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Atac, ora il Campidoglio ammette: il concordato è a rischio. E i termini slittano di sei mesi

L'assessore Lemmetti si è rivolto a palazzo Chigi: "Roma Capitale ha stanziato fondi per i debiti fuori bilancio, ora auspichiamo un intervento poderoso dal Governo"

A rischio il concordato preventivo che coinvolge Atac, l'azienda del trasporto pubblico romano. Le mancate entrate nei mesi di lockdown potrebbero avere pesanti ricadute sul piano di rientro avviato nel 2017 dal tribunale di Roma per scongiurare il fallimento della partecipata capitolina. E se fino a qualche settimana fa, quando da via Prenestina si annunciava la richiesta della cassa integrazione per 4mila dipendenti, l'assessore ai Trasporti Pietro Calabrese rassicurava - "la procedura non è a rischio" - oggi il bagno di realtà è inevitabile. "Attualmente mancano i ricavi dei biglietti, a causa del contingentamento, sul conto corrente dell'azienda" ha spiegato oggi in commissione Mobilità l'assessore al Bilancio Gianni Lemmetti. 

"Quello che preoccupa non è l'attività di Roma Capitale sui debiti fuori bilanci perchè i soldi li abbiamo già stanziati". Come i 10,7 milioni derivanti dall'operazione di acquisizione di una partecipazione da Roma Patrimonio, ex società in liquidazione del gruppo capitolino, in Atac Patrimonio, successivamente incorporata nella stessa Atac. La delibera sta per andare in aula e ha ricevuto oggi il parere favorevole della commissione. 

Ma certo non basta e intanto le scadenze dei pagamenti ai creditori sono state prorogate di sei mesi, a dicembre 2020. Perché solo a giugno Atac dovrebbe versare 140 milioni ma con i bus a capienza ridotta produrrà molti meno chilometri di quelli richiesti dai giudici nell'ambito della procedura. Con conseguente riduzione drastica dei ricavi. 

E allora si attendono fondi straordinari dal Ministero dei Trasporti. Le richieste sono già arrivate dai governatori nella conferenza Stato-Regioni. In questo senso il Campidoglio si appella al Governo. "Quello che auspichiamo è un intervento poderoso non solo ai fini del concordato di Atac ma soprattutto della sopravvivenza del tpl". 

D'altronde lo stesso presidente della partecipata Paolo Simioni, pronto a lasciare la guida dell'azienda e approdare all’Enav, ha già lanciato l'allarme in una lettera inviata al socio unico. Parlava di rischio perdita per "112 milioni", un segno meno che riporterebbe subito i conti in rosso. E un'autonomia di cassa che consentirebbe all'azienda di arrivare "solo fino al 31 maggio"

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