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Lunedì, 29 Aprile 2024
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La Regione vuole sbloccare i condoni edilizi. Ci sono 2,9 miliardi di euro non incassati

A Roma il 35% delle istanze depositate nel 2003 rischiano di finire nel dimenticatoio per sempre per una legge del 2004 sui vincoli. Corrotti (FdI) propone una modifica che ripristini "equità sociale" e permetta di recuperare miliardi di euro

La Regione Lazio vuole sbloccare decine di migliaia di richieste di condono, la maggior parte delle quali provengono da privati cittadini di Roma e provincia, modificando un articolo della legge regionale 12 del 2004, che fornisce disposizioni in materia di definizione di illeciti edilizi. In sostanza, chi ha ancora una pratica aperta da 21 anni, se ha un immobile che ricade in un vincolo ambientale o paesaggistico introdotto dopo il 2004, si vede cassare la richiesta. Avendo anche già pagato il 30% di acconto sulla multa. Un cortocircuito che impedisce l'incasso di quasi 3 miliardi di euro per gli enti locali. 

Il "pasticcio" dei condoni lumaca

Nel 2003, quando il governo permise il condono di centinaia di migliaia di abusi edilizi, in tanti presentarono richiesta anche a Roma e in tutto il Lazio. L'anno dopo, però, la Regione guidata da Francesco Storace approvò una legge, la numero 12, che impediva il condono se l''edificio ricadeva in aree sottoposte a vincoli paesaggistici e ambientali. E' molto frequente, per fare un esempio, che due cittadini confinanti abbiamo fatto la stessa domanda di condono nel 2003, ma uno si sia visto lavorare la pratica in tempi record e l'altro no, tagliato fuori dal subentro della legge firmata centrodestra. E così molti sono rimasti "fregati".

I numeri di Roma: 20mila condoni gravati dai vincoli

D'altronde solo nella Capitale, secondo i dati del rapporto sui condoni edilizi presentato in Senato nel 2019 dal gruppo Sogeea, ci sono ancora 171.115 pratiche di condono non lavorate, ancora quindi da istruire. Di queste 74.265 sono state depositate durante il "liberi tutti" del governo Berlusconi II, quindi in base alla legge 363 del 2003. Poco meno di un terzo, 20.000, sono relative a immobili gravati da vincoli sopraggiunti dopo il 2004. Secondo il report, la media di smaltimento delle istruttorie nella Capitale è di circa il 3% l'anno. Non un passo spedito, in quella che è la città con il più alto numero di condoni presentati in Italia: 599.793 dal 1985 al 2004. In provincia di Roma sono decine i comuni nei quali gli uffici sono letteralmente sommersi di scartoffie relative a questa "blocco". Giusto per fare alcuni esempi indicativi: a Tivoli ci sono 1.100 pratiche ferme, ad Ardea 2.000, Rocca Priora 700, Cerveteri 1.300, Ariccia 500, Velletri 800, Civitavecchia 1.000. 

Nel Lazio 2,9 miliardi di euro non incassati

Allargando lo sguardo a tutto il Lazio, nello stesso lasso di tempo le istruttorie sono state 1.620.749, terza regione italiana dopo Lombardia e Piemonte. Da lavorare ne mancano ancora 623.849, di queste 153.431 sono state depositate nel solo 2003. Il 30% di queste, sono gravate da vincoli post 2004. La media di smaltimento è leggermente superiore a quella di Roma: il 4% l'anno. Come ha calcolato Sogeea, a causa delle quasi 624mila domande non ancora concluse "restano da incassare circa 2,9 miliardi di euro, tra oblazione statale, regionale, oneri concessori, danno ambientale, diritti di segreteria e istruttoria". In totale, gli acconti già pagati dai cittadini e ad oggi bloccati, sono pari a 423 milioni di euro.

La proposta di legge di Fratelli d'Italia

"A parità di domanda di condono, a causa delle difficoltà di alcuni enti locali a dare risposte tempestive - spiega Laura Corrotti (FdI) firmataria della proposta di modifica -, decine di migliaia di cittadini laziali si ritrovano a non poter usufruire dello stesso trattamento che sarebbe spettato loro di diritto, per un vincolo comparso successivamente alla presentazione della domanda. Per questo, ho presentato una proposta di legge che vuole tendere una mano sia ai comuni che si ritrovano oggi in una situazione di impedimento, sia escludere ogni dubbio circa la 'omogenea' applicazione anche nel Lazio dell'orientamento dato dalla legge del 2003, così come accade altrove in Italia. Si tratta quindi di un provvedimento di equità sociale, per andare incontro ad una palese ingiustizia protrattasi per troppi anni".

L'esperto: "Concludere l'iter eviterebbe numerosi ricorsi"

"La proposta di variazione della normativa regionale da parte della presidente Corrotti – sottolinea Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale all’università Uninettuno e direttore scientifico del Centro Studi Sogeea – non configura nessun nuovo condono edilizio o nuovi termini per la presentazione delle domande, consente invece di uniformare i diritti dei cittadini in quanto coloro ai quali è stata istruita la domanda prima che entrasse in vigore il vincolo sopraggiunto hanno ottenuto il permesso in sanatoria, mentre coloro ai quali non è stata istruita si vedranno recapitare un provvedimento di diniego. Va da sé - conclude Simoncini -la necessità di arrestare la cementificazione selvaggia del territorio e far rispettare i vincoli paesaggistici e ambientali, ma concludere l’iter delle pratiche di condono con l’applicazione della variazione di normativa che è stata proposta, consentirebbe di evitare i numerosi ricorsi che i cittadini presenterebbero e vincerebbero sicuramente, in quanto è compito dell’ente pubblico uniformare i loro diritti".

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