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Giovedì, 25 Aprile 2024
Elezioni Roma 2016

Raggi, pienone a Ostia per il rush finale: "Siamo tantissimi, stiamo arrivando"

Nel comizio finale in piazza dei Ravennati la candidata arringa la folla, ripropone i suoi cavalli di battaglia, dal taglio agli sprechi al no alle Olimpiadi. E annuncia i primi quattro nomi della giunta

Altro che no ai giochi olimpici, l'ultimo appello a 48 ore dal ballottaggio è un elenco di sì. Sì al taglio agli sprechi, alle aree verdi curate, ai finanziamenti a scuola e sociale, al risanamento delle partecipate, sì a una città vivibile: "E sarei io quella che dice no?". Dal palco allestito in piazza dei Ravennati, a pochi metri dal pontile di Ostia lido, Virginia Raggi chiude la campagna elettorale con un maxi riassunto dei tormentoni che hanno scandito settimane di comizi, incontri, confronti, dichiarazioni stampa. E fa quattro nomi della sua futura, eventuale, squadra di governo, dall'urbanista Berdini al rugbysta Lo Cicero. Non tutti, perché "mi hanno chiesto riservatezza". 

Incita la folla agguerrita - "stiamo arrivando, siamo tanti, non abbiamo paura del loro fango" - sempre rimarcando l'abisso "fra noi e loro". Loro, i nemici del Partito Democratico, quelli "che hanno votato la legge Fornero e il Salva banche", quelli che "firmano provvedimenti per obbedienza al partito" e non per i cittadini. Le bordate all'avversario, che in parallelo chiude la campagna a chilometri di distanza, dal Ponte della Musica, sono continue: cosa (non) hanno fatto loro, cosa faremo noi.  

Aziende partecipate. "Giachetti vuole privatizzare Atac, lo nega ma poi lo troviamo scritto sul suo sito. Un'altra menzogna. Per noi le società pubbliche devono restare pubbliche, procedendo con un necessario risanamento". Perché loro "hanno ridotto Atac in condizioni pietose, tra consulenze e appalti esterni". Idem con Ama. "L'hanno usata come un bancomat, ve la ricordate Parentopoli?". E allontana anche qui lo spauracchio dei privati. "Deve diventare proprietaria dell'intera filiera, dobbiamo chiudere il ciclo dei rifiuti, ora se ne accorgono anche loro, ma prima dov'erano?". Sempre loro "dicono di aver chiuso Malagrotta, peccato che le strade sono piene di immondizia perché si sono dimenticati un piano rifiuti alternativo". 

Poi il debito - "per due anni e mezzo abbiamo chiesto l'accesso agli atti. Nessuno prima di noi ne ha parlato" - e il "tesoretto da un miliardo di sprechi e mancati incassi", da recuperare per finanziare politiche sociali e scuola. "Basterebbe cominciare da quelli - tuona dal palco come un fiume in piena - per riportare fondi in tutte quelle realtà che dovrebbero fornire ed erogare servizi". Loro, i nemici del Partito Democratico, "non lo faranno mai, hanno troppi bacini di voti da tenere buoni".

Servizi, trasporti, sociale, rifiuti, scuola. Sono queste le priorità per l'avvocata pentastellata. E le Olimpiadi? Lo ribadisce, se ce ne fosse bisogno. "Sappiamo cosa hanno comportato le olimpiadi nelle città che le hanno ospitate: una marea di debiti. Io dico no alle cose inutili". Poi la stoccata a chi sui giochi olimpici ha puntato gran parte della corsa al ballottaggio: "Non so Giachetti dove abbia fatto campagna elettorale, dice che i romani le vogliono. Voi le volete?". Un coro di fischi si leva dalla platea.  

"Abbiamo fatto tanta fatica per arrivare qui, nonostante una continua campagna diffamatoria contro di noi, lo so che siete stanchi, ma vi chiedo un ultimo sforzo, parlate con gli incerti e chiedetegli: vi piace com'è Roma? Se la risposta è no siamo noi l'unica via". E' il momento dell'appello finale. E a dare manforte salgono sul palco anche i parlamentari. 

"Se veramente siete arrabbiati, domenica andate a votare". Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera del M5S, arringa la folla al grido di "puniamoli con il vostro voto", lancia un foglio dal palco con la lista dei "misfatti" del Pd a livello nazionale e conclude: "Non andare a votare o votare per loro è come votare per quello che ho appena buttato giù a terra". Alessandro Di Battista rincara la dose. "Noi siamo l'unica alternativa a questo governo di lobbisti. È triste vedere che mentre noi parliamo dei problemi dei romani, il Partito democratico di Berlinguer si è scordato delle periferie, sostituendo questa parola nel proprio vocabolario con la parola Caltagirone".

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