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Case popolari, la paura degli sfratti e gli alloggi in vendita: dal cuore di Roma cresce la protesta

L'ondata di sgomberi in programma a Testaccio ha fatto scattare l'allarme. Il direttore di Ater: "Stiamo rinviando i casi di fragilità"

Non solo i movimenti per la casa alle prese ormai da mesi con il piano sgomberi al tavolo della Prefettura. Sul tema del disagio abitativo della capitale cresce la mobilitazione anche nelle case popolari dell’Ater. Per la prossima settimana verrà lanciata una manifestazione davanti alla sede dell’azienda che gestisce parte dell’edilizia pubblica romana sul Lungotevere Tor Di Nona. L’iniziativa è scattata ieri sera nel corso di un’assemblea pubblica organizzata dal sindacato di base Asia Usb e dai movimenti per il diritto all’abitare nella sede dell’associazione Centro Solidale in via Giovanni Battista Bodoni 92A a Testaccio. Non un luogo a caso.

Da qualche settimana, infatti, nel quartiere è scattato un programma di sgomberi nei confronti delle famiglie senza titolo. La polizia locale e il personale dell’Ater si sono presentati anche a quei civici dove vivono anziani o famiglie con bambini seguite da servizi sociali. Casi di “fragilità” che per il momento hanno portato a rimandare le operazioni di qualche mese ma che, in assenza di alternative, continuano a suscitare allarme. “Con la protesta chiederemo il blocco degli sfratti e la regolarizzazione degli aventi diritto”, spiega Angelo Fascetti di Asia Usb. “L’Ater deve tornare ad avere un ruolo centrale nello sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica”.

La protesta si inserisce in uno scenario duplice. Da un lato gli sgomberi delle famiglie senza titolo, dall’altro il piano di vendita delle case popolari considerate di pregio, avviato sulla base del decreto Lupi del 2014, inserito nel piano di risanamento dell’Ater approvato con una delibera dalla giunta regionale nel giugno scorso.

Tra le case popolari romane sono pronti a partire circa 1800 sfratti. Si tratta di decreti di rilascio emessi da Ater tra il 2013 e il 2014 e trasmessi ormai da tempo al Comune di Roma, l’ente che gestisce assegnazioni, decadenze e sgomberi. Qualche mese fa il dipartimento Politiche abitative capitolino ha decentrato il sistema di recupero degli alloggi occupati affidando la programmazione ai gruppi municipali della polizia locale. I primi a stabilire gli interventi sono stati i gruppi del I e del II municipio così gli sgomberi si sono concentrati nelle zone più centrali della città, che sono anche quelle dove insiste la maggior parte di appartamenti di pregio.

Secondo quanto apprende Romatoday, Ater ha avviato un’analisi della posizione economica delle famiglie che vivono nelle case occupate scoprendo migliaia di persone con altre proprietà. “I decreti di sgombero in programma tra Testaccio e San Saba in queste settimane interessano però tutte famiglie seguite dai servizi sociali o assegnatarie di un reddito di cittadinanza”, racconta Yuri Trombetti, responsabile delle Politiche abitative del Pd di Roma. È il caso di una ultraottantenne che ha avuto un accesso della polizia locale martedì 5 novembre e che ha ottenuto un rinvio di quattro mesi. È il caso di Federica, madre di due bambini e senza reddito. La polizia locale si è presentata senza preavviso alla porta del suo appartamento il 17 ottobre scorso. Solo la presenza dei suoi figli piccoli, a casa da scuola perché malati, ha fatto slittare l’intervento al 15 gennaio del 2020.

Interpellato da Romatoday il direttore dell’Ater Andrea Napoletano ha dichiarato: “In merito agli sgomberi, previsti dalla legge a seguito di ordinanza emessa dal Comune di Roma, riferiti ad occupanti senza titolo in situazione di fragilità accertata, l’azione di Ater condivisa con la Regione si è concretizzata da subito, per i casi al vaglio, con il rinvio dell’esecuzione in corso. Evidenziamo che le azioni forzose che negli ultimi giorni si stanno concentrando maggiormente in specifici quadranti della città sono frutto della decentralizzazione sui vari municipi, operata dal Comune di Roma, delle azioni prima in capo ad unico centro decisionale”.

