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Corto Circuito, occhi puntati sul Campidoglio: "E' una questione di scelte politiche"

Dopo i sigilli di questa mattina gli attivisti spiegano: "L'amministrazione ha gli strumenti per fermare tutto questo". Poi aggiungono: "Nell'ordinanza si legge che il Comune di Roma ha 15 giorni per decidere"

"Un atto politico mascherato da motivazioni giudiziarie fasulle". Lo hanno letto così gli attivisti del Corto Circuito che questa mattina hanno visto porre il 'sequestro preventivo' alle strutture all'interno dell'area dello storico centro sociale. Un'operazione portata avanti con un ingente schieramento di forze dell'ordine e un mandato della magistratura a cui gli attivisti, però, rispondono interrogando la 'politica', palazzo Senatorio. 

E' il Comune di Roma, infatti, ad essere proprietario dell'area. E quindi l'amministrazione guidata da Virginia Raggi sarà chiamata a rispondere in merito al futuro di uno spazio che ospita una realtà sociale da 26 anni. "Nell'ordinanza che è stata notificata al Comune di Roma e al dipartimento Patrimonio in quanto proprietario dell'area si legge che l'amministrazione ha 15 giorni di tempo per esprimersi sulla destinazione da dare all'area" spiega Federico Mariani, storico attivista del Corto Circuito. "Lo spazio è stato sigillato perché sono stati riscontrati abusi edilizi che però possono essere superati. Tecnicamente si chiama 'Dia in sanatoria'”. Secondo quanto raccontano “la nuova struttura è stata realizzata là dove prima c'era quella distrutta dall'incendio del 2012, per di più con meno cubature. Il Comune potrebbe intervenire decidendo semplicemente di ripristinare la sua proprietà andata distrutta”.

Le autorizzazioni sono state richieste ma non sono mai state rilasciate. Si legge nella nota diffusa dal centro sociale: “A nulla sono valse le richieste di ricostruzione debitamente depositate presso gli uffici competenti e la raccolta dei fondi completamente autogestita che doveva consentire di rimettere in piedi la struttura incendiata”. Non solo. “Nell'ordinanza del gip si legge che noi siamo i regolari assegnatari dello spazio anche se l'iter per la concessione vera e propria non è mai stato portato a termine”. Insomma la palla passa al Comune di Roma che, ancora, non si è espresso sul blitz delle forze dell'ordine. “Chiediamo un incontro con l'assessore al Patrimonio e con la sindaca Raggi, vogliamo capire cosa vogliono fare di un'esperienza sociale che dura da 26 anni”. 

L'unica voce istituzionale che si è espressa in merito alla vicenda è quella della presidente di municipio, la pentastellata Monica Lozzi: "Né il Municipio né il Comune sono stati messi al corrente di tale operazione, perché non di competenza di questa amministrazione ed il provvedimento non è legato alla delibera 140 del Commissario Tronca, su cui il Comune di Roma ha già avviato un tavolo, anche con i responsabili del centro sociale Corto Circuito". In realtà, fanno sapere gli attivisti, "sappiamo che è stato aperto un tavolo con i tecnici comunale al quale le realtà sociali non sono state ufficialmente chiamate a partecipare". 

LA STORIA - "Cancellare il Corto Circuito non è possibile"

L'appello al Campidoglio guidato da Raggi è chiaro: "La nuova amministrazione dispone degli strumenti per fermare questa oscenità. Innanzitutto far sentire il suo ruolo di proprietario dell'area e degli stabili. Fermare il sequestro e consegnare definitivamente la struttura a chi l'ha gestita in tutti questi anni, consentendo che si ricostruisca (o finisca di ricostruire) quello che andò distrutto più di 4 anni fa. Poi superare definitivamente il contenzioso con la Corte dei Conti, questa storia kafkiana che riguarda centinaia di realtà di Roma e che solo atti politici dovuti da parte della nuova giunta può risolvere. I centri sociali sono autentici beni comuni che appartengono alla città, costituiscono un bene prezioso da difendere e sviluppare".

I sigilli al Corto Circuito potrebbero così stringere i tempi a disposizione dell'amministrazione Raggi per prendere una serie di scelte che riguardano il futuro degli spazi sociali della città. In primis gli sgomberi e gli sfratti previsti dalla delibera 140. La Giunta a Cinque Stelle aveva lasciato capire che aveva intenzione di metterci mano, “valuteremo caso per caso, fermo restando il rispetto della legalità”, avviando un'interlocuzione, seppur timida, con questo mondo variegato iniziata fin da prima delle elezioni. Ma a distanza di mesi il primo passo non è stato ancora ufficialmente annunciato. E il silenzio di risposta all'assemblea che si è tenuta nella piazza del Campidoglio il 5 ottobre scorso ha acceso l'allerta. Così, oltre i blindati delle forze dell'ordine, tra gli attivisti sta crescendo una convinzione: “La palla è nella mani del Comune, ora si tratta di scelte politiche”.

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