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Sorveglianza speciale per gli attivisti dei movimenti: "Così sperano di silenziarci"

Dopo la sentenza di sorveglianza speciale emessa a carico di due attivisti, abbiamo intervistato "i movimenti" per il diritto all'abitare di Roma: "Viviamo in un Paese dove chi scende in strada contro gli ultimi è un cittadino che merita rispetto e ascolto; chi difende i diritti degli ultimi, invece, è un considerato socialmente pericoloso"

La sentenza con la quale si è deciso di applicare la sorveglianza speciale a due attivisti dei movimenti per il diritto all'abitare di Roma, che segue l'impronta calcata già per il "mondo ultras" prima e i No Tav poi, ha il rumore ottuso di un silenziatore alle voci di dissenso che, soprattutto in tempi di crisi, si alzano dai territori. Questa la lettura che i movimenti hanno dato alla sentenza contro due dei loro attivisti più impegnati. Ed è proprio con il movimento, che dalla Questura è stato ribattezzato "cartello", di Abitare contro la crisi che abbiamo provato a fare il punto della situazione: diverse voci, diverse teste, diverse idee e, di conseguenza, diverse letture della realtà che abbiamo, inevitabilmente in maniera approssimativa, provato a semplificare. Ne è uscita fuori questa intervista corale.

Partiamo dalla fine: come siamo arrivati al punto di rendere necessaria l'applicazione di un regime di sorveglianza speciale a carico di due attivisti dei movimenti?

E' un accanimento nei confronti di chi ti guarda negli occhi: è come se ci accusassero di lesa maestà. L'Autorità giudiziaria non è il presidente della Repubblica o del Consiglio, ma in questo momento di crisi si sta ergendo in Italia come l'unica realtà in grado di governarla. Il disagio sociale è davanti a tutti: la politica ha fatto negli ultimi anni tantissimi passi indietro rispetto alla sua funzione di mediazione in un momento di crisi in cui solo una parte della società riesce a sostenersi in maniera dignitosa. C'è una grande fetta di popolazione che non vota e che non è più interessata nemmeno alle dinamiche clientelari: siamo nel pieno della sfiducia nei confronti della promessa fatta dalla politica. Così l'Autorità giudiziaria si è assunta il compito di ergersi a baluardo dei "valori" da difendere, come quella parte di società che a Gorino fa le barricate contro i migranti o che invoca il diritto proprietario al momento di uno sfratto, o che pretende di continuare a costruire case che resteranno vuote. Noi abbiamo messo le mani in questa palude e abbiamo iniziato la lotta del "reddito contro la rendita". Ci siamo ripresi un pezzo di reddito con le occupazioni sfidando culturalmente la società. In assenza di una soluzione politica abbiamo provato a garantire e garantirci quello che dovrebbe essere un diritto, quello all'abitare. 

L'accusa che vi viene mossa è di essere un "pericolo per la società". Come vi sentite in questo ruolo?

Se in un Paese non c'è più opposizione, una qualsiasi forza che si aggreghi intorno al disagio e al dissenso è vista come un pericolo. Il timore è che questo disagio sociale possa aggregarsi intorno a qualcosa di conflittuale. Così, e la repressione a carico del movimento No Tav ne è una prova, si è deciso di colpire uno stile di vita "antagonista" facendolo passare come "illegale", come un pericolo per quella parte di società che vota, che partecipa alla vita politica del Paese, che non ha il problema di mettere insieme il pranzo con la cena. L'unica concessione fatta, è consentire che questo disagio possa esprimersi con il voto al Movimento 5 stelle. La sorveglianza speciale è una misura che, in questo caso, la Questura di Roma ha deciso di mettere in campo per evitare che si sperimenti un modello di società alternativo, come avviene con l'occupazione delle case. 

In pratica, la vostra lettura è che la sentenza emessa a carico dei due attivisti dei movimenti per il diritto all'abitare non sia collegata, di fondo, alla commissione di un reato, bensì sia un giudizio al "ruolo sociale" che rivestono?

La sorveglianza sociale, in casi come questi, è lo strumento scelto per limitare il dissenso: temono che le questioni sociali possano trasformarsi in un problema politico, così le bollano come un problema di ordine pubblico. Per questo temiamo che sia iniziata una vera e propria resa dei conti nei confronti dei movimento: staremo a vedere come queste misure chieste dalla Questura si ripercuoteranno su di noi e che tipo di livello di controllo produrranno. 

LA NOTIZIA - 'Sorveglianza speciale' per Di Vetta e Fagiano

Siamo passati dal daspo di stadio a quello di piazza. Quindi, secondo voi, stiamo entrando nell'era del "daspo sociale"?

Dal 26 ottobre siamo ufficialmente dei "soggetti pericolosi socialmente". Eppure mentre notificavano i due decreti, a Gorino la popolazione ha fatto le barricate contro i migranti: è la fotografia di questo Paese. Chi scende in strada contro gli ultimi, è un cittadino che merita rispetto e ascolto; chi difende i diritti degli ultimi, invece, è un considerato socialmente pericoloso. Se sono arrivati a spingersi a tanto, significa che i movimenti per il diritto all'abitare hanno prodotto gli strappi giusti. 

Continuerete, quindi, a occupare case e a manifestare sotto i palazzi del governo?

Continueremo a portare in piazza la possibilità di un'altra porta da cui uscire dalla crisi: quella di far pagare un prezzo alla rendita. E abbiamo già colpito nel segno: il potere legislativo si è attivato con il famoso articolo 5 del Piano Casa (che vieta a chi occupa abusivamente un immobile la possibilità di richiedere "la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo", ndr), la magistratura con gli arresti. Ora l'ultimo gradino, quello della sorveglianza non a carico di due persone, ma in realtà di interi movimenti. Le bandiere "stop sfratti" e "No Tav" da tempo sventolano insieme nelle stesse manifestazioni, e questo per chi governa è un problema perché si sono trovati a dover fronteggiare chi, nel concreto, rifiuta cooptazioni e non arretra, non fa un passo indietro rispetto alle loro rivendicazioni. E non ne farà.

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