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Stadio, ex Mercati generali ed un albergo: la "congiunzione astrale" smaschera il sistema De Vito

L'inchiesta che ha portato all'arresto del presidente dell'Assemblea Capitolina e all'avvocato Mezzacapo

Corruzione sullo stadio dell'As Roma, traffico di influenze sul Progetto di riqualificazione degli ex Mercati generali di Roma Ostiense e per la costruzione di un albergo presso la ex stazione ferroviaria di Roma Trastevere. Sono questi i tre filoni che hanno portato all'arresto del presidente dell'Assemblea Capitolina Marcello De Vito, associato nel carcere di Regina Coeli assieme all'avvocato Camillo Mezzacapo. Oltre a loro altre due persone, a cui gli investigatori hanno notificato un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari (Fortunato Pititto e Gianluca Bardelli). 

Perchè è stato arrestato Marcello De Vito

Sono questi i tre aspetti che hanno portato all'arresto dell'ex candidato Sindaco del M5s nel 2013. Un vero e proprio 'sistema' scardinato dopo gli arresti dello scorso anno sempre relativi alla vicenda del nuovo stadio dell'As Roma. In particolare il presidente dell'Assemblea Capitolina è finito in manette nell'ambito dell'indagine denominata 'Congiunzione astrale', coordinata dalla Procura della Repubblica capitolina ed eseguita e conclusa dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma.

I quattro arrestati sono accusati, in concorso tra loro, di corruzione e di traffico di influenze illecite, nell'ambito delle procedure connesse con la realizzazione del nuovo Stadio della Roma, la costruzione di un albergo presso la ex stazione ferroviaria di Roma Trastevere e la riqualificazione dell'area degli ex Mercati generali di Roma Ostiense.

Gli indagati nell'inchiesta che ha portato all'arresto di De Vito 

Risultano inoltre indagati gli imprenditori Pierluigi Toti, presidente e vicepresidente della holding di famiglia, e Claudio Toti, attuale presidente della squadra di basket Virtus Roma. I due in particolare sono coinvolti nel capitolo di indagine che riguarda l'appalto per ex mercati generali di Roma, nella zona Ostiense. Nel registro degli indagati anche l'amministratore Lux Holding, Giuseppe Statuto. De Vito e Mezzacapo si sarebbero fatti promettere oltre 110mila euro dagli imprenditori Claudio e Pierluigi Toti e ne avevano incassati già 48mila in cambio dell'interessamento per un progetto di riqualificazione degli ex mercati generali di Ostiense.

I capi d'imputazione che hanno portato all'arresto di De Vito 

Ma cosa ha portato all'arresto di De Vito e Mezzacapo? Lo scrive il Gip di Roma Maria Paola Tomaselli nell'ordinanza di custodia. Secondo il magistrato sussistono, per tutti gli indagati  "sia il pericolo di inquinamento probatorio che il pericolo di recidivanza". Il Giudice per le Indagini Preliminari parla infatti di "sistematico mercimonio della funzione pubblica da parte di Marcello De Vito".

L'ordinanza di custodia cautelare in carcere 

Come si evince dalle 260 pagine di ordinanza che stanno facendo tremare la Capitale Marcello De Vito "costituisce l'interlocutore privilegiato, per il tramite dell'avvocato Camillo Mezzacapo, di numerosi imprenditori interessati a ottenere provvedimenti favorevoli dall'amministrazione locale come emerge dalla oggettiva circostanza che in un intervallo temporale certamente modesto che va dal marzo 2017 fino al febbraio 2019 risulta che egli abbia posto in essere una serie di illecite condotte, spesso, peraltro, sviluppatesi nel medesimo periodo, risoltesi in interventi diretti o di condizionamento dell'attività amministrativa del Comune, rivolte a favorire diversi soggetti privati". 

Il potere d'influenza 

Inoltre, scrive ancora il Gip che spiega come in capo all'altro arrestato, Camillo Mezzacapo, ci sarebbe una "attività di promozione" di De Vito, di cui "Mezzacapo rappresenta ai clienti effettivi e potenziali il potere di influenza". Secondo quanto scrive il gip, Mezzacapo "ricopre il ruolo oltre che di intermediario di vero e proprio 'procuratore' del politico".

