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Sanità, il segretario Idv del Lazio Salvatore Doddi: “Molti annunci pochi fatti”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RomaToday

Sulla sanità regionale interviene il segretario Idv del Lazio Salvatore Doddi
"Sanità, molti annunci pochi fatti"

Segretario, a che punto siamo con la rivoluzione sanitaria promessa da Zingaretti?
La sanità del Lazio è un universo molto complesso ma volendo fare un sintetico esame partirei da tre punti che ritengo essenziali: le liste di attesa, gli stazionamenti in pronto soccorso e l'assistenza riabilitativa e territoriale. Sebbene, lo ripeto, governare il settore sia impresa non semplice, mi sembra che attualmente non siamo neanche a metà del percorso.

Ci faccia qualche esempio
Volentieri. Sul tema delle liste di attesa, molto sentito dai cittadini e legato direttamente all'assistenza e alla prevenzione, nell'autunno 2013 si fece il roboante annuncio di un decreto, con classificazione delle prestazioni secondo codici di gravità e urgenza, stabilendo tempi di intervento in base alle necessità ma, a tutt'oggi, non si vede alcun risultato anzi, i tempi sono lievitati.

E il pronto soccorso?
Peggio che andar di notte. Tre, quatto giorni di attesa negli ospedali prima di essere ricoverati. Improvvisate barelle prive di qualsiasi privacy, in ambiente promiscuo e senza servizi, con l'unica saltuaria assistenza dovuta alla competenza e abnegazione del personale dell'emergenza. Definirei il pronto soccorso dei grandi ospedali regionali come un girone dantesco.

Qual è il motivo di tanta disorganizzazione? Perché nessuno provvede?
Il motivo è molto semplice: se si riducono i posti letto - e la nostra media è di 3,7 per mille abitanti contro il 4,8 dell'Europa - è ovvio che i pazienti accolti faticano ad essere smistati ma questo nessuno lo dice. Si adducono mille ragioni, si propongono mille inutili soluzioni ma il nodo resta sempre quello, chiudere gli ospedali per fare cassa porta a questi risultati.

Riscontra squilibri tra sanità romana e quella nelle province?
Il caos è dovunque ma le province del Lazio sono quelle che pagano il prezzo più salato. Si prenda ad esempio Frosinone o il distretto centro della Asl di Latina, con pesanti tagli ai servizi e all'assistenza. Per non parlare di Colleferro, cui è sottratta la maternità per darla a Palestrina, che non credo abbia i 500 parti annui previsti dal ministero. Con quale logica si agisce? Favoritismi?

In compenso si sta lavorando sulla rete di assistenza territoriale
Se alludiamo alle case della salute mi sembra che i risultati siano del tutto modesti. Insieme a queste è stata annunciata l'apertura degli ambulatori nel fine settimana, facendoli passare per nuovi servizi. I numeri ci dicono che ciò non abbatte le file in pronto soccorso. Venti, trenta assistiti per piccoli problemi il sabato e la domenica non modificano la domanda di assistenza ospedaliera.

Quindi la riorganizzazione della rete è tutta da rifare?
Occorre rimodulare i cosiddetti "piani operativi" in base a dati epidemiologici. Lo hanno fatto i direttori generali? Perché non porre questo tra gli obiettivi? La Regione si caratterizza per la mancanza di partecipazione nelle grandi scelte e il commissariamento non può essere l'alibi. Stop alle decisioni nelle "stanze dei bottoni", più partecipazione e controllo da parte del Consiglio regionale.

Cosa pensa riguardo agli sprechi?
Che ospedali e Asl debbono tutelare la salute e non essere "fabbriche di consenso". Ora è prevista la fusione delle Asl senza aver minimamente consultato forze sociali, politiche, cittadini. Ben venga un taglio delle poltrone ma non sia un ulteriore taglio dei servizi e dell'assistenza. E basta con il massiccio ricorso alle ambulanze dei privati, che ormai sovrastano il servizio del 118.


Insomma non darebbe la sufficienza alle scelte di Zingaretti
Non è solo di Zingaretti la responsabilità. Intorno a lui c'è la direzione programmazione sanitaria, la "Cabina di regia", un apparato che va in direzione opposta alle esigenze del territorio. Lo dimostrano le proteste per la chiusura dello storico ospedale Forlanini che farà la fine del San Giacomo, chiuso dal 2008 con vane promesse di riconversione, mentre si spende 1 milione per assistere i pellegrini del Giubileo nelle tende mobili!

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