate “a una nota famiglia malavitosa della zona”, aveva spiegato la polizia locale al termine dell’operazione. Quando Lorena va a vedere l’alloggio non c’è la caldaia, una parete è distrutta, in bagno mancano alcuni sanitari. La polizia, inoltre, se ne era andata da poco. Una situazione delicata di fronte alla quale Lorena è stata lasciata da sola. “A un certo punto ero anche riuscita a trovare una persona che ha accettato di fare uno scambio ma il dipartimento me l’ha rifiutato”. Addirittura la residenza che aveva spostato in quell’indirizzo per non perdere diritto a una casa popolare, le è stata tolta. “Così, oltre a non avere ancora una casa, non prendo nemmeno più la pensione”.

C’è poi Giuseppina, 77 anni. Si muove su una sedia a rotelle e al naso ha un tubicino che le porta l’ossigeno. “Dieci anni fa avevo iscritto la residenza nell’appartamento popolare di mio figlio. Mi stavano cacciando da casa e avevo bisogno di appoggiarmi da qualche parte, soprattutto per le questioni burocratiche”. Poi Giuseppina trova un alloggio in affitto a Torre Angela ma quando le aumentano l’importo se ne deve andare. Ma non sa dove. “La domanda di casa popolare mi è stata rifiutata perché risulta che ne avevo già usufruito. Così, dopo aver vissuto sbattuta da un figlio all’altro, ora vivo in un’occupazione”. 

Anna Maria, invece, era andata a vivere in una casa popolare con la suocera. “Quando è morta mi hanno cacciata”. Uno sgombero violento avvenuto il 27 settembre 2018, con l’intervento della polizia in tenuta antisommossa e dei vigili del fuoco perché Anna Maria, 69 anni, disperata, aveva annunciato di essere disposta a buttarsi dal balcone. Per il picchetto antisfratto di quel giorno sono state arrestate anche quattro persone. Alla fine, però, Anna Maria è dovuta uscire. Quel giorno è stata presa un carico dai servizi sociali del Comune di Roma. “Mi hanno messo in un centro di accoglienza. Eravamo in sei in una stanza. C’è da impazzire, ho iniziato a prendere psicofarmaci. Così, dopo cinque mesi, me ne sono andata a vivere in occupazione”. Ma per lei non c’è altra soluzione. “Non posso nemmeno avanzare domanda di casa popolare, perché risulta che sono stata occupante. Dove vado?”. 

La stessa domanda che si pone Monica, 50 anni, cacciata il 19 marzo scorso dalla casa dove è vissuta fin da bambina. Siamo sul Lungotevere Testaccio, in un complesso di alloggi pubblici costruito nel 1919. “Ci vivevo con il nonno, tanto che nel 1992 mi ha inserito nel nucleo familiare”, spiega. Quando è morto lui ho scoperto di essere diventata occupante abusiva”. Così è arrivato lo sfratto. “Ho il reddito basso ma non posso nemmeno avanzare richiesta per una casa popolare perché risulto come ex senza titolo”. Anche lei, ora vive in occupazione. 

Marina, quattro figli, di cui uno con problemi di autismo, è stata sfrattata nel 2015. È in attesa di una casa popolare e, nel frattempo, riesce a ottenere il buono casa dal Comune. Trova una alloggio, versa una caparra, l’affitto viene pagato ogni mese. Ma nel giugno del 2018 la banca si riprende la casa perché le rate del mutuo non erano state pagate dalla proprietaria. Così Marina, con i suoi quattro figli, cerca un’altra casa. La trova a Borghesiana. “Avevo ricevuto rassicurazioni dal Comune che il buono casa sarebbe potuto essere trasferito al nuovo indirizzo”. Ma non avviene e nessuno paga il nuovo affitto di Marina. “Il 26 aprile è stato convalidato lo sfratto a mio carico”. Nel frattempo attende la casa popolare. 

Presente anche Stefano Fassina, deputato e consigliere di Sinistra per Roma: “Le donne che hanno protestato questa mattina rappresentano situazioni di disperazione che durano da tanto tempo. Servono risposte adeguate. Continueremo a vigilare su queste storie”. 

Di fronte alla protesta, il vice capo di gabinetto con delega alla sicurezza, Marco Cardilli, ha incontrato la delegazione. Tutti i casi, già conosciuti da tempo dal dipartimento Politiche Abitative, “sono stati esposti e lui si è preso l’impegno di richiamare tutti entro dieci giorni per trovare una soluzione”, ha spiegato Maria Vittoria Molinari, di Asia Usb. All’incontro era presente anche la capo segreteria del dipartimento politiche abitative e Valentina Vivarelli, presidente della commissione capitolina Patrimonio. “Abbiamo chiesto di prendere in considerazione anche l’edizia convenzionata, i cosiddetti piani di zona. Si tratta pur sempre di edilizia pubblica e per molti di questi casi potrebbe rappresentare una soluzione”. Una soluzione che Giuseppina, Marina, Anna Maria, Lorena, Claudia, Rita attendono da tempo. Alcune di loro, qualche mese fa, si erano già incatenate fuori dal Campidoglio. 

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