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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Chiude il centro per senza tetto di via Ramazzini, dopo due mesi nuovo sfratto per le famiglie rom

Si tratta di 18 persone, tra le quali 11 bambini, sfrattate due mesi fa dal centro di accoglienza temporanea a Centocelle

Se i mesi di marzo e aprile 2020 hanno stravolto il mondo non hanno cambiato la vita alle 4 famiglie rom, 18 persone in tutto tra cui 11 bambini, che il 7 marzo scorso sono state messe alla porta dal centro di accoglienza di viale della Primavera a Centocelle. Come in quei giorni, quando Romatoday ha raccolto la storia e la denuncia di una di queste famiglie, quella di Costica, anche oggi rischiano di finire in mezzo a una strada. Tra l’8 e il 14 maggio chiude il centro per senza tetto di via Ramazzini gestito dalla Croce Rossa, aperto per il ‘piano freddo’, dove queste famiglie sono state portate due mesi fa con una decisione dell’ultimo minuto perché a meno di 48 ore dall’avvio della quarantena non c’erano alternative alla strada.

Ai diretti interessati è stato detto, senza alcuna comunicazione scritta, che dovranno uscire ma nessuno di loro sa ancora se ci saranno strutture alternative oppure si dovranno arrangiare. Contattato da Romatoday, dall’assessorato alle Politiche sociali di Veronica Mammì non è arrivata alcuna informazione in merito. L’Ufficio speciale rom sinti e camminanti del Comune di Roma, proprio come due mesi fa, sta valutando in queste ultime ore la possibilità di ricorrere a una casa famiglia. Ma informazioni ufficiali non ce ne sono, nemmeno per i diretti interessati che sanno solo che domani devono prepararsi a lasciare la struttura. 

I due mesi della quarantena, per queste 18 persone, sono trascorsi in una sorta di tendopoli. I letti nei 'rifugi temporanei' progettati da Ikea Foundation e Unhcr per le emergenze umanitarie, i pasti preconfezionati “senza possibilità di cucinare niente”. I bagni esterni e in comune con le altre famiglie rom e con i senza tetto presenti. Costica ha raccontato che i suoi bambini in questi due mesi non sono riusciti a fare i compiti o a seguire le lezioni online che hanno sostituito la presenza in classe a causa della chiusura delle scuole per il Coronavirus. “Non abbiamo un computer o un Ipad. Non abbiamo la connessione e comunque nessuno ci ha fornito niente”, ha spiegato. In ogni caso, chiusura delle scuole o meno, i suoi bambini erano iscritti in un istituto al Collatino, vicino al centro di Centocelle, e continuare a fraquentare la scuola vivendo in un centro per senza tetto al Portuense sarebbe stato molto faticoso. Oggi però, purtroppo, questi bambini sanno che domani potrebbero finire in mezzo a una strada.

Ricostruire come si è arrivati a questo punto è come tracciare la traiettoria delle politiche sociali e abitative cittadine nel corso degli anni e delle consiliature. Decine di migliaia di euro spesi per arrivare uno sfratto senza alternative. Nei mesi scorsi Costica e sua moglie sono riusciti a ottenere un assegno di invalidità da circa 800 euro al mese ma con questa cifra e tre bambini a carico è stato impossibile trovare qualcuno disposto ad affittargli un’abitazione. La domanda di casa popolare è stata avanzata solo a febbraio con l’aiuto di Unione Inquilini. “Ma entrerà in graduatoria a dicembre”, spiega la sindacalista Silvia Paoluzzi.

Costica, che ha passato la sua infanzia in un orfanatrofio della Romania di Ceaușescu e poi tanti anni per strada, dopo aver vissuto un po’ di tempo in una roulotte donatagli dalla Comunità di Sant’Egidio, ha trascorso la sua vita tra un centro rom a un altro. Via Salaria, via Amarilli, Torre Angela. Ci è rimasto con i suoi tre bambini che oggi hanno dieci, otto e sette anni, la nonna e la moglie, invalida al 100 per cento e costretta a muoversi su una sedia a rotelle. Anche lui, come riportano le sue cartelle cliniche, è affetto da patologie che hanno compromesso la sua salute.

Sei persone, oltre dieci anni di costosa accoglienza senza inclusione. L’associazione 21 Luglio, da anni impegnata nella difesa dei diritti delle minoranze, in particolare dei rom, calcola che “le tre amministrazioni hanno consegnato nelle mani di cooperative e associazioni un totale di circa 150.000 euro per progetti di accoglienza e inclusione senza che nulla di concreto sia stato realmente svolto”.

Costica e la sua famiglia sarebbero dovuti rimanere fino a giugno del 2021 nel centro di via di Codirossoni a Torre Maura, chiuso in fretta e furia dall’amministrazione Raggi di fronte alle proteste dei gruppi di residenti e di attivisti di estrema destra. È così che alcune di queste persone sono state trasferite nel centro di accoglienza temporanea di viale della Primavera, lo stesso nel quale da luglio vivono nel perimetro di una stanza, al massimo due, le famiglie sgomberate dall’ex scuola di via di Cardinal Capranica a Primavalle.

Il costo per i rom ‘spostati’ da Torre Maura è stato di 28 euro a persona al giorno, 5mila euro al mese per famiglia. Per un anno si è andati avanti di proroga in proroga fino a che, il 7 marzo scorso, non è più stato possibile rinnovarla. Insieme a Costica e alla sua famiglia dovevano lasciare il centro altre 12 persone, tra cui 8 minori. La notizia riportata da Romatoday ha acceso i riflettori: nei giorni seguenti l’associazione 21 Luglio si era recata presso la struttura per un sopralluogo con i deputati Pd Orfini e Rizzo Nervo e con il consigliere Zannola. Oggi, nel mezzo di una difficile 'fase due', il nastro si è riavvolto a due mesi fa.

“In un momento in cui si affronta una sfida come l’emergenza affitti dovuta all’emergenza sanitaria il Comune di Roma butta in strada 18 persone e 11 bambini”, commenta Paoluzzi di Unione Inquilini. “Siamo d’accordo con il Campidoglio: i progetti portati avanti fino ad oggi con i rom sono stati fallimentari. Ma sul punto non sono mai state ascoltate le parti sociali e sono stati spesi tanti soldi pubblici per lasciarli per strada”. 

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