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Cosa succede se Raggi viene condannata? Le quattro ipotesi sul futuro del Comune di Roma

I possibili scenari se la sindaca verrà ritenuta colpevole di falso documentale. La sentenza il 10 novembre

In caso di condanna per falso documentale rischia da uno a sei anni (vedi all'articolo 476 del Codice penale). Ma sarebbe un primo grado di giudizio, e il reato non rientra tra quelli previsti dalla legge Severino. Se i magistrati dovessero ritenere colpevole Virginia Raggi di aver mentito ad Anac sulla nomina di Renato Marra quindi, la sindaca non sarebbe costretta, da una legge dello Stato, a lasciare la poltrona. 

Perché Raggi rischia la condanna

A porre il problema, imponendo sulla carta le dimissioni, è il Codice etico del Movimento Cinque Stelle. Un addio che però (se condannata) non è affatto scontato. Perdere adesso Roma, con il fiato sul collo della Lega che avanza nei sondaggi e punta a un sindaco leghista in Campidoglio, sarebbe una batosta non da poco per il Movimento Cinque Stelle. E quindi non mancano sul piatto le exit strategy. Ecco i possibili scenari.

Ipotesi 1: Raggi si dimette 

Il Codice di comportamento dei Cinque Stelle parla chiaro: la condanna in primo grado è incompatibile con qualunque carica elettiva. E quindi Raggi dovrebbe dimettersi. "Rispetterò le regole" ha dichiarato in più occasioni. Se così fosse, in ossequio ai paletti interni del Movimento, scatterebbero le procedure previste dal Tuel (Testo Unico degli Enti Locali) in caso di dimissioni di un sindaco. Vengono presentate al Consiglio comunale. Da lì scattano 20 giorni, nei quali è ancora possibile ritirarle. Poi diventano ufficiali e si procede con lo scioglimento dell'Assemblea e la nomina di un commissario. Uno scenario coerente con regole e annunci, ma anche un boomerang per il Movimento, un fallimento che nessuno può permettersi. La Capitale espugnata con promesse altisonanti appena due anni fa e persa così, con il cappio al collo del giustizialismo tornato indietro come un boomerang. A Di Maio&Co tocca escogitare un piano B. 

Ipotesi 2: a decidere sarà la base

Rimettere le dimissioni della Raggi al voto della base militante sulla piattaforma Rousseau, nei venti giorni che trascorrono prima che l'addio eventuale diventi irrevocabile. Sarebbe la massima espressione della democrazia diretta. Un buon escamotage che i vertici potrebbero decidere di adottare per non dover intervenire con un salvataggio diretto. Opzione che si è già verificata, quando con il caso Marra il regolamento è stato modificato: nella nuova e ultima versione dalle dimissioni in caso di indagini si è passati a quelle in caso di condanna di primo grado. Apportare ulteriori correzioni, "ad personam" poi, sarebbe difficilmente giustificabile. 

Ipotesi 3: Raggi si autosospende

C'è poi l'opzione dell'autosospensione dal M5s, un salvagente previsto dal codice etico pentastellato in quanto "comportamento suscettibile di attenuare la responsabilità disciplinare". In casi del genere (vedi al punto tre del Codice etico) la decisione sulla permanenza nel Movimento e possibili sanzioni disciplinari sarebbe comunque demandata al Garante (Beppe Grillo) e al Collegio dei Probiviri. Certo, ci sono provvedimenti da votare in Aula e la tenuta della maggioranza, con un sindaco che ha più di un piede fuori dal M5s, non sarebbe automatica.  

Ipotesi 4: Raggi governa senza simbolo

Ultima possibilità, che però si tradurrebbe in una frattura pesante che i vertici del Movimento vorrebbero evitare: continuare a guidare Roma senza i Cinque Stelle. Sulla scia di Federico Pizzarotti sindaco di Parma, il primo caso di eletto grillino che ha proseguito amministrando la città dopo aver rotto con la Casaleggio. Dunque se la sindaca decidesse di non dimettersi, dal Movimento potrebbe scattare il ritiro del simbolo. E Raggi andrebbe avanti in autonomia. Con quale maggioranza? Una parte di consiglieri e assessori potrebbero seguirla, specie in forza dei maldipancia dell'ala sinistra del Movimento che soffre Matteo Salvini e le sue entrate a gamba tesa nelle questioni romane. Ma da qui ad avere garantito l'appoggio di tutti e 24 in Consiglio ce ne passa. 

Fantapolitica? A deciderlo saranno i giudici con la sentenza del 10 novembre, che in qualche modo segnerà il futuro del governo di Roma. Certo in caso di condanna non potrà che portare un terremoto politico, e non solo a livello cittadino.   

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