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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

La speculazione sull'edilizia agevolata: una sentenza blocca tutto ed è caos

Per anni sono state rivendute a prezzi superiori. I secondi e terzi acquirenti si ritrovano 'bloccati' con abitazioni 'agevolate' ma pagate a prezzi di libero mercato. E il provvedimento capitolino per la regolarizzazione tarda ad arrivare

Sono state vendute per anni a prezzi 'da libero mercato' nonostante per la loro costruzione le istituzioni pubbliche avessero investito dei finanziamenti. Abitazioni nate per “garantire il diritto alla casa ai ceti meno abbienti” che nel giro di pochi anni sono state messe sul mercato per cifre di gran lunga superiori garantendo ai primi proprietari lauti interessi e al sistema immobiliare i guadagni di normali abitazioni. Il limite fissato era cinque anni dalla stipula della prima compravendita. Poi veniva valorizzata “l'autonomia negoziale tra le parti”. 

LA SENTENZA - La consuetudine si è trascinata per anni nella Capitale. Ad interromperla una sentenza della Corte di Cassazione (la numero 18135 del 2015) che, nel dirimere una controversia, il 16 settembre scorso ha stabilito una volta per tutte che questa interpretazione della legge era errata: anche per le compravendite successive al primo acquisto il prezzo degli appartamenti realizzati in regime di edilizia agevolata deve essere 'calmierato', così come stabilito dalle apposite convenzioni, e non affidato alla libera contrattazione. In altre parole, il valore 'agevolato' segue l'immobile e non si esaurisce con il suo primo proprietario. I giudici lo scrivono nero su bianco: l'edilizia agevolata punta ad una politica “volta a garantire il diritto alla casa, facilitando l’acquisizione di alloggi a prezzi contenuti ai ceti meno abbienti e non certo quella di consentire successive operazioni speculative di rivendita a prezzo di mercato”.

IL COMUNE - Il comune di Roma, che aveva invece seguito un'altra interpretazione della legge, è corso subito ai ripari. Poco prima di lasciare il Campidoglio la giunta guidata da Marino ha approvato una delibera redatta dall'allora assessore all'Urbanistica Giovani Caudo con la quale sono state recepite queste indicazioni. Il 17 dicembre il commissario straordinario capitolino Francesco Paolo Tronca l'ha poi approvata in via definitiva. In sostanza con il provvedimento il Comune di Roma ha stabilito le regole per eliminare l'obbligo di rispettare il cosiddetto 'prezzo massimo di cessione' per le case realizzate in “diritto di superficie”. I terreni su cui sono state costruite infatti sono stati dati ai costruttori dal Comune, che spesso a sua volta ha sostenuto i costi dell'esproprio, come forma di 'agevolazione pubblica'. Per poterle rivendere a prezzi di libero mercato e 'affrancarsi dal vincolo' bisogna versare alle casse capitoline un corrispettivo. Soldi che, fino ad oggi, non sono mai stati versati. Il prezzo è calcolato sulla base del 'valore venale' del bene seguendo una serie di parametri. 

LA DELIBERANella delibera il Campidoglio ricostruisce come si è arrivati a questo punto: con anni di “interpretazione ondivaga” delle leggi. Un'interpretazione avvallata dalle istituzioni, così come spiegato del documento, e tollerata dai notai che hanno firmato i rogiti e anche dalle agenzie immobiliari che negli anni hanno venduto queste case. Come si legge nel documento “un primo indirizzo giurisprudenziale” arrivava alla conclusione che “sia i divieti di alienazione che i criteri normativi di determinazione del prezzo fossero applicabili solo al primo degli aventi in causa e cioè al costruttore titolare di una concessione e non ai successivi subacquirenti”. Per questo l'amministrazione capitolina non ravvisava “vincoli alla libera alienabilità degli alloggi, trascorsi cinque anni dalla data del primo trasferimento”. La sentenza della Corte di Cassazione del settembre scorso ribalta invece questa interpretazione con gli esiti descritti.

IL CAOS DEI PIANI DI ZONA Nei piani di zona della Capitale, già gravati negli anni scorsi dalla vicenda degli 'affitti gonfiati', la situazione è sempre più caotica. La sentenza della Corte di Cassazione, e la successiva delibera capitolina, hanno avuto un effetto immediato nella Capitale: decine, se non centinaia di compravendite, impossibile calcolare il numero con precisione, sono state 'congelate' in attesa di poter eliminare i vincoli. Un vero e proprio incubo per i secondi e terzi acquirenti che a loro volta hanno pagato quelle case a prezzi di gran lunga superiori a quelli 'agevolati' e oggi si ritrovano con case da 'affrancare'.  Compromessi già firmati e rimandati a data da destinarsi; acquirenti in attesa ormai da mesi che per la loro futura abitazione hanno già versato una parte consistente dei propri risparmi (per i preliminari di vendita ma anche per le provvigioni delle agenzie immobiliari). E una possibile pioggia di ricorsi che potrebbe costare ai diretti interessati migliaia di euro. 

