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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica Spinaceto / Via Angelo Sante Bastiani

Piano di zona Spinaceto, revoca ‘congelata’. E il Comune conferma gli affitti sulla base di una bozza di delibera

Non si fermano gli sfratti, posticipati solo di un mese

Poco più di un anno fa gli anziani residenti nel quartiere di edilizia agevolata di Osteria del Curato festeggiarono la notizia in diretta tv, con tanto di torte e bottiglie di vino da stappare: “Il Comune di Roma torna proprietario degli appartamenti” il titolo dato alla puntata de L’Aria che Tira su La7 il 23 ottobre del 2017. Come raccontato anche da Romatoday, di fronte al rischio di sfratto per 27 famiglie, l’assessorato all’Urbanistica di Luca Montuori aveva annunciato l’avvio della procedura di revoca della convenzione per la concessione del diritto di superficie. Solo gli anziani di via Antonio Capizzano finirono in tv, ma non erano i soli a essere coinvolti dall’annuncio. “Le famiglie nei piani di zona di Osteria del Curato, Spinaceto 2 e Pisana Vignaccia non saranno sfrattate” scriveva Montuori in una nota il giorno successivo al servizio. A distanza di un anno, però, nessuna di queste procedure è stata portata a termine e gli sfratti vanno avanti. Intanto il Comune, dopo aver richiesto una proroga per verificare gli importi, ha confermato i prezzi massimi di cessione sulla base dei quali sono state emesse le procedure. 

Gli sfratti

Il problema è più caldo per una decina di famiglie delle 60 che abitano nelle palazzine di via Angelo Sante Bastiani 18-20, il cosiddetto piano di zona ‘Spinaceto 2’. La richiesta di sospensione di 120 giorni avanzata al ministero dello Sviluppo economico alla fine di maggio dall’assessore Montuori è scaduta. La situazione preoccupa le istituzioni, tanto che mercoledì scorso, il 24 ottobre, a meno di 24 ore dall’ennesimo accesso dell’ufficiale giudiziario, l’assessore capitolino ha incontrato l’omologo regionale, Massimiliano Valeriani, per affrontare il caso ma senza alcuna soluzione concreta. Intanto gli sfratti sono stati rinviati al 22 e al 27 novembre. E un altro appuntamento era fissato per oggi 30 ottobre, anche questo rimandato di un mese. 

Truffati e sfrattati: la beffa del piano di zona Spinaceto

Le palazzine dove vivono queste famiglie sono state realizzate su terreni di proprietà comunale. La Regione ha versato quasi 4 milioni di euro alla società costruttrice, il Consorzio regionale cooperative edilizie Vesta, pari a circa il 60% del costo totale di realizzazione, metà in conto capitale e metà da restituire dopo 30 anni. Queste agevolazioni pubbliche sono state concesse proprio perché queste case sono destinate ad essere affittate a famiglie con redditi bassi e determinati requisiti. Il disciplinare allegato alla convenzione in base alla quale il Comune concede l’utilizzo del terreno, all’articolo 14 recita: “In caso di fallimento o di sottoposizione ad altra procedura concorsuale del concessionario l'Amministrazione potrà dichiarare la risoluzione di diritto [...] della concessione del diritto di superficie”. E il Consorzio è in liquidazione coatta dal marzo del 2015.

Il processo

Non solo. Le palazzine sono sotto sequestro preventivo dal novembre del 2012 e il prossimo 7 novembre si terrà l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio degli ex vertici del consorzio, chiamati a rispondere del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche insieme a quelli della Società cooperativa edilizia Atilia, titolare del piano di zona Pisana-Vignaccia. Secondo il pm Francesco Dall’Olio, dal prezzo finale indirizzato agli inquilini di Spinaceto 2 non erano stati sottratti i due milioni di finanziamenti regionali concessi a fondo perduto, finiti “con ingiusto vantaggio patrimoniale” nelle tasche degli ex componenti del consiglio di amministrazione della società. Inoltre, rileva il pm, avrebbero omesso “di presentare il pur previsto piano finanziario e le opere migliorative corredate del prescritto assenso dei fruitori finali, così consentendo “che venisse certificato e approvato” un prezzo maggiorato da Comune e Regione, che avevano l’obbligo di vigilare. Il tutto, si legge, "anche grazie a una reiterata serie di omissioni e violazioni di legge poste in essere dai pubblici ufficiali preposti”.

