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Rifiuti, senza impianti Ama e i romani hanno pagato 700 milioni di euro in 5 anni

La stima è dell'Agenzia di stampa Dire: settecentoquattro milioni di euro in cinque anni, una media di 140 all'anno, è il costo affrontato per portare i rifiuti lontano dalla Capitale

Superare la logica degli Ato, avere cioè l'ok a portare i rifiuti in impianti o discariche lontano dalla Capitale. Niente nuovi impianti, perché nella Roma a Cinque Stelle il piano è di aumentare la differenziata, portandola al 70% entro il 2021. Numeri ancora lontani ma che Raggi ieri ha ribadito al ministro Costa, ottenendo un passo in avanti verso quella che è la sua idea: non indicare nuovi impianti nel territorio della Capitale.

A prescriverlo sarebbe la legge ed anche la conformazione del piano regionale del Lazio. Chiusa Malagrotta, Roma porta i rifiuti fuori dalla Capitale oppure li tratta negli impianti di Colari e di Ama. Non c'è autosufficienza come invece prescrive il piano che da tempo va aggiornato. Per farlo a La Pisana l'amministrazione Zingaretti attende che la Città Metropolitana indichi i siti idonei ad ospitare impianti o discariche. Un atto ufficiale che renda autonoma Roma all'interno del proprio Ato. Raggi però si oppone. 

Portare i rifiuti fuori da Roma ha però un costo. A quantificarlo ieri l'Agenzia di Stampa Dire che ha riportato le somme spese tra i 2013 e il 2017. Oltre 700 milioni di euro  e in proiezione ancora di più, fino a sfiorare il miliardo di euro nel breve periodo è il 'prezzo' che Ama ha dovuto sostenere dal 2013 al 2017, cioè dalla chiusura della discarica di Malagrotta (avvenuta esattamente cinque anni fa). Il motivo di questi costi? Ama è totalmente priva degli impianti e delle tecnologie necessarie per affrontare la nuova fase (dettata da norme europee troppo a lungo ignorate) nella gestione dei rifiuti: stop al conferimento di immondizia non trattata in una grande buca; stop alla più grande discarica europea; piede sull'acceleratore della raccolta differenziata e degli impianti dedicati. 

Settecentoquattro milioni di euro in cinque anni, una media di 140 all'anno. La parte del leone, ovviamente, l'hanno fatta i rifiuti della filiera dell'indifferenziato: 630 milioni per smaltire in discarica gli scarti e la fos in uscita dai due tmb aziendali, bruciare negli inceneritori il cdr e fare trattare milioni di tonnellate di talquale, sempre presso impianti di terzi. I restanti 74 milioni, invece, riguardano le quantità di frazione organica raccolta in maniera differenziata che esorbitavano la capacità del piccolo impianto di compostaggio aziendale di Maccarese (circa 20mila tonnellate) e che quindi richiedevano, anche in questo caso, l'affidamento ad altri. Tanto per dare un ordine di grandezza, in questo senso, Roma dal 2013 al 2017, secondo dati Ama, è passata dal 31% di raccolta differenziata (545.638 tonnellate di materiali da avviare alla filiera del recupero/riciclo) al 44,3% (748.071 tonnellate). Un aumento quasi tutto fino al 2015. Una crescita frenata invece dal 2016 in poi. 

Questo ha comportato una raccolta di organico differenziato da 66.700 tonnellate a 172.000, di cui la stragrande maggioranza è finita in impianti di compostaggio (o biodigestori) di altri, insieme ai soldi di Ama, cioè dei romani.

Nell'ottica di ridurre la dipendenza da terzi, Ama e il Campidoglio hanno presentato in regione il progetto per due impianti di compostaggio per due un totale di 120mila tonnellate. Altri impianti potrebbero essere inseriti nel prossimo piano industriale. Iter comunque lunghi e complessi, come ammesso dalla sindaca stessa domenica, e che comunque risolveranno solo parzialmente il problema. 

Nel frattempo, come ricorda l'Agenzia Dire, proprio a causa della perdurante assenza di impianti di proprietà, la realtà attuale parla di una crescita di quei 700 milioni fino a sfiorare il miliardo nel giro di qualche anno. Intanto, perchè già a gennaio Ama ha aggiudicato un appalto triennale da circa 72 milioni di euro per il trattamento della frazione organica da raccolta differenziata. In più, l'azienda ha siglato accordi ponte fino a dicembre per oltre 10 milioni complessivi, per assicurarsi lo smaltimento e il recupero di scarti e fos dei suoi tmb, in attesa di vedere aggiudicata la maxigara da 1,2 milioni di tonnellate tra scarti, fos, cdr e talquale che un mese fa è andata deserta nonostante una base d'asta che sfiorava i 190 milioni, e quindi molto difficilmente potrà essere bandita nuovamente a prezzi più bassi.  

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