Lo stadio dell'As Roma

Ma andiamo per ordine. Per quanto riguarda l'accusa di corruzione contestata a De Vito, "il presidente del Consiglio Comunale ha assecondato interessi del gruppo costruttore". In altre parole "Luca Parnasi, al fine di acquisire il favore di Marcello De Vito, che guidava, in qualità di presidente del Consiglio Comunale di Roma Capitale, i lavori dell'Assemblea capitolina riguardanti il progetto per la realizzazione del nuovo stadio della Roma, si è determinato, in adesione ad una specifica richiesta di De Vito, a promettere e poi ad affidare diverse remunerative consulenze all'avvocato Mezzacapo il quale ha operato quale espressione dello stesso De Vito"

De Vito ed il Gruppo Parnasi 

Secondo il gip Maria Paola Tomaselli, De Vito "ha messo a disposizione la sua pubblica funzione di presidente del Consiglio comunale di Roma Capitale per assecondare, violando i principi di imparzialità e correttezza cui deve uniformarsi l'azione amministrativa, interessi di natura privatistica facenti capo al gruppo Parnasi nei due settori di seguito indicati: il progetto relativo alla realizzazione del nuovo stadio della Roma (effettivamente De Vito ha presieduto la seduta del 14 giugno 2017, nel corso della quale è stata approvata la delibera che ha confermato la dichiarazione di pubblico interesse e di adeguamento del Prg per il nuovo stadio della Roma, esprimendo tra l'altro voto favorevole alla stessa delibera); e l'intervento urbanistico da eseguirsi presso i terreni ove è allocata la ex Fiera di Roma e in tal senso la funzione di De Vito assume rilevanza in relazione alla necessità dichiarata dallo stesso Parnasi alla presenza di De Vito e di Mezzacapo di superare la cosiddetta 'delibera Berdini' (ex assessore all'Urbanistica del Campidoglio, ndr) che aveva determinato una limitazione delle cubature realizzabili con conseguente compromissione del progetto globale da realizzare". 

Nello stesso medesimo contesto "De Vito - si legge ancora nell'ordinanza - assicura che provvederà a parlare dell'operazione con il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale Paolo Ferrara, così da avere dalla loro parte la maggioranza consiliare e con l'assessore Daniele Frongia". 

Gli ex Mercati Generali di via Ostiense 

Nasce invece con l'accusa di traffico di influenza, poi tramutata in corruzione, il secondo filone, quello relativo agli ex Mercati Generali della via Ostiense. In questo ambito, l'avvocato Camillo Mezzacapo e il presidente dell'Assemblea capitolina avrebbero ricevuto soldi dai fratelli Pierluigi e Claudio Toti "a titolo di prezzo della mediazione illecita, finalizzata ad ottenere una interlocuzione diretta con il pubblico ufficiale nell'ambito del progetto immobiliare" degli ex Mercati generali di Roma". Scrive ancora il gip.

I fratelli Pierluigi e Claudio Toti 

Nello specifico del progetto degli ex Mercati Generali,  "l'avvocato Camillo Mezzacapo e il presidente dell'Assemblea capitolina Marcello De Vito, sfruttando le relazioni di quest'ultimo con soggetti chiamati ad intervenire nell'iter amministrativo relativo all'approvazione del Progetto di riqualificazione degli ex Mercati generali di Roma Ostiense di interesse della Lamaro Appalti, società dello stesso Toti - si legge ancora nell'ordinanza - si facevano indebitamente promettere e quindi dare dai due fratelli imprenditori, Pierluigi e Claudio Toti, a titolo di prezzo della mediazione illecita, finalizzata ad ottenere una interlocuzione diretta con il pubblico ufficiale nell'ambito del progetto immobiliare suindicato la somma di denaro di euro 110.620 euro, corrisposta sotto forma di corrispettivo di incarico professionale conferito dalla società Silvano Toti Holding spa allo studio legale di Camillo Mezzacapo e da quest'ultimo trasferito per l'importo complessivo di 48mila euro su conto intestato alla societa' Mdl srl di fatto riconducibile all'avvocato e De Vito".

La "cassaforte" di De Vito e Mezzacapo

Proprio questa società è ritenuta dagli inquirenti il "salvadanaio" o anche la "cassaforte" di De Vito e Mezzacapo. "Adesso hai un anno si legge in una intercettazione ambientale in cui Mezzacapo parla con un commerciante d'auto e gli riferisce del dialogo avuto con De Vito -  se adesso non facciamo un cazzo in un anno però allora voglio dire mettiamoci il cappelletto da pesca, io conosco un paio di fiumetti qua ci mettiamo là,  ci mettiamo tranquilli con una sigarettella un sigarozzo là, con la canna e ci raccontiamo le storie e ci facciamo un prepensionamento dignitoso".

