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Disabili, chiude Ciampacavallo: il centro per adulti autistici lasciato senza fondi

Ancora un pasticcio da Regione e Comune al capitolo disabilità. Dal 15 marzo chiude il maneggio di via Appia Pignatelli, progetto d'eccellenza nel settore

"Sono vedova, madre di un ragazzo di 30 anni autistico grave, senza il centro diurno non so come fare". Sono parole semplici e insieme disperate quelle di Enza Padulano, tra i genitori di sei utenti disabili, affetti da sindrome dello spettro autistico, che tra meno di un mese si ritroveranno senza aiuti. Il centro Casa Ciampa di via Appia Pignatelli chiuderà. La vicepresidente della onlus Cristiana Paone ne ha dato comunicazione a Comune, Regione, Asl e famiglie interessate lo scorso lunedì. 

"I genitori sono disperati, questi ragazzi, alcuni adulti, tutti tra i 20 e i 40 anni, sono impegnati in attività riabilitative diventate fondamentali per la loro stabilità psichica" racconta a RomaToday. Casa Ciampa è un centro socioassitenziale che dal 2009 sviluppa un progetto sperimentale outdoor: gli utenti si occupano del maneggio tramite attività di pet therapy con i cavalli all'aria aperta. L'obiettivo è creare percorsi di riabilitazione in un contesto integrato e non sanitario. Sono casi gravi, precedentemente allontanati dai centri diurni ex art.26 (a carattere invece fortemente medicalizzato), che tra i prati di Casa Ciampa trovano qualche ora di sollievo tutti i giorni, dalle 10 alle 18, oramai da 12 anni. 

Per quale ragione il centro rischia la chiusura? "Non ci vengono più erogati i fondi necessari a portare avanti i progetti. Stiamo andando avanti con le ultime fatture di dicembre" spiega ancora Cristiana. Parliamo di 23mila euro l'anno a utente (fatturati a cadenza mensile), con la garanzia di assistenza uno a uno: un educatore per ogni persona accolta. "Possiamo resistere al massimo fino al 15 marzo, poi non avrò le disponibilità per pagare gli operatori". 

Cerchiamo di spiegare. I progetti come quelli di Ciampacavallo - certificati a carattere socioassistenziale e non sanitario - sono stati finanziati fino al 31 dicembre 2019 dalla Asl Roma 2. Dal 1 gennaio 2020 invece, secondo quanto stabilito da una memoria di giunta della regione Lazio dello scorso ottobre (vedi lo stralcio subito sotto), i finanziamenti dovrebbero arrivare direttamente dal bilancio regionale ai Comuni, dai quali poi dovrebbe partire il trasferimento alle strutture. 

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Perché Ciampacavallo non prende più fondi

Questi fondi però a Ciampacavallo non sono mai arrivati. A quanto si apprende per due ragioni. La prima la mette nero su bianco la direttrice del dipartimento Politiche Sociali Raffaella Modafferi, in una nota del 2 gennaio inviata ad Asl e Regioni: "Gli interventi indicati in oggetto (portati avanti dalla Ciampacavallo onlus, ndr) sono finalizzati alla cura di disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, motiva e relazionale e di competenza sanitaria, pertanto non rientrano tra le competenze del Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale". Dallo stesso dipartimento ci comunicano che a oggi stanno vagliando la documentazione relativa al centro in questione, che - assicura Cristiana Paone e confermano dalla Asl Roma 2 - è accreditato come socioassistenziale, non sanitario, e per tanto di competenza comunale. 

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La seconda ragione è legata al fatto di dover necessariamente passare da un bando di gara. Nella stessa nota firmata da Modafferi si legge: "L'autorizzazione al funzionamento del Centro diurno Indoor Casa Ciampa da parte del VIII Municipio, indicata nella Vs nota suindicata, non giustifica l'erogazione diretta di finanziamenti, i quali vengono stanziati esclusivamente a seguito di procedure di gara aperte a tutti gli organismi idonei". Per farlo però bisogna iscriversi al registro istituito per le case famiglie e centri residenziali per disabili e anziani dal Campidoglio. Serve tempo, almeno sei mesi. E nel frattempo i fondi non arriverebbero comunque. Schermata 2020-02-19 alle 15.01.53-2

Il pasticcio di Regione e Comune

Dalla Asl Roma 2 fanno sapere che è in corso un lavoro congiunto con il dipartimento Politiche sociali per risolvere il caso. Dipartimento dal quale comunque si specifica che dalla Regione non sono arrivate comunicazioni ufficiali legate alle nuove modalità di finanziamento dei centri. Insomma, un gran pasticcio tra rimpalli di responsabilità e tempi insufficienti a garantire quella che dovrebbe essere la priorità assoluta: la continuità assistenziale per i ragazzi, e adulti, affetti da patologie gravi. Sono loro che aspettano risposte. Sei famiglie il cui equillibrio già fragile rischia ora di essere stravolto. E un progetto piccolo, in termini numerici, ma d'eccellenza che ora rischia l'estinzione. 


 

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