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Torri dell'Eur, parla Caudo: "Sono perplesso, la Giunta Raggi ha allontanato Telecom"

L'ex assessore alla Trasformazione Urbana, considerato il padre dell'avvio del restauro degli immobili, ha commentato a Romatoday lo stop al progetto: "L'unico interesse pubblico da tutelare era quel restauro"

“L'attuale amministrazione ha messo in discussione un progetto di restauro di qualità che avrebbe fatto tornare le ex Torri delle Finanze al loro originario splendore”. Interpellato da Romatoday, l'ex assessore alla Trasformazione Urbana della giunta Marino, Giovanni Caudo, considerato il padre dell'avvio del restauro degli immobili dell'Eur per trasferirvi la sede di Telecom, si è detto “perplesso” per il 'risultato' portato a casa dalla Giunta Raggi: “Il disimpegno della più grande azienda di telecomunicazioni del paese a trasferire in quegli immobili il suo quartiere generale. L'unico interesse pubblico da tutelare era quello”. In quanto al contributo da 18 milioni di euro: “Queste questioni devono essere approfondite, bisogna capire se e perché va versato. Quando matura quest’obbligo? In forza di quale atto? Mi pare che non siano stati forniti a oggi elementi chiari”.  

Dopo l’annullamento del permesso a costruire 'in autotutela' da parte degli uffici, infatti l'assessore all'Urbanistica, Paolo Berdini, ha annunciato che porterà in Giunta e poi in Consiglio una nuova delibera che confermerà la volontà di proseguire al 'restauro conservativo' degli immobili ma chiederà anche 18 milioni di euro per le casse capitoline. Una richiesta che, per Berdini, affonda le sue ragioni nel protocollo d'intesa siglato nel 2002 tra il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Comune di Roma con cui si stabiliva di alienare una serie di immobili di proprietà dello Stato. 

Due i principali problemi sollevati da Berdini nel corso di una commissione capitolina sul tema durante la quale l'assessore della squadra pentastellata ha puntato il dito verso l'iter avviato dalla precedente amministrazione di centrosinistra. In primis il protocollo siglato da Caudo con Tim per il restauro delle Torri, documento che secondo quanto dichiara l’assessore Berdini: “Indicava una volontà amministrativa e politica ma non aveva la forza giuridica di modificare” gli atti precedenti relativi al progetto di demolizione e ricostruzione targati Renzo Piano.

Ma soprattutto la mancata richiesta di 18 milioni di euro “che devono essere corrisposti al Comune anche senza alcun cambio di destinazione d'uso”. Milioni che secondo Berdini sono “legati al processo di alienazione da parte dello Stato di tali immobili e non alla loro valorizzazione”. E infatti Berdini chiede 18 milioni di euro e non i 24 fissati da precedenti delibere (la n. 40 del 13 maggio del 2010) come contributo straordinario. Durante la gestione commissariale, nel dicembre 2015, quando è stato rilasciato il permesso a costruire per il progetto di restauro, questi soldi non sono stati chiesti. Sulla questione è stata aperta anche un'inchiesta della Procura. 

Il protocollo tra l’assessorato e Telecom siglato nel luglio 2015, dichiara Caudo, “riguardava esclusivamente la qualità del progetto. La preoccupazione allora era di assicurare il rispetto di determinati criteri per il restauro delle Torri”. Quel protocollo “obbligava Telecom ad attenersi alle linee guida redatte dall'Osservatorio del Moderno dell'Università de La Sapienza affinché il restauro fosse condotto nel pieno rispetto, valorizzando l’opera dell’architetto Ligini sfregiata dall’avvio della demolizione. Ricordo che Renato Nicolini nel 2006 fece appello a Veltroni per chiedergli di fermare quello sfregio. La facciata, ad esempio, andava ricostruita salvaguardando la stereometria dei volumi e senza aggiungere un basamento a terra o modificare la finitura sulla cima. Non c’era nessun indirizzo amministrativo ma la preoccupazione di vincolare l’operatore privato a un percorso progettuale di qualità, come poi è avvenuto. Un progetto che rigenera un’opera dell’architettura moderna attraverso un restauro che è rispettoso del progetto originario ma che sa cogliere la sfida di renderlo attuale e contemporaneo.”

Il 22 dicembre 2015 gli uffici capitolini rilasciano il permesso a costruire. “In quella data l'amministrazione Marino era già caduta” precisa Caudo. E il nodo del contributo da versare? “Fino al marzo del 2016, quando l'istruttoria degli uffici era conclusa da tempo, il permesso già rilasciato, la presentazione pubblica del progetto già avvenuta, a gennaio, in un evento di rilevanza mediatica, i lavori preliminari e il cantiere già avviati non mi risulta che fosse stato posto il nodo del contributo che la società Alfiere doveva versare al Comune di Roma”.

L’assessore Berdini conferma la scelta del restauro e in commissione ha ribadito questo impegno annunciando una delibera. “In questi mesi, da luglio a oggi, circa 120 giorni, c’era tutto il tempo per dirimere la questione in modo lineare, preservando l'interesse della città che è quello di ottenere, attraverso il restauro dell'edificio e il ritorno degli uffici, la riqualificazione di un intero quartiere. Lavori in grado di dare una svolta alla città, tanto più che ora il Convention Center è stato concluso e inaugurato. Lo si deve ai cittadini dell’Eur che combattono da anni contro il degrado. Ad oggi invece l'unica cosa certa è che tutto questo che stava già accadendo si è fermato” continua Caudo.

“Il contributo che dovrebbe essere riscosso e per il quale è stato annullato in autotutela il 29 luglio scorso il permesso di costruire è legato a un protocollo con il MEF, quindi con lo Stato, la metà della società Alfiere è pubblica, di Cassa Depositi e Prestiti, i soldi andrebbero al Comune. Sono tutti soggetti pubblici, forse si possono incontrare, parlarsi e dirimere la questione. Anche perché al momento l'unico soggetto privato, Tim, è quello che si è disimpegnato grazie a questo modo allegro di trattare questioni serie. Come sempre a Roma, i privati fanno profitti, il pubblico si prende i debiti e in questo caso anche la città degradata e abbandonata. Un capolavoro”.

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