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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica

Rom 'fuori sede', studentesse tra pregiudizi e falsi stereotipi

Sabrina Milanovic, 24 anni, e Gladiola Lacatus, 21, rom sbarcate nella Capitale dalla Sardegna e dalla Calabria per motivi di studio o tirocinio. L'impatto con Roma: "Discriminazione si sente"

Rom che se salgono in metro è solo per scipparti, che rubano bambini, che in campi sporchi e lontani dalla città non stanno così male, che non cercano un lavoro perché non lo vogliono (quindi è inutile sprecare risorse per la causa), che preferiscono una vita 'da parassiti', ribaltando cassonetti per rimediare stracci da vendere in strada, o metalli da bruciare tra un container e l'altro.

Scoppiano a ridere entrambe, ma è il riso amaro di chi sa che sono questi gli stereotipi che girano, né più né meno. Sabrina Milanovic, 24 anni, nata e cresciuta in Sardegna da migranti rom khorakhanè, arrivati dalla Serbia a fine anni ottanta. Gladiola Lacatus, 21 anni, nata e cresciuta in Romania, migrata in Calabria con la famiglia nel 2007, perché il padre cercava lavoro.

Vivono a Roma da pochi mesi, dividono una stanza nel convitto della Chiesa Evangelica Valdese, a pochi passi da Santa Maria Maggiore. Normali studentesse 'fuori sede', come la Capitale ne vada a centinaia, alle prese con le emozioni di chi si allontana da casa per la prima volta, tra l'euforia di una pagina bianca davanti, e la paura di perdersi in una metropoli dove stringere rapporti è una sfida per tutti. Specie con quel fardello in più, scritto nero su bianco nei documenti d'identità.

"I CAMPI ROMANI SONO UNA FOLLIA" - “I romani hanno un atteggiamento diverso da quello dei sardi. Qui i rom sono visti malissimo, dove sono vissuta posso testimoniare di un rispetto reciproco. Non che non abbia mai vissuto situazioni in cui mi sono sentita discriminata, anche fuori da Roma. Ma qui è tutto molto più forte”. Sabrina è a Roma come tirocinante dell'associazione 21 Luglio. Ha partecipato a un corso di formazione dove giovani rom e sinti vengono a conoscenza di strumenti legislativi internazionali, nazionali e regionali per la tutela dei diritti umani. Ama la cucina, e un giorno le piacerebbe aprire una trattoria.

Volevo cambiare qualcosa ma non sapevo quale fosse il modo giusto, ho provato a mandare il curriculum alla 21 Luglio e mi hanno preso. Il 20 ottobre 2013 sono arrivata a Roma, il corso lo facevo da pendolare un weekend al mese. Ora sto facendo uno stage e sto qui fissa”. Cosa c'è da cambiare?

I pregiudizi, voglio smontarli, e non parlo solo del pensiero degli italiani, ma anche quello dei rom, da entrambe le parti c'è una mentalità chiusa, e avere una vita normale in mezzo a questi due estremi non è facile”. No, non lo è. Specie se l'unica possibilità che hai di lavorare è andare a vendere fiori nei ristoranti o fare l'elemosina in stazione. “Qui non ci sono opportunità di lavoro, perché sono rom, e se anche qualcuno volesse assumermi perché non gli importa della mia provenienza, il pensiero che arriva subito dopo è 'perdo clientela'”.

Ha vissuto in Sardegna dalla nascita, a San Nicolò di Arcidano, un comune di 3 mila abitanti in provincia di Oristano. “I miei genitori sono residenti qui dall'88, sono emigrati qui. L'amministrazione comunale di allora li ha accolti in un terreno, dove ancora oggi c'è il mio campo”. Niente a che vedere con i 'villaggi attrezzati' romani, che Sabrina ha avuto modo di conoscere.

