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Disabili gravi senza assistenza, è scontro con la Regione. I genitori: "Nostre istanze ignorate per anni"

Insoddisfacenti le risposte arrivate dalla Pisana in merito al funzionamento dei centri diurni ex articolo 26

L'assessore al Sociale Rita Visini, il capo di gabinetto del presidente uscente Zingaretti Andrea Cocco, il segretario generale Andrea Tardiola. Le istituzioni c'erano tutte. Ma ancora una volta prive di risposte adeguate e soluzioni a lungo termine. Le famiglie di ragazzi disabili gravi, quelli bisognosi di un alto carico assistenziale, continueranno a dover combattere contro un sistema che esclude i loro figli, quello dei centri di accoglienza diurni, finanziati dalle casse pubbliche e convenzionati con la sanità regionale, ma autonomi nella scelta e nella gestione dell'utenza. 

Gli scatoloni con le 50mila firme sono arrivati in regione lunedì scorso. E una delegazione di genitori guidati da Elena Improta (ex consigliera del municipio II), mamma di Mario, 30 anni, disabile, affetto da tetraparesi spastica, ha incontrato i rappresentanti politici. Suo figlio è stato cacciato dal centro Don Orione dove trascorreva 4 ore scarse della sua giornata, dopo aver aspettato sette anni in lista d'attesa per un posto. E purtroppo non è il solo. I casi gravi e gravissimi restano spesso alla porta, perché sono le strutture (il cui funzionamento è normato dall'art.26 della legge 833/78) a decidere chi accogliere, tendendo a escludere chi ha bisogno di essere seguito da un operatore fisso per tutto il tempo di permanenza nel centro. 

"Preferiscono ovviamente pazienti più semplici e autonomi che costano meno" ha spiegato in più occasioni mamma Elena. Nel caso di Mario, la struttura in questione si è giustificata parlando in maniera generica di "obiettivi del progetto riabilitativo che non possono essere raggiunti". Ma i "Mario di Roma e del Lazio" sono tanti. E tanti i genitori che chiedono di modificare un sistema di accreditamento degli enti che "non garantisce di fatto il diritto alla salute per tutti". Molti di natura religiosa, possono infatti aggiudicarsi la prestazione presentando un progetto di assistenza agli uffici preposti, ma decidendo autonomamente i criteri di accesso agli spazi e la permanenza in essi. 

Sul punto però l'assessore Visini e gli esponenti della Pisana, che lunedì hanno ricevuto le famiglie, non sono stati in grado di fornire risposte concrete. "Hanno ammesso tra le righe di aver ignorato le nostre istanze" spiega Improta. Quelle che vanno avanti identiche da anni, bandiera di comitati e associazioni che si battono per i diritti dei disabili. "Anche questa volta, nonostante la protesta e il numero altissimo di firme che siamo riusciti a raccogliere non abbiamo ottenuto risposte". Solo una toppa d'emergenza: la disponibilità di un Ipab (istituto pubblico di assistenza e beneficenza) a finanziare con circa 40mila euro un progetto per dieci ragazzi della durata di sei mesi. Un centro socio educativo per casi complessi come quello di Mario rimasti fuori dal circuito assistenziale ordinario. Ma è un una tantum. Solo se messo a sistema, potrà funzionare davvero.  

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