In quanto all’emergenza abitativa, fa sapere ancora Napoletano, “Ater, in condivisione con la Regione,  si è fatta promotrice di un più responsabile coinvolgimento degli attori istituzionali” e “ha già attivato, dopo un lungo periodo di stagnazione, la realizzazione di nuove unità abitative che - seppur insufficienti a rispondere alla criticità - sono l’inizio di un percorso programmato e progettualizzato che vedrà ulteriori unità abitative realizzate”. 

Per quanti sono alle prese con sfratti e sgomberi, però, è chiaro che per il momento “non ci sono soluzioni per le 12mila famiglie in lista per l’assegnazione di una casa popolare”, le parole di Paolo Di Vetta dei movimenti per il diritto all’abitare. Da qui ai prossimi tre o quattro anni saranno disponibili 700 nuovi alloggi Ater. “Un numero che ci dice che nemmeno se cacciassero tutti gli irregolari dalle case popolari sarebbe possibile assegnare una casa a tutti gli aventi diritto. Di fronte a questo vuoto l’unica alternativa proposta dal Comune di Roma è il buono casa (516 euro alle famiglie che presentano un contratto d’affitto, ndr) ma si sta rivelando fallimentare”.

In questo quadro si inserisce il piano di vendita delle case popolari ritenute di pregio che interesserà sia le zone centrali o sia quelle più periferiche ma che per la presenza di trasporti o servizi risultano comunque di pregio. Il ricavato, secondo quanto scritto nella delibera del giugno scorso, va in parte per ripianare il debito di Ater e in parte per comprare nuovi alloggi. La logica è quella di vendere le case che valgono di più per acquistarne in numero maggiore in zone più periferiche dove il prezzo al metro quadro è più basso anche se sindacati e movimenti sottolineano che con i precedenti piani di vendita “questo non è mai avvenuto e i ricavi sono sempre serviti per coprire i buchi di bilancio”.

I primi appartamenti che verranno venduti sono quelli vuoti nelle zone di pregio, soprattutto quelli collocati nei condomini misti dove molti appartamenti sono già stati ceduti e dove il costo di gestione è più alto. Quartieri come Testaccio saranno quindi tra i primi dove i regolari assegnatari riceveranno le lettere di dismissione. Gli appartamenti potranno essere acquistati da partenti fino al terzo grado. Chi non può comprare, secondo la legge Lupi, deve essere spostato in quartieri più periferici anche se la Regione Lazio e l’Ater di Roma, nella delibera approvata a giugno, hanno posticipato di 5 anni l’avvio di questo processo di ‘mobilità’. Le case vuote, o che restano libere in seguito a degli sgomberi, in queste zone non vengono quindi riassegnate ma avviate alla vendita.

“Questo quartiere è già stato profondamente trasformato dai precedenti piani di dismissione. Molte delle case che un tempo erano di Ater oggi ospitano bed and breakfast”, denuncia Fascetti. “Questa dismissione continua a favorire quel processo di espulsione dei ceti popolari dai quartieri più centrali della città in atto ormai da anni. Con la mobilitazione della prossima settimana non chiediamo solo il blocco degli sfratti e degli sgomberi ma rivendichiamo il ruolo di Ater nello sviluppo dell’edilizia pubblica di questa città”.  

Presente all'assemblea anche l'architetta Rossella Marchini: "Simili processi non accadono solo a Roma. I centri storici di Venezia, Amsterdam, Barcellona sono ormai stati trasformati in Disneyland per turisti. Solo che mentre nelle altre città, una volta accorti di questo problema, stanno provando a porre rimedio, a Roma sono le ammistrazioni pubbliche a incentivare questo fenomeno con la vendita degli alloggi nei quartieri più centrali".
 

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