LA SITUAZIONENelle ultime settimane non sono poche le persone che hanno contattato Romatoday per raccontare la situazione in cui si ritrovano. “Se da un lato la delibera è stata approvata, dall'altro il lavoro della cosiddetta 'commissione stime' del comune di Roma che deve stabilire i valori per l'affrancamento procede a rilento e noi siamo fermi in un limbo” racconta uno dei diretti interessati, che preferisce rimanere anonimo. Il lavoro riguarda decine e decine di piani di zona sparsi per tutta la Capitale. “Come proprietari di tali immobili abbiamo avuto anche alcuni incontri presso il dipartimento Urbanistica ma ci hanno detto che ci potrebbero volere ancora 90 giorni prima di arrivare a una conclusione. Nessuno ci dà informazioni precise”. Un altro allarme è scattato per il punto 'd' della delibera: l'eliminazione dei vincoli relativi al prezzo massimo di cessione è “esclusivamente in capo alle seconde vendite, decorsi cinque anni dal primo atto di trasferimento”. Continua: “Questo punto taglia fuori da qualsiasi soluzione gli acquirenti successivi. Ci hanno promesso che questo aspetto verrà corretto”. A riguardo Romatoday ha chiesto informazioni al Comune di Roma ma al momento della pubblicazione dell'articolo non c'è stata alcuna risposta. 

STORIE Tra coloro che hanno raccontato a Romatoday la situazione c'è Paolo (nome di fantasia) che ha acquistato la propria abitazione nel 2004 come secondo acquirente al costo di circa 290 mila euro. “Per pagarla ottenni un consistente mutuo che contavo di estinguere con la compravendita in corso. Ricordo che dal 2004 a oggi il mercato immobiliare è notevolmente mutato e oggi sto rivendendo la mia casa a circa 50 mila euro in meno” racconta. “La scorsa primavera ho firmato il compromesso con l'accordo di effettuare il rogito entro il mese di novembre”. La sentenza della Cassazione ha bloccato tutto: “Così come stanno le cose oggi la mia casa è stata valutata 140 mila euro. Non mi rimane che attendere di poter 'eliminare' il vincolo e pagare quanto richiesto da comune. Ma quanto tempo ci vorrà ancora? Ho ottenuto una proroga di qualche mese per chiudere il rogito ma questa situazione non potrà durare a lungo”.

Cinzia (altro nome di fantasia), invece, sta invece acquistando. “240 mila euro in zona Ponte Mammolo per una casa di 90 metri quadrati. L'agenzia si è già presa una provvigione di circa 15 mila euro” continua.  “Adesso è tutto bloccato: io ho bisogno di una casa nuova e non possono nemmeno recuperare i soldi versati. Posso solo attendere che qualcuno dia la possibilità di sanare questa situazione ma sono diversi mesi che siamo fermi e non capiamo quando si risolverà”. 

LETTERA A TRONCA – Per sensibilizzare il commissario Tronca sulla situazione, uno dei proprietari in questione gli ha inviato una lettera. “Le spiego brevemente la mia storia che mi accomuna a centinaia di altri proprietari di immobili a Roma”. Continua: “Nel 2005 ho acquistato, come secondo acquirente, un appartamento in diritto di superficie nel piano di zona B8 "Madonnetta"  [...] pagandolo il prezzo di mercato alla prima proprietaria. Il notaio di allora, mi disse che la normativa dava la possibilità di vendere questo tipo di appartamenti in libero mercato ed ha proceduto per il rogito”. Nel frattempo è subentrata la sentenza della Corte di Cassazione. “Le compravendite di tali immobili risultano di fatto bloccate. Eravamo in attesa dell'approvazione finale della delibera redatta dalla giunta comunale lo scorso 27 ottobre, in base alla quale, applicando la legge 106/2011, pagando quanto stabilito, permetterebbe di poter vendere a prezzo libero di mercato. Premesso appunto che nella mia stessa situazione si trovano centinaia e centinaia di famiglie romane, addirittura in situazioni ancor più gravi per compromessi già firmati e ingenti somme già sborsate, vorrei sensibilizzarla su il dramma che stiamo vivendo visto che la prima casa per molti di noi e frutto di enormi e pesanti sacrifici economici”.

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