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Sfratto a Centocelle: "Il proprietario è un pensionato, quella casa era diventata un costo"

Il 16 febbraio la polizia è intervenuta per uno sfratto in via degli Arbusti. Il figlio dell'anziano proprietario, Walter Pacifici, consigliere del V municipio, ha chiesto a Romatoday di poter raccontare la sua storia

Il 16 febbraio scorso in via degli Arbusti a Centocelle la polizia è intervenuta per sfrattare una persona dall'appartamento in cui viveva da oltre vent'anni. Non sono mancati momenti di tensione perché, fuori dalla porta della palazzina, c'era un picchetto di attivisti che ha tentato di opporsi allo sfratto. L'unica alternativa per l'inquilina, che ha smesso di pagare l'affitto dopo aver perso il lavoro, solo la strada: dall'amministrazione capitolina o dal municipio non è arrivata alcuna proposta e oggi Ida vive in un'occupazione dei movimenti.

Romatoday ha raccontato quanto accaduto a Centocelle. Il figlio del proprietario dell'immobile ha chiesto di poter fare delle precisazioni in merito a “chi sta dall'altra parte”. Si chiama Walter Pacifici, nella vita è anche un consigliere del Pdl nel V municipio, “ma sono qui in veste di figlio del proprietario Umberto, un 80enne pensionato”.

“Un anziano che percepisce una pensione di 900 euro al mese, non un ricco possidente” racconta Pacifici. “Ha solo quell'appartamento di proprietà in aggiunta a quello in cui vive. E anche se fosse stato un principe, sarebbe comunque stato leso un suo diritto”.

Pacifici ricorda il momento in cui hanno comprato l'appartamento in quella stradina di Centocelle: “Erano gli anni '70. Mio padre lo comprò perché nello scantinato dove vivevamo c'era muffa e io mi ammalai”. Racconta: “Mio padre lavorava in una fabbrica di ghiaccio con turni massacranti e quando tornava a casa non aveva nemmeno la forza di mangiare tanto che mia madre lo doveva imboccare”. Lo stesso Walter ha passato la sua infanzia in quella casa: “Anche l'estate quando la città si svuotava e noi non potevamo andare in vacanza”.

L'appartamento inizialmente non era stato affittato alla signora Ida ma alla sorella. “Ida viveva con lei e quando morì chiese un contratto di locazione a suo nome. Mio padre però non era disposto”. Si finì in tribunale, era il '99. “Ida fece una causa a mio padre e il giudice le diede ragione perché riteneva di aver maturato il diritto ad un contratto d'affitto. Il canone venne stabilito in quella sede, c'erano ancora le lire, e oggi è di circa 800 euro al mese”.

Passano gli anni. Le condizioni economiche di Ida peggiorano dopo la perdita del lavoro. Non riesce più a pagare l'affitto. “L'abbiamo anche aiutata a fare richiesta dei contributi di sostegno all'affitto”. Ma un sostegno, dalle istituzioni, non arriva. “L'ultima rata pagata risale al marzo 2014. La sentenza di sfratto è relativa al novembre 2015. Ci siamo fatti carico di questa situazione per oltre un anno e abbiamo avviato la procedura di sfratto dopo 14 mesi. A questo si aggiungono i circa 2500 euro di condominio arretrato da pagare e la quota reddituale trattenuta dalla pensione di mio padre perché interrotta solo dopo che è stata presentata la richiesta di sfratto. Alla fine, della pensione di mio padre, rimanevano 600 euro”.

Quella mattina c'è stata anche un'interlocuzione con il commissariato che ha chiesto di concedere ancora un mese di tempo. “Erano già passati due anni. Non credo che un ulteriore mese avrebbe potuto cambiare le cose”. Conclude Pacifici: “Non capisco perché il proprietario di una casa si debba fare carico da solo di questa situazione”.

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