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Referendum Atac, sindacati compatti per il No: "Costi più alti, qualità inferiore"

Cgil, Cisl e Uil hanno spiegato il motivo del No: "Rilanciamo il servizio pubblico"

I sindacati sostengono il ‘No’ al referendum dell’11 novembre per la liberalizzazione del trasporto pubblico locale a Roma. Cgil Roma e Lazio, Cisl di Roma Capitale Rieti, Uil Lazio, Filt Cgil Roma e Lazio, Fit Cisl Lazio e Uil Trasporti Lazio hanno spiegato i motivi ieri nel corso di una conferenza stampa alla quale erano presenti, tra gli altri, Michele Azzola, segretario della Cgil Roma e Lazio, Luca Bozzi, segretario della Cisl Roma e Rieti e Alberto Civica, segretario della Uil Roma e Lazio.

Per i sindacati il No è una scelta obbligata perché nel caso in cui il tpl romano venisse liberalizzato si andrebbe incontro a un sicuro aumento dei costi delle tariffe a carico dei cittadini, alla diminuzione della qualità del servizio offerto, ad una riduzione degli standard di sicurezza, e alla precarizzazione del lavoro. Cgil, Cisl e Uil hanno inoltre ricordato la "fallimentare esperienza di Roma Tpl" che ha portato "a un aumento dei contenziosi con l'amministrazione pubblica, con costi a carico dei cittadini e a ritardi nei pagamenti dei dipendenti che generano continua agitazione dei lavoratori". 

"Siamo fermamente convinti” ha detto Bozzi della Cisl “che il No debba essere la risposta che i cittadini romani devono cogliere come opportunità per ribadire che il servizio pubblico e l'unica scelta per un servizio universale di trasporto”.

Civica ha poi aggiunto: “Siamo per il No perché, come già successo in altri settori privatizzati, come le Fs, le linee periferiche viaggeranno in condizioni peggiori e ci dovremmo anche aspettare un aumento dei biglietti. Andiamo incontro ad uno scenario che, a fronte di un contratto da 500 milioni, vedrà un soggetto privato che potrà guadagnare su un soggetto pubblico. E chi prenderà il servizio non si prenderà anche i debiti che resteranno invece in capo ad Atac quindi ai cittadini". 

Ha concluso Azzola della Cgil: “Sosteniamo il No perché il problema non è il privato ma è infrastrutturale. Una multiutility di proprietà pubblica, finanziariamente forte, potrebbe rilanciare il tpl. Liberalizzare, sulla base delle attuali infrastrutture, potrebbe garantire solo ai privati particolari di guadagnare sul pubblico”. 

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