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Case popolari, Castiglione inserisce nella lista degli sgomberi altre 4 mila famiglie

La proposta avanzata dall'assessora Castiglione alla Regione

Sgomberare o sfrattare 4000 famiglie che oggi vivono nelle case di edilizia residenziale pubblica. Famiglie, che avendo superato per due anni consecutivi il limite di reddito annuo per poter abitare in un alloggio popolare, hanno stipulato con l’Ater o con il Comune un canone concordato. È questa “una possibile soluzione all’emergenza abitativa di Roma” che l’assessora alle Politiche Abitative e Patrimonio del Comune, Rosalba Castiglione, ha avanzato all’assessore a Politiche Abitative e Urbanistica della Regione Lazio, Massimiliano Valeriani, nel corso di un incontro che si è tenuto giovedì 21 giugno.

Quattro mila sgomberi, o sfratti, andrebbero ad aggiungersi agli altri circa 4 mila già annunciati contro quanti vivono senza titolo nelle case popolari. In questo caso, però, non si tratta di occupanti senza titolo. L’alternativa del pagamento di un canone concordato, pari al 13 per cento del reddito, quindi sensibilmente più elevato di quanto versato per un alloggio popolare, è previsto da una legge regionale, la 27 del 2006, al comma 3 dell’articolo 50. 

Secondo l’assessora Castiglione, abolire questo articolo, consentirebbe di “rendere immediatamente disponibili quasi 4 mila immobili a favore dei nuclei familiari in graduatoria per l'edilizia residenziale pubblica”, che ad oggi conta oltre 11 mila persone in attesa. La norma, che, ricordiamo, ha effetto in tutta la regione Lazio quindi non solo sulle case del patrimonio capitolino e dell’Ater di Roma, per Castiglione “snatura il senso stesso dell’edilizia residenziale pubblica, che è stata pensata per chi si trova nell’impossibilità economica di permettersi un alloggio sul libero mercato”. 

Se l’abolizione dell’articolo 50 è una novità, la seconda “possibile soluzione” avanzata da Castiglione riguarda invece un nodo scoperto da oltre un anno nei rapporti tra il Campidoglio e la Regione: l’applicazione della delibera regionale sull’emergenza abitativa, che stanzia 194 milioni di euro di fondi ex Gescal, 40 mila dei quali disponibili da oltre un anno, per reperire alloggi da destinare a famiglie in disagio abitativo, anche attraverso progetti di auto recupero. Secondo la delibera circa un terzo di queste case andrebbero alla graduatoria per l’assegnazione di una casa popolare, un terzo agli abitanti delle occupazioni aventi diritto, un terzo agli inquilini dei residence per l’assistenza abitativa temporanea, nel tentativo di svuotare le costosissime strutture che da anni l’amministrazione cerca di chiudere senza riuscirci. 

Il Campidoglio vorrebbe però utilizzarli solo per far scorrere la graduatoria, dove sono iscritti anche la maggior parte degli abitanti di occupazioni e residence, senza riconoscere la necessità di dare una risposta abitativa a queste ultime due categorie.  Un nodo, questo, che blocca da mesi anche il tavolo di trattativa sulla situazione abitativa di Roma che Castiglione ha avviato con sindacati, movimenti e costruttori che si rivedranno il prossimo 6 luglio.

Castiglione non arretra e punta il dito contro la Regione: “Per sbloccare la situazione, nell’ottobre 2017 Roma Capitale ha provveduto ad inviare alla Regione uno schema di convenzione che potesse effettivamente sbloccare tali fondi, ma ad oggi non è ancora giunta da parte della Regione alcuna risposta”. Non solo le categorie a cui assegnare le abitazioni. Castiglione, spiega ancora nella nota, vorrebbe inoltre utilizzare tali fondi per la “manutenzione delle case popolari esistenti, nonostante la delibera regionale non preveda questa possibilità”. 

