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Il regno di Virginia Raggi messo in crisi da Monica Lozzi: così nel M5s romano cambiano le gerarchie

Scelte politiche e comunicative sbagliate da parte di Virginia Raggi: così negli ultimi due mesi è cresciuto il consenso di Monica Lozzi nel Movimento romano

Cosa succede nel Campidoglio grillino? In piena pandemia Virginia Raggi si è ritrovata di fronte la realtà di un movimento romano, quello degli attivisti e degli eletti sui territori, che non sembra riconoscerle l'auspicata leadership. Una guida, quella M5s di Roma, necessaria per forzare la mano in vista di una ricandidatura sotto l'effige pentastellata e che, venendo meno, fa saltare tutti i suoi piani. Ma andiamo con ordine e mettiamo in fila quanto accaduto negli ultimi due mesi, con i fatti di ieri, ovvero la sfiducia di Roberta Della Casa, la cacciata dei consiglieri del IV municipio tramite post sul blog delle stelle e la notizia del ricorso di De Vito ai Probiviri contro tre consiglieri, rappresentano solo gli ultimi capitoli. 

Il regno di Virginia Raggi ormai da oltre un anno è così da tutti descritto: ha dei fedelissimi, un cerchio di persone ultra fidate, e una comunicazione estremamente accentratrice con un deus ex machina, tanto amato e stimato in Campidoglio, quanto mal digerito sui territori. Un'immagine di donna sola al comando che, se da un lato ne ha limitato le critiche sia a livello locale che nazionale, dall'altro ne ha lentamente logorato la popolarità  tra gli eletti e gli attivisti nei municipi. 

La mancanza di alternative per la candidatura a sindaco e l'immagine forte fuori dai confini romani, avevano però indotto Raggi a pensare di poter controllare la situazione anche da asserragliata nel suo fortino. Unico problema il doppio mandato, regola da rivedere negli Stati generali del Movimento (di cui si è persa traccia) e in alternativa da bypassare con una lista civica, costruita però sulla forza del M5s di Roma.

A sconvolgere i piani è però arrivata Monica Lozzi, presidente del VII municipio, che a inizio marzo ha annunciato, con diverse interviste, l'intenzione di candidarsi a sindaca di Roma. Un problema per Raggi perché Lozzi dalla base è stimata. Attivista della prima ora, incarna l'anima del primo Movimento, quella dura e pura di cui, in tempi di alleanze con il Pd e di macchie di accordi passati con la Lega, a Roma c'è tanta nostalgia. Non ha mai avuto paura in questi anni di criticare il Campidoglio, nonostante l'immagine da regina intoccabile di Virginia Raggi, per il mancato decentramento e per i problemi con la raccolta rifiuti.

A fine 2019 non si è fatta problemi a scendere in piazza con i comitati della Valle Galeria contro l'ipotesi di una nuova discarica, voluta dalla sindaca proprio nei territori dove M5s Roma è nato. Un momento, quello della protesta, in cui ha coagulato attorno a sè consiglieri e municipi dissidenti. Contemporaneamente sta, a detta di tutti, ben governando il suo territorio. E soprattutto è stata la vera artefice del vanto di Virginia Raggi, ovvero l'abbattimento delle ville dei Casamonica al Quadraro. Insomma, quanto basta per rompere il presepe della sindaca, sapientemente costruito dalla sua comunicazione, non a caso aspramente criticata dalla Lozzi.

È qui, a inizio marzo, pre lockdown quindi, che iniziano i travagli attuali del Movimento. È qui, in questo momento, che Roberta Della Casa firma, inconsapevolmente, il proprio destino da sfiduciata. Due giorni dopo l'intervista di Lozzi a RomaToday, Della Casa contatta la nostra redazione e chiede di poter replicare, rilasciando a sua volta un'intervista. Ne viene fuori un attacco duro alla collega del VII municipio, con diverse allusioni, non provate, di possibili accordi con il centrodestra. Un'intervista che, sui territori, è stata vista come un atto di sfida di Raggi e della sua comunicazione alla Lozzi e al "Movimento ribelle" sui territori. Della Casa infatti da tempo era stata scelta come carta più spendibile in tv e sui media dalla comunicazione: ottima retorica, risposta pronta, preparata, aveva tutto per affiancare la sindaca nel bis sia con il marchio Cinque Stelle, sia con una civica. Ovvio quindi che, quando spunta una rivale sui territori, diventi lei la soldatessa ideale per rispondere alle critiche e alle accuse mosse al "capo".

