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Case del comune, le prime aste entro il 31 dicembre. Fuori anche i più poveri: finiranno in un Sassat

Sono le indicazioni contenute in una determina dell'assessora Castiglione

Le lettere di disdetta dei contratti dovrebbero partire a breve con l’obiettivo di far scattare l'asta per un primo gruppo di abitazioni entro il 31 dicembre 2018. Prosegue l'iter per la messa a reddito degli affitti di 488 immobili del patrimonio disponibile del Comune di Roma. Si parte con gli appartamenti già "liberi, liberabili e agibili" mentre i primi a essere sfrattati saranno gli inquilini "in possesso di redditi Isee più elevati" o "proprietari di altra abitazione" all'interno del territorio della Città Metropolitana. La road map è contenuta in una direttiva diramata agli uffici del dipartimento Patrimonio e Politiche Abitative dall'assessora Rosalba Castiglione per dare attuazione della delibera 133, che contiene la "ridefinizione delle locazioni relative al patrimonio disponibile di Roma Capitale".

Le prime lettere per l'avvio dei sopralluoghi e degli accertamenti da parte di Risorse per Roma sono già partite alla fine di luglio. Con la direttiva, Castiglione fissa le prossime fasi: "Inviare le disdette dei contratti di locazione in essere" dei 488 immobili contenuti inseriti in un elenco allegato alla delibera; "individuare e liberare le abitazioni occupate abusivamente"; fissare "gli adeguati canoni di locazione a base d'asta"; "indire l'asta pubblica per la locazione delle abitazioni libere/liberabili"; "redigere un calendario con le date di efficacia delle disdette". Obiettivo: far partire le prime aste entro la fine dell'anno.

Nessun passo indietro, quindi, nemmeno nei casi in cui questi appartamenti sono abitati da famiglie con redditi bassi che risultano assegnatarie di un alloggio popolare. L'assessora Castiglione ha chiesto agli uffici di "individuare gli inquilini/occupanti soggetti a particolare fragilità, per i quali sarà necessario prevedere l'intervento del Sassat". Cosa significa “particolare fragilità” non è specificato e nemmeno quale Isee dovranno presentare. Un particolare non secondario da momento che per l’accesso al Sassat è di 12 mila euro annui, di gran lunga più basso rispetto a quello per accedere ad una casa popolare. Il servizio di assistenza ‘socio-abitativa’ dei Sassat, inoltre, ancora non c’è. Così come previsto dalla delibera 133, 30 abitazioni del patrimonio disponibile dovrebbero diventare ‘Sassat’ ma l’avviso pubblico per reperirne altre 500 sul mercato privato termina il 21 settembre prossimo e l’esito non è ancora certo.

Il video da Testaccio: "Noi non siamo degli scrocconi"

Le lettere di disdetta dei contratti arriveranno quindi anche a quei 64 appartamenti che si trovano nei palazzi di case popolari tra piazza Testaccio e via Ginori. Come raccontato da Romatoday, in queste case vivono, anche da oltre vent’anni, molte persone che risultano assegnatarie di una casa popolare, altre che sono state portate lì dal Comune in seguito ad altri sgomberi. A Testaccio risiedono anche le famiglie superstiti dal crollo della palazzina di via Vigna Jacobini del 1998. Secondo quanto riportato dalla direttiva anche queste famiglie, se giudicate ‘fragili’, avranno diritto a un alloggio tramite il servizio di assistenza ‘socio-alloggiativa’ per due anni. 

“Ciò che sta accadendo è gravissimo: non solo il Comune non ritorna indietro ma addirittura accelera per sgomberare e mettere all’asta a libero mercato le case di gente che sta li con assegnazione da 25 anni” il commento di Yuri Trombetti, responsabile politiche abitative del Pd di Roma. “La nostra mobilitazione non si fermerà fino a quando non verrà modificata la delibera 133”. 

Anche il consigliere del Pd capitolino, Orlando Corsetti, ha intenzione di chiedere la sospensione della delibera 133. La sua mozione, pronta ad essere presentata in Aula lo scorso 9 agosto, era stata ritirata dietro all’apertura di uno spiraglio di dialogo in merito al provvedimento da parte della presidente della commissione Patrimonio Valentina Vivarelli e di quella alle Politiche Sociali Agnese Catini. Ma ad oggi le direttive che arrivano dagli uffici indicano che il Campidoglio ha intenzione di proseguire. 

Gli inquilini delle case di Testaccio sono pronti a dare battaglia. Molti hanno deciso di fare ricorso contro la delibera. “Noi siamo stati messi in queste case in quanto assegnatari di una casa popolare, non sapevamo che si trattava di patrimonio disponibile. Come possono pensare che usufruiremo del diritto di prelazione in aste di affitti a libero mercato? Non abbiamo alternative” denuncia Francesca. Anche la soluzione ‘Sassat’ non piace: “Sono già stata in un residence 20 anni fa. Oggi vogliono rimettermi in una struttura simile? Non vogliamo uscire da qui, non abbiamo alternative”. 

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