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Migranti: "A Roma l'accoglienza ha fallito, 786 rifugiati abbandonati in strada"

E' il numero di posti non assegnati dai bandi di Roma Capitale per l'allestimento di centri SPRAR. L'attacco alla giunta Raggi nel dossier denuncia di In Migrazione

"Dal primo luglio mancano 786 posti per richiedenti asilo e rifugiati nel sistema di accoglienza SPRAR di Roma Capitale". E' la denuncia di In Migrazione, coop impegnata nell’accoglienza e nel supporto agli adulti stranieri. "Per la prima volta dopo anni l’Ufficio Immigrazione di Roma Capitale non riesce a soddisfare le legittime richieste di accoglienza, con liste di attesa che tornano a diventare infinite. Così le persone sopravvivono nelle strade, nelle piazze e nei parchi"

Un lungo dossier, con numeri e percentuali, per raccontare la storia di un fallimento. Roma Capitale si è proposta e ha ottenuto, come nel triennio precedente, 2.774 posti d’accoglienza del sistema SPRAR, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito dal ministero dell'Interno. Il numero, fa notare In Migrazione, "è estremamente esiguo: in proporzione alla popolazione residente nella Capitale si tratta dello 0,1%, ovvero di una persona accolta ogni 1.000 abitanti". Di questi la giunta Raggi è riuscita ad affidarne tramite procedura pubblica solo 1.988. Ne mancano all’appello 786, "quasi il 30% in meno". 

"786 rifugiati abbondanti in strada"

Eppure, si legge nel rapporto, "sono centri finanziati dal Ministero dell’Interno per oltre 84 milioni di euro che non gravano in nessun modo sulle casse comunali. Roma Capitale ha infatti deciso di scaricare sui gestori dei centri anche il 5% di quota di cofinanziamento richiesta, invece che farsene carico. Quasi 800 posti in meno che destabilizzano il sistema di accoglienza cittadino e che si traducono in 786 richiedenti asilo e rifugiati che hanno diritto a servizi che invece non ricevono". Persone abbandonate a loro stesse, che aspettando che si liberi un posto, finiscono per strada. E' quanto emerge dalla determinazione dirigenziale di Roma Capitale sull’Aggiudicazione della Procedura aperta per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata in favore di adulti e famiglie in centri SPRAR – Annualità 2017/2019 (n. protocollo QE/52901/2017).

"Una situazione gravissima che è sotto gli occhi di tutti – spiega Marco Omizzolo, responsabile scientifico di In Migrazione - basta girare per la città per vedere richiedenti asilo e rifugiati sopravvivere in giacigli di fortuna, dormire nei parchi e nelle strade in una situazione di totale abbandono e degrado. Così il Comune contribuisce a determinare una nuova emergenza sociale, il cui prezzo non lo pagano soltanto i profughi, ma tutta la città. Una situazione che incide negativamente anche sul turismo, sul decoro e sulla vita quotidiana dei cittadini – continua Omizzolo – se non verrà gestita tempestivamente e con professionalità si potrebbero presentare rischi gravi per la sicurezza e l’ordine pubblico". E a un mese dall’esito della procedura pubblica, tutto tace. Roma Capitale non ha ancora pubblicato un nuovo bando o una manifestazione di interesse per recuperare i 786 posti d’accoglienza persi. 

Perché i posti non vengono assegnati

La ragione dei bandi che vanno deserti e delle realtà sociali che non rispondono agli avvisi pubblici? Stando all'analisi effettuata da In Migrazione, ci sarebbero delle forti criticità nella struttura dei capitolati di gara, che tradirebbero una strategia volta "a incentivare le cooperative più forti e i centri di accoglienza di grandi dimensioni". "In Italia i progetti dello SPRAR, eccellenza italiana nell’accoglienza dedicata ai migranti forzati, si caratterizzano come centri di dimensioni medio-piccole, per contribuire a costruire e a rafforzare una cultura dell’accoglienza presso le comunità cittadine - si legge nel dossier - Roma Capitale ha invece scelto un’altra strada, con inevitabili conseguenze sulla qualità dell’accoglienza e sull’impatto con la comunità ospitante". 

Gli incentivi alle grandi strutture

Tre le principali criticità individuate: la prima riguarda il numero di personale richiesto. "La dotazione minima da impiegare nella relazione d’aiuto con gli ospiti non è proporzionata al numero di utenti accolti. La dotazione minima delle figure specialistiche (centrali nella gestione di un centro di accoglienza di qualità), quali l’assistente sociale, lo psicologo, l’operatore legale e l’educatore professionale, non sono collegati al numero di ospiti. In altre parole per gestire un centro di 10 o 100 ospiti il bando chiede la stessa dotazione minima di personale specialistico. Diventa conveniente quindi puntare sui grandi numeri piuttosto che sui piccoli centri. Da notare che nella dotazione minima del gruppo di lavoro da impiegare non è prevista la figura del mediatore culturale"

Seconda questione: il finanziamento espresso in pro-die pro-capite (33,25 Euro a persona accolta al giorno) che non è variabile in proporzione alle dimensioni del progetto d’accoglienza. "Sebbene sia evidente che l’aumento delle dimensioni abbatta i costi di gestione, Roma Capitale non ha avuto il coraggio di proporre un pro-die pro-capite più alto per i centri piccoli (che faticano a coprire i costi di gestione) e più basso per i centri grandi (che compensano con le economie di scala). Un fattore non indifferente che rende conveniente puntare sui grandi numeri".

Terzo fattore: il numero massimo di ospiti per centro di accoglienza è stato fissato in 120, un vero e proprio invito per proporsi con grandi strutture. "Di fronte a queste criticità – spiega Simone Andreotti, Presidente di In Migrazione - a poco serve l’assegnazione, per l’accoglienza diffusa e per strutture di piccole dimensioni, di 10 su 100 nella valutazione del punteggio tecnico dei progetti proposti. Una misura poco influente nella graduatoria finale e, soprattutto, un approccio di incentivo alla qualità non efficace: in bandi dove l’offerta di posti di chi partecipa è inferiore alla domanda del committente – conclude Andreotti - prendere il massimo dei punti non influisce sull’aggiudicazione del servizio"

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