"Chiusa un'altra moschea abusiva, l'11 novembre ancora una preghiera in piazza"
La denuncia del Cail e l'annuncio di un'altra protesta, stavolta in zona Battistini. "Va bene le promesse, ma nel frattempo non possono chiederci di fatto di non pregare"
Dalla periferia est al centro storico. E adesso a Roma nord. Nonostante le aperture delle istituzioni la protesta non si ferma. La comunità islamica della Capitale tornerà a pregare all'aperto venerdì 11 novembre. Perché le promesse di interventi a livello urbanistico per individuare luoghi (a norma di legge) dove rivolgersi a La Mecca ci sono state, ma parliamo di un percorso tutto da fare, non semplice e certo non attuabile in 24 ore. Il quadro attuale però necessità di una toppa d'emergenza: le forze dell'ordine continuano a chiudere i centri islamici trasformati in moschee abusive, e i fedeli a restare senza luoghi di preghiera.
Stavolta il rito del venerdì si terrà in zona Battistini. Il luogo esatto è ancora da definire e le autorizzazioni della Questura devono ancora arrivare, ma stavolta gli islamici della Capitale pregheranno Allah nei pressi del capolinea nord della metro A. Un luogo non a caso. "Ci è arrivata notizia della chiusura della moschea Attaqwa, al civico 6 di via Montenovesi, a Cornelia. Un altro sequestro che ci mette in estrema difficoltà. Abbiamo avviato un tavolo con l’Amministrazione, a livello comunale e municipale, e con la Prefettura. Ma è necessario che qualcuno si assuma la responsabilità di gestire il transitorio". A parlare spiegando le ragioni dell'ennesima protesta è Francesco Tieri, portavoce del Cail (Coordinamento Associazioni Islamiche del Lazio). "Non è possibile che nel frattempo, di fatto, ci venga chiesto di non pregare".
Poi ritorna sulla motivazione primaria che ha dato la spinta a settembre alle preghiere in piazza, dopo l'escalation di sigilli apposti ai centri di culto, moschee di fatto, tra Centocelle e Ponte di Nona. "Siamo noi musulmani a chiedere luoghi di culto visibili e riconosciuti. Non siamo mimetizzati per scelta, ma per necessità. Da decenni in Italia vengono chiusi gli occhi sulla nostra presenza ma siamo circa 2 milioni e mezzo, di cui 120 mila solo a Roma". E ancora: "Non esiste una norma per essere a norma. Sono le amministrazioni comunali a dover prevedere le aree dove possiamo realizzare i nostri luoghi di culto, anche riconvertendo edifici preesistenti. Ma ci deve essere esplicitamente indicato. Da decenni questo non viene fatto e si ignora la nostra presenza, calpestando così i nostri diritti". Cita a supporto una sentenza del Consiglio di Stato del 2010.
"I Comuni non possono sottrarsi dal dare ascolto alle eventuali richieste delle confessioni religiose che mirino a dare un contenuto sostanziale effettivo al diritto del libero esercizio garantito a livello costituzionale, non solo nel momento attuativo, ma anche nella precedente fase di pianificazione delle modalità di utilizzo del territorio". Anche se forse, almeno a parole, un primo impegno a Roma è stato preso.
IL TAVOLO - Nel giorno della preghiera al Colosseo del 21 ottobre, a palazzo Valentini si sono riuniti gli attori che possono contribuire a cambiare le cose: il prefetto, gli assessori al Sociale e all'Urbanistica, Laura Baldassarre e Paolo Berdini, e i rappresentanti della comunità islamica. "Verrà avviato un processo partecipato con tutte le parti in causa, un primo studio per capire a livello urbanistico come ci possiamo muovere" spiega Tieri del Cail. Mentre in V municipio, il territorio con la più alta densità di musulmani dove in poche settimana sono finiti sequestrati cinque spazi di preghiera, è stata firmata la concessione per l'utilizzo di una palestra scolastica. Tutti i venerdì dalle 12 alle 15 i fedeli potranno utilizzare il locale per il rito più importante della settimana. Anche questo un segnale. Che non resti isolato.