Albergo all'ex stazione ferroviaria di Trastevere 

Terzo e ultimo filone riguarda infine il progetto di riqualificazione di piazzale Ippolito Nievo. In questo ambito si evince che De Vito, e Mezzacapo avrebbero ricevuto soldi, sotto forma di consulenza da 24mila euro, dall'immobiliarista Giuseppe Statuto, per la costruzione di un albergo presso la ex stazione ferroviaria di Roma Trastevere.

Il Gruppo Statuto e piazza Ippolito Nievo 

In particolare, il Gip Maria Paola Tomaselli nel capo di imputazione per traffico di influenze relativo all'inchiesta della Procura di Roma collegata al progetto dello stadio della Roma. "In concorso tra loro Camillo Mezzacapo e Marcello De Vito, sfruttando le relazioni di quest'ultimo con soggetti chiamati ad intervenire nell'iter amministrativo per il rilascio del permesso di costruire con cambio di destinazione d'uso ed ampliamento di un edificio sito in viale Trastevere piazza Ippolito Nievo, nell'area dell'ex stazione Trastevere di interesse della Ippolito Nievo srl, società del gruppo Statuto, si facevano indebitamente promettere e quindi dare da Giuseppe Statuto, a titolo di prezzo della mediazione illecita finalizzata ad ottenere un'interlocuzione diretta con il pubblico ufficiale nell'ambito del progetto immobiliare suindicato, la somma di denaro di euro 24.582mila euro - si legge - corrisposta sotto forma di corrispettivo di incarico professionale conferito allo studio legale di Camillo Mezzacapo e da quest'ultimo trasferito per l'importo complessivo di 16.640 euro su un conto intestato alla societa' Mdl srl di fatto riconducibile a Mezzacapo e De Vito".

L'intercettazione ambientale nello studio di Mezzacapo

Una indagine che ha trovato riscontro nei capi d'imputazione attraverso intercettazioni ambientali, le dichiarazioni in sede di interrogatorio di Luca Parnasi, e poi rafforzato dall'acquisizione delle conversazioni WhatsApp fra gli indagati e, soprattutto nel tracciare i flussi finanziari. A rendere bene l'idea una intercettazione ambientale dello scorso 4 febbraio, fatta nello studio di Mezzacapo dove si trovavano insieme l'avvocato e De Vito. "Ci rimangono due anni...", dice Mezzacapo al presidente dell'Assemblea Capitolina in una delle intercettazioni cruciali richiamata più volte nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto del presidente dell'Assemblea capitolina. "Noi... Marce' - dice Mezzacapo a De Vito dopo aver fatto riferimento alla 'congiunzione astrale' verificatasi grazie alla presenza del M5s al governo nazionale e di Roma - dobbiamo sfruttarla sta cosa secondo me, cioè guarda...(...) Ci rimangono due anni... ci rimangono due anni".

A Roma avresti vinto pure con il Gabibbo 

"A Roma avresti vinto pure con il Gabibbo", le parole di De Vito all'avvocato nell'oramai famoso incontro nello studio dello scorso 4 febbraio. Quindi Mezzacapo, rivolgendosi a De Vito, gli dice: "Tieni presente questa cosa... la congiunzione astrale che si è  verificata adesso... non credo si ripianificherà cioè, difficilmente si riverifica una congiunzione astrale dove oggi stai al Governo".

La costruzione del nuovo stadio della Roma 

Poi l'avvocato prosegue: "Ormai è un dato acclarato, mi dico... tu stai al governo di Roma e tu stai al governo del Paese con la quota di maggioranza...no?", De Vito risponde "Si'" e Mezzacapo aggiunge: "Hai visto Di Maio che ha rotto il cazzo, non forzare che poi occhio".

Come già avvenuto nel caso degli arresti del 13 giugno 2018, l'operazione scattata oggi a Roma che ha coinvolto il presidente dell'Assemblea Capitolina Marcello De Vito non mette a rischio la realizzazione dello Stadio e l'As Roma non c'entra nulla nell'inchiesta. E' quanto si apprende da fonti della Procura di Roma. Gli inquirenti ritengono che De Vito non abbia tutelato l'interesse pubblico in modo imparziale perché era a libro paga del costruttore Parnasi. 

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