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Politica Prima Porta / Via Tenuta Piccirilli

Rom, Salvini: "A Roma è un casino. L'obiettivo è zero campi". Ma al River la Corte Europea stoppa lo sgombero

Il ministro degli Interni incontrerà la sindaca ribadendo la linea della fermezza. Mentre sul Camping River interviene la Corte in difesa dei diritti umani

Lo sgombero al River è sospeso, ma il vertice Raggi-Salvini sul tema rom ci sarà. E la linea del ministro leghista è più che nota: i campi vanno chiusi al più presto. La retorica della ruspa, seppur ammorbidita rispetto alla campagna elettorale, insegna. "Sui campi nomadi a Roma è un casino totale" ha dichiarato ieri il vicepremier a 7Gold. "Il mio obiettivo è arrivare a zero campi rom, con le buone maniere, ma arrivare a quota zero". E l'obiettivo di Raggi era proprio quello di rispondere al ministro con il primo risultato raggiunto: la chiusura dell'insediamento di via della Tenuta Piccirilli, con anche un'opera di reinserimento dei baraccati nel tessuto sociale. Ma i piani non sono andati come previsto.

L'intervento della forza pubblica, fissato dall'ordinanza sindacale del 13 luglio a 48 ore di distanza dalla notifica del provvedimento alle famiglie, è stato sospeso per qualche giorno. Le pattuglie della Polizia locale dovevano arrivare stamattina, ma a fermarle ci ha pensato la Corte Europea accogliendo il ricorso sollevato da tre abitanti della baraccopoli, supportati dall'associazione 21 luglio, e intimando lo stop direttamente al Viminale. 

Tutto congelato, almeno per il momento. La Corte, la cui missione è difendere i diritti umani di chi non ha i mezzi per farlo tramite i Tribunali nazionali, ha chiesto al Governo che vengano indicate delle "misure ad interim". Soluzioni di accoglienza che non lascino le persone per strada. Quelle che non è riuscito a trovare il Campidoglio con l'applicazione del piano rom al River (lo stesso tentativo è in corso anche a La Barbuta). Pochissime famiglie (due su 350) hanno trovato una casa in affitto con il contributo messo a disposizione del Comune ma erogato solo a contratto firmato. 

Quattordici, sempre su 350, hanno optato per il rimpatrio assistito in Romania, pista inserita con una delibera ad hoc quando ci si è accorti che le misure di assistenza già previste stavano fallendo. Numeri risicati. Tutti gli altri, la stragrande maggioranza, è rimasta per strada. Sul terreno del River, ma senza i moduli abitativi rimossi dalla Polizia locale, alcuni distrutti nonostante fossero di proprietà del Comune. Tanto che sempre dalla 21 Luglio è partito un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale. 

Insomma, un quadro più che caotico al campo di Prima Porta. Doveva fare da banco di prova di quella che Virginia Raggi ha ribattezzato la "terza via": chiudere i campi è possibile, ed è possibile farlo garantendo un percorso di integrazione e di tutela dei diritti dei più deboli. E doveva servire anche a poter dire a Matteo Salvini, ministro del suo governo: "Ci stiamo muovendo al meglio". Ma l'iter, nel caso del River, è evidentemente naufragato in entrambe le direzioni. Il Campidoglio si difende e promette di fornire alla Corte Europea tutta la documentazione che attesti la bontà di quanto fatto. Ma a dimostrare che i diritti non sono stati tutelati c'è l'altolà arrivato dall'organo giurisdizionale che li difende al più alto livello internazionale. Il campo poi di fatto non è chiuso, si è solo trasformato in un'occupazione abusiva. Così, per il vicepremier del governo "amico", sul fronte rom, siamo ancora all'anno zero. Ma intanto, aspettando il vertice a palazzo Senatorio, dà la colpa all'Europa con un tweet di commento alla decisione che riguarda il River: "Ci mancava il buonismo della Corte Europea per i Diritti dei Rom". Dell'uomo, non dei rom. 

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