In merito a tali risorse, la regione conferma lo stanziamento con una nota. Anche se, senza accordo tra le parti, queste risorse restano bloccate. Valeriani poi spiega il suo piano: "Frazionamento degli immobili Ater e rivisitazione dei canoni di affitto, snellimento delle procedure nei piani di vendita, sostegno per accedere al mercato degli affitti con l'Agenzia per l'abitare, completamento dei piani di zona con lo sblocco di risorse inutilizzate, osservatorio sui piani di zona, conferma risorse stanziate sull'emergenza abitativa" fa sapere con una nota. "Interventi e obiettivi che abbiamo presentato alla competente commissione consiliare. Sulle politiche abitative la Regione ha le idee chiare ed è già al lavoro".

In quanto all'abolizione dell'articolo 50, "Castiglione parla di immobili che potrebbero essere utilizzati immediatamente, come se abolire l’articolo portasse a sgomberi o sfratti immediati” il commento di Massimo Pasquini, segretario nazionale di Unione Inquilini. “È chiaro che si tratta di una mossa mediatica che ha come unica conseguenza quella di acuire la conflittualità tra quanti sono in attesa e chi vive in queste case. Senza considerare gli effetti di natura economica che una decisione del genere avrebbe sui bilanci dell’Ater, oggi obbligata al pareggio. Sarebbe destinata al fallimento. Queste famiglie rischiano poi di tornare in una situazione di disagio abitativo: l’articolo 50 si può superare ma prevedendo un adeguato passaggio ad una casa in housing sociale”.  

Aggiunge Fabrizio Ragucci, segretario romano di Unione Inquilini: “I fondi Gescal sono fermi perché il comune non vuole usarli, non c'è scaricabarile che tenga e senz'altro la Regione, che pure in passato non è stata certo esente da gravi responsabilità, in questo non ha colpe. Speriamo che il 6 luglio, Castiglione non intenda ripetere gli errori del passato, chiudendo di fatto la porta in faccia ai problemi e alle istanze della città”.

"Al di là delle responsabilità, importanti risorse restano inutilizzate in un momento difficile per questa città rispetto all'emergenza abitativa" le parole di Paolo Di Vetta dei movimenti per il diritto all'abitare. "E' inaccettabile che quelle risorse rimangano inutilizzate. E' un segnale negativo, sia per chi sta in graduatoria, sia per chi vive nei residence sia per chi abita nelle occupazioni. Speriamo che il tavolo del 6 luglio sblocchi la situazione". 

La situazione abitativa di Roma solleva critiche verso la Regione anche dall’Aula Giulio Cesare. “Sull’emergenza abitativa Roma Capitale non paga solo lo scotto degli scrocconi degli alloggi popolari che stiamo combattendo senza sosta” scrive il neo capogruppo del M5S Giuliano Pacetti. “Se la Regione Lazio abolisse l’art. 50 comma 3 della Legge Regionale n. 27/2006, potremmo dare subito un alloggio a quasi quattromila di queste famiglie”. Pacetti si scaglia anche contro il mancato utilizzo dei fondi ex Gescal: “Ancora nessuna risposta. Eppure lo sapete a cosa servono questi fondi? A acquistare nuovi alloggi e a provvedere alla manutenzione delle case popolari. La Regione cosa aspetta? È vergognoso”. 

Replica il capogruppo del Pd capitolino Antongiulio Pelonzi. “"L'Ater ha fornito all'amministrazione capitolina un elenco di oltre 4 mila alloggi sottoposti a decreto di rilascio. Va sottolineato che a fronte di questa ampia disponibilità gli uffici del Comune riassegnano un paio di alloggi a settimana” scrive in una nota. “Peraltro da circa 20 giorni ci risulta che è stato sciolto anche il nucleo speciale della Polizia Municipale impiegato proprio per le attività di rilascio degli immobili ERP. Un ulteriore elemento che renderà ancora più complesso il recupero degli appartamenti da rendere disponibili a chi ha diritto ed è in graduatoria” continua. L’abolizione dell’articolo 50 “non c’entra nulla”.  

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