Il Comune rivede gli affitti

Il 30 ottobre del 2013, chiudendo un procedimento in autotutela, il Comune ha rivisto i prezzi massimi di cessione sottraendo dal calcolo finale il contributo regionale a fondo perduto. Specificando però che “il piano economico finanziario (presentato al Comune da Vesta nel 2012, ndr) è solo così formalmente denominato ma in realtà è inadatto ad assolvere la funzione che gli è propria, in quanto consta di un solo foglio che riporta in modo sintetico – e pertanto insufficiente – le voci di costo, l’ammontare del mutuo e del contributo regionale, senza evidenziare gli elementi temporali ed economici di sostenibilità dell’intervento”. Anche la documentazione presentata per dare conto delle migliorie apportate ai singoli alloggi è, per gli uffici capitolini, insufficiente in quanto “senza le lettere di richiesta e/o accettazione dei fruitori”. Per questi motivi gli inquilini hanno continuato a contestare gli importi indicati. Gli sfratti, però, sono andati avanti perché, al netto dell’importo superiore inizialmente versato, in base alle nuove tabelle approvate dall’amministrazione nel 2013 gli inquilini sono risultati comunque in debito.

Revoca 'congelata'

In questo quadro il Campidoglio ha deciso che la revoca della convenzione non è l’unica strada da sondare. Come spiegato a Romatoday dall’assessore Montuori, non si tratta di un passo indietro: “Le intenzioni dell'amministrazione, così come un anno fa, vanno nella direzione della tutela delle finalità sociali dei piani di zona” ha spiegato. “La convenzione prevede che il Comune possa rientrare in possesso dell’immobile ma, come previsto a livello legislativo, l’amministrazione deve farsi carico delle ipoteche e dei mutui che gravano sull'immobile”. Per l’assessore le questioni che si aprono sono tre. “Vista anche la presenza di indagini per truffa e distrazioni di fondi pubblici, il Comune si esporrebbe dovendo risarcire somme non certe, incappando quindi nel rischio di danno erariale. Inoltre la normativa nazionale che disciplina i piani di zona prevede l'equilibrio finanziario (cioè il Comune non deve impegnare fondi propri) che procedendo in questo modo verrebbe del tutto alterato”. Essendo diversi i piani di zona falliti, inoltre, il Campidoglio teme che “si possa costituire un precedente, esponendosi ad altri possibili ricorsi e conseguenti risarcimenti di ipoteche. Quindi l'amministrazione oltre alla decadenza sta valutando altre strade percorribili” ha concluso Montuori appellandosi a un coinvolgimento degli “enti sovraordinati”.

I nuovi calcoli del Comune

Questa altra strada percorribile è la verifica del cosiddetto “corrispettivo massimo di cessione degli alloggi”. Negli ultimi mesi il dipartimento Urbanistica ha proceduto a controllare il calcolo degli importi ristabiliti dal Campidoglio nel 2013 alla luce della mancata sottrazione dei fondi pubblici. L’esito di tale verifica è stato comunicato dalla direttrice del dipartimento Urbanistica, Cinzia Esposito, in una lettera del 22 ottobre 2018 indirizzata al commissario liquidatore del consorzio, Emanuele d’Innella, e segue “la nota con la quale si chiedeva un differimento delle procedure di sfratto nelle more dell’esperimento dell’attività di verifica del corrispettivo massimo di cessione” si legge nel documento di cui Romatoday è in possesso. Il calcolo finale riporta una “minima variazione” rispetto a quanto stabilito nel 2013, ovvero 8.893.785 euro, ed è pari a 8.878.196,74 che “aggiornato in base all’indice Istat (Esposito indica il riferimento al mese di settembre 2018, ndr)” risulta pari a circa un milione in più. Ad essere riconosciuto è anche il 10 per cento delle migliorie.

La bozza di delibera

Gli importi sono stati definiti nei minimi dettagli e confermano i valori sulla base dei quali vengono portati avanti gli sfratti ma i criteri utilizzati per verificare tali numeri, così come si apprende nella comunicazione, sono contenuti in una delibera elaborata dagli uffici del dipartimento che è ancora una bozza ed è “attualmente al vaglio del Segretariato generale di Roma Capitale”. Si legge nel documento: “La verifica in oggetto è stata effettuata sulla base delle modalità di applicazione dei criteri di cui alla bozza di proposta di deliberazione da sottoporre all’Assemblea capitolina recante ‘Interpretazione autentica dell’articolo 11 del Disciplinare generale’”, quello che regola la definizione dei prezzi massimi di cessione. La bozza di delibera, pur non essendo ancora stata approvata né dalla Giunta né dal Consiglio, come si legge, è stata inoltre allegata alla comunicazione indirizzata al commissario liquidatore.