Sono rimasta a bocca aperta. Ho visitato più volte Salone e Gordiani, sembrano campi di concentramento, monoetnici, con più di mille persone. Una follia”. Ed è vero, “sono pieni di sporcizia, si vedono topi in mezzo ai bambini, e a volte c'è una puzza che ti toglie il respiro”. Come è vero che gli abitanti non di rado si attaccano tra loro. “Ho visto persone che non si sopportano, costrette a vivere in baracche distanti pochi metri, a sopportare i mal costumi del vicino. Perché non tutti i rom sono brave persone. Perché gli italiani sono tutti persone per bene?”.

Che i rom sono sporchi? E' un pregiudizio che non mi aspettavo. Ci sono persone che non tengono all'igiene, come persone per cui è indispensabile. Venite a vedere il mio campo in Sardegna, cento persone, entri dentro ed è pulitissimo. Anche quello di Sassari è così, non c'è neanche una cicca per terra. Sono casi positivi che esistono, e che nessuno conosce”. Esempi di integrazione possibile che a Roma ci sogniamo.

Qui "i rom sono visti malissimo - racconta Sabrina - dove sono vissuta vi garantisco che c'è quanto meno rispetto reciproco. Non che non abbia mai vissuto situazioni in cui mi sono sentita discriminata, anche fuori da Roma. Ma qui è forte. Ho visto che i giornali scrivono, scrivono, scrivono, accomunando caratteristiche che sono solo di qualcuno a tutti. Siamo tutti il male, ma se un rom ha commesso un reato l'ha commesso lui e basta, perché generalizzare?”.

"NON TROVO LAVORO PERCHE' SONO ROM" - Anche Gladiola, giovanissima, 21 anni, si scontra con gli stessi muri. “Qui a Roma si sente molto la differenza nel rapporto con i rom, tipo a Cosenza tanti stanno in affitto, magari hanno trovato un lavoretto, fanno le pulizie, sono riusciti a trovare casa, i bambini vanno a scuola, hanno buoni rapporti con i vicini”.

Ha vissuto in Romania, suo paese natale, fino ai 14 anni. Poi il trasferimento con la famiglia in Calabria, dove ha vissuto prima in un campo, poi in casa famiglia. Ora è nella Capitale, anche lei tirocinante con la 21 Luglio ma part time, perché studia scienze aziendali a La Sapienza. Ha una borsa lavoro, ma i soldi non bastano, cerca un impiego e non lo trova. Crisi a parte, ne è convinta: “Vedere scritto nel mio curriculum che sono romena è sufficiente per non richiamarmi mai”.

Perché qui “il pregiudizio è ovunque, la discriminazione si sente, basta guardare la faccia dei romani quando un rom sale su un mezzo pubblico”. Ciò non ha impedito alla 21enne di stringere qualche rapporto all'università, ma prima di 'svelare' le sue origini ci pensa bene. “Mi faccio conoscere per quello che sono, se poi chi mi conosce si allontana perchè sono romena allora non meritava la mia considerazione”.

Certo, “anche a Cosenza ho avuto dei problemi con i compagni di classe quando sono venuti a sapere che sono rom, ma tutto sommato non mi mancano gli amici, non solo calabresi, la mia migliore amica è albanese”. Una mentalità forse più aperta di quella romana, e un governo locale che mette a disposizione soluzioni abitative dignitose, anche quando non sono case.

“Qui ho visto qualche campo – racconta Gladiola sono stata a Salone a casa dei parenti di un'amica, è una realtà totalmente diversa da quella che ho conosciuto io. A Cosenza stavo in un campo piccolo, quello di Salone e La Barbuta sono enormi, io non ho mai vissuto in condizioni del genere, c'è sporco ovunque, topi”. Il suo campo d'origine è piccolo, di appena cinque famiglie, nella contrada Vaglio Lise. Pulito, con casette di legno, dove tutti si conoscono e condividono qualcosa. E dove il vicino di casa non ha paura.

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