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La favola del governo amico: tutte le delusioni gialloverdi per Virginia Raggi

Non solo Tria. Per la sindaca e il Campidoglio a Cinque Stelle "schiaffi", soprattutto mediatici, anche dal ministero dell'Interno e da quello dell'Ambiente

Era il 1 giugno, alba del governo gialloverde. "Sarà un governo amico di Roma", era la certezza dalle parti del Campidoglio a Cinque Stelle. Virginia Raggi non aveva nascosto la propria soddisfazione, annunciando di aver avuto una telefonata con il neovicepremier Di Maio. Ne seguirono, nelle settimane a seguire, una serie di incontri, conclusi tutti da dichiarazioni dello stesso tenore. Trenta, Toninelli, Costa, Salvini, Conte, Di Maio: lunga la lista dei ministri incontrati.

Emblematiche, per segnare la svolta rispetto ai precedenti esecutivi, le parole post incontro con il capopolitico del Movimento Cinque Stelle: "Questa volta si fa sul serio". Il riferimento era ad una cabina interministeriale che ad oggi, tre mesi dopo, è rimasta solo un annuncio.

Il Governo amico però sta riservando alla sindaca Raggi una serie di brutte sorprese. Dalla sicurezza ai rifiuti, dalle buche agli sgomberi, le parole spese si stanno trasformadno in boomerang che rischiano di trasformare Roma in un problema per un'alleanza, quella gialloverde, costantemente alle prese con equilibri complicati da garantire. Il taglio, pubblico da mercoledì sera, dei 180 milioni promessi per Roma nei prossimi tre anni è solo l'ultimo capitolo di quello che doveva essere un libro dei sogni e che si sta trasformando invece in una lista di delusioni. 

I problemi più evidenti sono quelli con il Ministro Salvini che non manca, a parole, di mostarsi vicino a Roma: "Cercherò di fare di tutto per aiutare i Romani e il Sindaco ad avere una città più sicura". La circolare del 2 settembre che dava spazio per gli sgomberi anche senza alternativa, ha creato non poche spaccature all'interno della giunta Raggi, con molti assessori a rivendicare distanze dal leader leghista e preoccupazioni per i possibili effetti. La stessa sindaca, constatata la possibile emergenza sociale in città ha optato per una strada soft che al momento si concretizza con appena un'operazione, quella di via Costi, in due mesi. Per gli altri si sta lavorando.

Nel frattempo la marcia su Roma di Salvini si fa più pressante e per disinnescarla la sindaca Raggi continua a chiedere maggiori poteri sulla sicurezza, tra i quali la possibilità di assumere 2000 vigili urbani. Appoggiata da Di Maio e criticata dal Pd, che ricorda come quei poteri siano già previsti dal decreto Minniti, la richiesta sta creando attriti in seno al Governo. Da una parte il M5s che vuole inserirli nel decreto sicurezza, dall'altra Salvini che fa orecchie da mercante sull'argomento. Difficile pensare che a breve quei poteri richiesti possano arrivare.  

Sponde importanti erano attese sul tema dei rifiuti. Il Ministero dell'Ambiente in piena estate ha aperto una cabina di regia per "fare da pontiere" tra Regione e Comune per risolvere l'emergenza. Dalle parti del Campidoglio si confidava in pressioni verso Zingaretti per il nuovo piano rifiuti. Invece il dato sinora più importante è che dal tavolo è emersa chiara l'inerzia della Città Metropolitana a guida Raggi sull'individuazione delle aree per i nuovi impianti. Filtrata a mezzo stampa, la vicenda ha irritato e non poco i grillini della Capitale, da tempo impegnati in un bombardamento sulle responsabilità del governatore Pd ed anche per questo costretti a chiedere una smentita al Ministro. Nel frattempo la Raggi ha provato a cambiare le carte in tavola chiedendo di modificare la logica degli Ato, usando impianti già esistenti altrove e mettendo la questione all'ordine del giorno del ministro. Ci si aspettavano aperture da parte del minsitro. Il risultato? Due giorni fa Costa, intervistato dal Corriere, ha detto chiaramente che Raggi deve indicare gli impianti

Da amico a nemico, togliendo anche il gioco della propaganda e dell'affibbiare colpe altrui, oppure l'esercizio degli annunci, come nel caso dei soldi che il Campidoglio considerava già stanziati, i 180 milioni per le strade, e che invece sono spariti nella manovra. La richiesta era stata avanzata al Mef dal ministro per le Infrastrutture Danilo Toninelli, raccogliendo le istanze, e speranze, del Campidoglio. Si chiedeva "l'erogazione diretta a Roma Capitale di 60 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021". Un taglio che ieri ha provocato la reazione della Raggi che, senza giri di parole, ha attaccato il ministro dell'Economia Giovanni Tria: "Penso che se Tria continua in questa direzione non faccia un torto a Virginia Raggi, ma a Roma e a tutti i romani". Fare torti alla sindaca grillina per sfavorire Roma: concetti espressi nei confronti di chi governava prima. Dalle parti del Campidoglio la sensazione è che la favola del governo amico sia già finita. O forse non è mai cominciata.

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