"La normativa non va interpretata"

“La normativa è chiara e vincolante e non può essere interpretata se non dal legislatore” il commento dell’avvocato che difende gli inquilini, Vincenzo Perticaro. Il riferimento è soprattutto alla sentenza del Tar relativa al caso del piano di zona di Castelverde dove la società costruttrice ha presentato ricorso contro la procedura di revoca avviata dal Comune, perdendolo. “La decadenza e l’estinzione del diritto di superficie si configurano come effetto automatico” si legge nella sentenza. “La deliberazione impugnata è da considerarsi un atto dovuto e vincolato per l’amministrazione, non residuando alcun margine di discrezionalità in capo alla medesima”.

"Esposto contro lo stop alla revoca"

“Il Comune ha verificato il pagamento degli oneri concessori? La regolarità dei mutui erogati e delle fideiussioni che dovrebbero essere obbligatorie? Si stabilisce il prezzo massimo di cessione senza considerare che è ancora in corso un processo da cui si evince che non sono stati depositati i piani finanziari e la documentazione necessaria a giustificare gli aumenti per le migliorie. Interrompere la revoca e l’applicazione delle sanzioni previste dalla convenzione è il vero danno erariale. Presenterò un esposto alla Procura e alla Corte dei Conti così come richiestomi dagli stessi inquilini. In merito alla recente verifica dei prezzi massimi di cessione” conclude l’avvocato “rilevo che gli inquilini sono stati tenuti fuori dal procedimento amministrativo che si è attivato solo con la partecipazione del consorzio. Contesteremo questa procedura nelle sedi opportune”.  

Il commissario: "Vendiamo gli immobili"

“Le strade sono due” ha spiegato a Romatoday il commissario liquidatore, nonché amministratore giudiziario nominato dal Tribunale dopo il sequestro degli immobili, Emanuele D’Innella. “O il Comune rientra in possesso degli immobili e riconosce alla procedura il giusto indennizzo, oppure, Comune e Regione autorizzano la procedura a vendere gli immobili (necessaria in quanto il disciplinare "non consente alienazioni a nessun titolo" ma ammette eventuali deroghe "per gravi e comprovati motivi", ndr) ad un corrispettivo pari al prezzo massimo di cessione con diritto di prelazione agli attuali occupanti, purché in possesso dei requisiti di legge ed in regola con il pagamento dei canoni di locazione e dei relativi oneri accessori. Entrambe le soluzioni” continua D’Innella “permetterebbero alla procedura di incassare liquidità al fine di pagare i creditori concorsuali tra cui si annoverano, tra l’altro, lo stesso Comune di Roma e la Regione Lazio”.

"Gli sfratti non si fermano"

In quanto agli sfratti, continua il commissario, “non è possibile accettare il mancato pagamento da parte di un gruppo di inquilini. Il mancato recupero delle morosità crea un nocumento significativo agli interessi di tutti i creditori fallimentari oltre che impedisce alla procedura di reperire la liquidità necessaria ad eseguire gli interventi essenziali per la conservazione del valore del patrimonio immobiliare e per garantire la sicurezza degli attuali occupanti. La procedura presenta oggi crediti verso i conduttori per circa 650 mila euro di cui 325 mila euro nei confronti dei 13 conduttori sotto sfratto (di cui 5 già eseguiti). Per quanti hanno problemi economici stiamo facendo in modo di evitare lo sfratto, proponendo pagamenti dilazionati, anche con un numero molto alto di rate. Ma chi è nelle condizioni economiche deve pagare. Tra l’altro il Comune ha di recente rivisto i conteggi e ha confermato i prezzi massimi di cessione stabiliti nel 2013”.

"Come sono state calcolate le migliorie?"

“Secondo quanto appreso come sindacato, nel nuovo conteggio viene confermato anche il calcolo delle migliorie da noi contestato in quanto i documenti necessari a comprovarle, così come i piani finanziari, sono stati presentati successivamente” commenta Angelo Fascetti, sindacalista di Asia Usb. “Così facendo si prende in considerazione solo ciò che sostiene il curatore fallimentare e non si dà peso invece alla funzione sociale di questo patrimonio. Ribadiamo la l’istanza avanzata a Regione e Ministero di autorizzare la sottrazione dal prezzo finale anche dei circa due milioni di euro che dovrebbero essere restituiti alla Regione tra 30 anni. Chi restituirà questi importi tra 30 anni se non gli inquilini che li stanno già pagando? Continueremo a chiedere l’applicazione delle sanzioni e della revoca prevista dalla normativa”.

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