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Aree ex abusive, consorzi in rivolta contro Raggi. Con loro Lozzi (M5s): "Comune in ritardo"

La presidente del VII municipio parteciperà all'assemblea unitaria indetta dai consorzi per il 5 novembre

Opere ferme, soldi congelati. I consorzi per l’autorecupero degli ex quartieri abusivi della Capitale, ormai da vent’anni riconosciuti dagli strumenti urbanistici vigenti, i cosiddetti toponimi, sono in rivolta contro l’amministrazione guidata da Virginia Raggi. E se da mesi manifestano pubblicamente il malcontento verso lo stallo degli iter per la realizzazione delle opere di urbanizzazione che ancora mancano a questi quartieri cresciuti senza progetto, il 5 novembre prossimo sarà la volta di un’assemblea unitaria. Da sempre bacino di consensi e attenzioni da parte della politica romana, all’appello lanciato al mondo della politica hanno risposto quasi tutte le forze politiche di opposizione, dal Pd a Forza Italia. Ma non solo. All’assemblea sarà presente anche la presidente del VII municipio Monica Lozzi. Romatoday l’ha intervistata per capire le motivazioni della sua presenza.

L’assemblea del 5 novembre ha una forte connotazione di protesta nei confronti dell’amministrazione a Cinque Stelle. Lei sarà presente insieme a una serie di esponenti delle opposizioni. È d’accordo con le richieste avanzate dai consorzi?

Si tratta di una materia che seguo da tempo. Ho lavorato al lungo con i cinque consorzi presenti sul territorio del VII municipio. Nei mesi scorsi mi sono mossa anche con le istituzioni a livello centrale nel tentativo di portare a termine alcune progettazioni. L’assessorato sta predisponendo ormai da mesi due delibere finalizzate a mandare avanti la situazione ma l’iter si è arenato spesso, tra il Segretariato e la Ragioneria. Sono abituata a metterci la faccia. Per me è giusto andarci.

Quale lavoro ha portato avanti a livello municipale?

Come VII municipio abbiamo stilato un protocollo di intesa con i consorzi finalizzato alla presa in carico di una serie di opere già approvate che erano rimaste nel limbo e alle quali mancavano solo i collaudi. Nei limiti delle nostre competenze siamo riusciti a sbloccare una serie di acquisizioni al patrimonio capitolino. Nelle more della modifiche alla delibera 53 (il provvedimento del 2009 che regola le procedure per la realizzazione delle opere nelle aree di recupero, ndr) mi sarei auspicata lo sblocco dei progetti già arrivati in conferenza dei servizi così da riuscire a portare nuove opere in questi quartieri. L’amministrazione comunale dovrebbe darsi una mossa.

Il dipartimento Urbanistica ha elaborato due delibere che puntano a modificare il ruolo e le modalità di intervento dei consorzi. Sono state annunciate da tempo e nelle prossime settimane la giunta dovrebbe approvarle. Lei è d’accordo con quelle modifiche?

Non sono d’accordo su tutto. Bisognava decidere se mantenere lo strumento dei consorzi oppure cambiare e si è optato per una via di mezzo: i consorzi restano ma si devono trasformare. Non so precisamente se secondo il codice degli appalti lo strumento dei consorzi è idoneo o meno per arrivare alla realizzazione delle opere necessarie a questi quartieri ma quello che so è che non è possibile metterci tre anni per deciderlo. Questa operazione andava conclusa in tre mesi. Si è traccheggiato perché non si sapeva che direzione prendere. Si è trattato di una mancanza un po’ decisionale un po’ di visione politica. Almeno le opere già approdate in conferenza dei servizi al 31 dicembre del 2018 sarebbero dovute andare in convenzione con la vecchia maniera, magari adeguando l’iter in base al nuovo codice degli appalti. Si sarebbe potuto sbloccare qualche opera. 
 

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