Peccato però che le parole di Della Casa, secondo quanto risulta a RomaToday, vengano mal digerite tanto dagli attivisti della prima ora, quanto dagli eletti sui municipi. Un boomerang capace di ingrossare il consenso di Lozzi che nel frattempo infarciva i propri social di quanto fatto sui territori. Raggi, parallelamente, dava il via alla propria campagna elettorale con attacchi (a Zingaretti), argomenti, (il Forlanini, quella contro i trasgressori delle regole del lockdown) e metodi (le ospitate dalla D'Urso) decisamente poco pentastellati e per questo finiti ancora una volta criticati nelle chat degli attivisti.

A metà aprile Della Casa incappa nella delibera di villa Farinacci, dei fondi impegnati in piena emergenza sociale per il Capodanno. È la goccia che fornisce il pretesto per la rivolta dei consiglieri, sfociata nella sfiducia. Un malumore montato soprattutto dopo un'altra intervista a RomaToday (più volte citata ieri in consiglio dalla presidente poi sfiduciata) in cui la Della Casa ha apertamente sfidato i consiglieri del Tiburtino. Insomma un altro boomerang al quale si somma anche l'indiscrezione uscita dal Campidoglio che voleva Della Casa delegata dalla sindaca. Tanto è bastato per far montare la rabbia della base e dei territori nei giorni pre discussione della sfiducia, a cui però si è unita anche quella di alcuni consiglieri comunali, usciti ieri allo scoperto.

Appena sfiduciata infatti, a raffica, sono usciti su Facebook dei post fotocopia di quello di Lozzi. A firmarli sui social i consiglieri, usando la tattica nel tempo consolidata dalla comunicazione del Campidoglio grillino, quella sintetizzabile in "al mio segnale twittate uniti". La sostanza è presto detta: serve discontinuità, no a Della Casa delegata. Insomma, Virginia Raggi, con la sua strategia, si è portata la rivolta in Campidoglio.

Ad aggiungere benzina sul fuoco il post sul blog delle Stelle, in cui a consiglio in corso, si sanciva l'espulsione dei consiglieri pentastallati che hanno sfiduciato Della Casa. Una decisione rivendicata dalla sindaca, con tanto di condivisione, sua e del suo consorte, Andrea Severini. Una scelta, quella di Crimi, su cui avrebbero pesato, secondo indiscrezioni, proprio le pressioni di Raggi, pronta a tutto per difendere la sua preferita.

Così anche il consenso tra i consiglieri comunali, dato per certo e consolidato, sembra ora logorarsi. E l'unità nell'azione di governo, più volte decantata, è scomparsa. La maggioranza è infatti finita spaccata, trasformando i consigli in video chiamata in mere comparsate dei consiglieri. Impossibile decidere nulla per veti e controveti interni. Il gruppo M5s vorrebbe votare la mozione dell'opposizione per la proroga all'appalto del porta a porta dei negozi? Insorge il consigliere Andrea Coia e cade il numero legale in Aula. Sulle strisce blu c'è chi è per mantenerne il mancato pagamento, ma si leva la protesta di Stefàno e Calabrese. De Vito presenta una delibera e tre consiglieri, gli stessi che si opponevano al suo ritorno alla presidenza del Consiglio comunale dopo i mesi di arresto per la vicenda dello stadio della Roma, si oppongono, facendo saltare la proposta nonostante i pareri tecnici degli uffici. De Vito non la prende bene e presenta un esposto ai Probiviri. 

Insomma un tutti contro tutti, figlio, secondo molti, della mancanza di certezze sul futuro candidato sindaco. Se infatti prima in Campidoglio il faro era supportare Virginia Raggi, nella sua azione di governo prima e nella sua ricandidatura poi, ora con una rivale forte all'orizzonte tutti si chiedono se non sia il caso di cambiare carro. 

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