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Dalla base al direttorio: in 6 mesi tutto il M5S contro Muraro, difesa solo da Raggi

Era bastato l'annuncio per capire che per l'esperta di rifiuti sarebbe stato un compito in salita. La base, i giornali, il direttorio, la Procura. Tutti contro di lei. A difenderla solo la sindaca

E' il 17 giugno quando Paola Muraro irrompe sulla cronaca romana. Sei mesi e centinaia di articoli dopo l'assessora saluta tutti e lascia la scena. Sei mesi di polemiche, sin dall'annuncio dato dalla poi futura sindaca in quel di Ostia. Nome ingombrante quello della rodigina, capace di spaccare il Movimento dalla base sino al direttorio. 

Dirigente in Ama per oltre dieci anni, consulenze accumulate amministratore delegato dopo amministratore delegato, l'esperta di rifiuti finisce sotto il fuoco amico ancor prima di essere nominata ufficialmente. E' la base grillina, quella dei meet-up e dei rifiuti zero a definire la nomina "sbagliata e ingiustificabile da qualunque punto di vista". Una petizione online chiedeva alla Sindaca di consultare la base degli iscritti e dei meet up perché questo delicatissimo compito venissie affidato "a qualcuno che sia in discontinuità con l'attuale catastrofica gestione dei rifiuti a Roma e in sintonia con i valori fondanti del Movimento 5 Stelle, con il percorso tracciato verso Rifiuti Zero e con le strategie europee in transizione dall'economia dei 'rifiuti' verso l'economia circolare". 

Nulla. La sindaca ha tirato dritto ed è andata avanti, nominando ufficialmente la Muraro che già il 29 giugno, affiancata dal deputato grillino Vignaroli, incontra Colari, l'azienda di Cerroni, per scongiurare un'emergenza rifiuti. Da lì i guai, uno dopo l'altro, giunti insieme ai blitz. Il primo a Rocca Cencia, il secondo nella sede di Ama dove mette alle corde il presidente Daniele Fortini che da lì a pochi giorni si dimetterà. Inizia una dura campagna stampa, sull'ammontare delle sue consulenze, sui legami con Cerroni, su quelli con Fiscon, fino ad arrivare all'indagine della Procura. Lei nega, la sindaca pure, Di Maio riceve una mail ma non la legge come si dovrebbe. Tutti parlano di complotti, di golpe di rifiuti e così la sindaca la blinda.

A settembre però la verità. Costrette a parlare in commissione ecomafie, Raggi e Muraro ammettono la notizia di un'indagine. "Lo sappiamo dal 18 luglio", dicono. Di Maio riguarda la mail, la legge meglio e ammette che sapeva anche lui. Dimissioni? "No, aspettiamo di vedere le carte", commenta ancora la Raggi, respingendo l'assalto dei vertici del Movimento. Il direttorio così la molla, vedendo ciò che la sindaca non vede, ovvero un mare di guai. 

Si va avanti con la Muraro che nel frattempo stende un piano raccolta, senza ottemperare a quanto richiesto dalla Regione, ovvero l'individuazione di una discarica di servizio. Litiga con l'amministratore delegato Bina e con la sindaca si rende protagonista degli spazzatour. Fa e disfa in mezzo a notizie che, più sporadiche, segnavano inesorabile l'arrivo dell'avviso di garanzia.

Ieri il redde rationem. A casa Muraro arriva l'avviso a comparire in Procura: è indagata ma si dice estranea ai fatti. Per rispetto all'amministrazione si dimette e la Raggi apre gli occhi, dopo 6 mesi, dopo che tutto il Movimento, dalla base al direttorio, l'aveva avvertita. Nelle sue mani le deleghe all'ambiente, dietro di lei un Movimento che si fida sempre meno.

 

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