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Elezioni Comunali 2013

Comunali, in attesa dei risultati c'è già un vincitore: l'astensionismo

Il dato sull'affluenza delle 22 di domenica sera segna un crollo rispetto alle precedenti elezioni del 2008 del 20 per cento

Meno 19,5 per cento di affluenza rispetto alle precedenti comunali. Al termine della prima giornata di voto, nella Capitale il partito vincente sembra essere quello dell'astensionismo. Solo il 37,69 per cento dei romani è andato a votare. Poco meno di 900 mila persone sugli oltre due milioni di aventi diritto si sono confrontati con la scheda elettorale-lenzuolo che ha prospettato loro una rosa di ben 19 candidati per un totale di 40 liste. Il crollo dell'affluenza è un dato nazionale, il dato complessivo di ieri in Italia è stato del 44,66 per cento, 15,34 punti sotto la precedente tornata elettorale. Ma a Roma questo dato preoccupa i partiti che vedono l'elezione capitolina come un banco di prova.

L'unica 'attenuante' rispetto alle precedenti comunali del 2008 che potrebbe sgonfiare leggermente il peso del crollo dell'affluenza è che le precedenti comunali, quando si sfidarono l'attuale sindaco Gianni Alemanno per il centrodestra e l'ex sindaco Francesco Rutelli per il centrosinistra, si ebbero in concomitanza con le elezioni politiche che possono essere state un traino per gli elettori. Anche il fatto che proprio ieri si sia giocato il derby Roma-Lazio ha dato l'impressione che una buona parte della città, per più di due ore, abbia pensato più a quanto accadeva all'Olimpico che al futuro sindaco della propria città. Le urne sono state praticamente deserte durante la partita, e nemmeno le due ore seguenti, dalle 20 fino alle 22, sono servite per tamponare l'emorragia di votanti. Se il dato delle 19 segnava infatti un meno 14 per cento circa di elettori, quello delle 22 ha raggiunto quasi il 20 per cento.

Chi sia il popolo dei disillusi che a questo giro ha deciso di disertare le urne è difficile prevederlo prima di avere sotto mano i risultati elettorali. Le piazze non proprio straripanti degli eventi di chiusura della campagna elettorale di venerdì sembrano essere stata una malattia comune.

In questo periodo di antipolitica le grandi coalizioni di centrodestra e di centrosinistra sono le prime ad essere messe sul banco degli imputati. I primi potrebbero essere indeboliti dalle inchieste che hanno colpito l'amministrazione del loro candidato, il sindaco Gianni Alemanno, i cui ultimi mesi di campagna elettorale sono stati caratterizzati dall'inchiesta sulle tangenti per la realizzazione del filobus che, seppur non l'hanno coinvolto direttamente, hanno portato all'arresto di uno dei suoi 'fedelissimi', Riccardo Mancini. Sintomo di questa disaffezione nei confronti del proprio sindaco potrebbe essere rappresentato dal fatto che il calo dei voti più marcato si è avuto proprio nei municipi 'più a destra' a partire dal XV (ex XX) che ha registrato l'affluenza più bassa con solo il 33,7 per cento dei votanti.

Ma dalla mannaia dell'astensionismo potrebbe non essere esente nemmeno Ignazio Marino che in campagna elettorale ha sofferto un Pd sempre più scisso e indebolito dalla situazione nazionale. Molti elettori potrebbero non aver perdonato alla coalizione democratica la formazione di un governo proprio con il peggior nemico di sempre, il Pdl di Silvio Berlusconi. Una sensazione che si è avvertita anche nei sondaggi che dal Marino vincente intorno al 40 per cento con un Alemanno fermo intorno al 30, sono passati a un (quasi) sostanziale pareggio. 

Se le grandi coalizioni uscissero indebolite dal partito del non-voto potrebbero 'guadagnarci' proprio le 'novità' come Alfio Marchini e Marcello De Vito, candidato del Movimento Cinque Stelle, o la sinistra più radicale come quella di Sandro Medici. Ma è solo una possibilità.

Proprio gli outsider Marchini e De Vito, che dovrebbero essere i catalizzatori del voto di protesta, il primo quella contro il "consociativismo dei partiti" ma anche contro l'apparato del Pd, da qui la sua proposta dell'imprenditore sul voto disgiunto, il secondo quello degli 'anticasta', potrebbero invece non essere riusciti a convincere il popolo dei delusi della politica. In particolare il Movimento Cinque Stelle che alle ultime elezioni politiche è cresciuto assorbendo l'astensionismo proprio per essersi caratterizzato come l'alternativa in guerra con i partiti, al banco di prova di una posizione importante al governo nazionale potrebbe aver deluso i propri elettori. Se Roma è davvero una città in cui è forte il radicamento politico legato ai partiti, il voto di protesta potrebbe essere proprio il non voto.

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