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Carlo Macro, a 4 anni dalla morte gara di solidarietà per le spese legali della famiglia: "Il Comune è scomparso"

Il 17 febbraio 2014 Carlo Macro, 33 anni, fu ucciso al Gianicolo da un senza fissa dimora

Una raccolta fondi online per pagare le spese legali, perché interloquire con il Campidoglio, che pur aveva promesso di aiutare in qualche modo la famiglia, non è stato possibile. Oggi, sabato 17 febbraio, ricorre il quarto anniversario dalla morte di Carlo Macro, ucciso a 33 anni con due colpi di cacciavite nel petto da un senzatetto residente in una roulotte al Gianicolo. La città non può aver dimenticato quell'omicidio brutale. Ma le istituzioni non hanno mai più ricevuto la famiglia del ragazzo. E la vicinanza promessa si è fermata alle intenzioni. 

"Stiamo cercando di raccogliere dei soldi per pagare gli avvocati su Gofundme, una piattaforma web - racconta a RomaToday la mamma di Carlo, Giuliana Bramonti - lo scorso anno si è chiuso il processo sull'assassinio di mio figlio e il colpevole sta scontando la sua pena. Abbiamo ancora tanti debiti per le spese legali, più tutte le spese che abbiamo già dovuto sostenere di tasca nostra". Così è partita la gara di solidarietà sulla rete. Ad oggi sono stati raccolti più di 5mila euro, su un totale di 15mila. "Non abbiamo ricevuto nessun risarcimento dal Comune, tranne un piccolo contributo da parte della precedente giunta". Eppure, all'indomani del dramma, il Campidoglio diceva: "L’avvocato della famiglia di Carlo sarà contattato dall’avvocatura comunale per capire quale tipo di sostegno la nostra amministrazione può dare nel percorso giudiziario". 

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Di sostegni nemmeno l'ombra, nonostante l'amministrazione locale sia stata chiamata in causa dalla famiglia per le circostanze in cui avvenne l'omicidio e in cui si mosse il killer, Joseph White Clifford, condannato in appello a 14 anni di reclusione con l'accusa di omicidio volontario. E' da una roulotte di via Garibaldi, al Gianicolo, che uscì Clifford in piena notte e in pochi istanti stroncò la vita del 33enne, perforandogli il torace con un cacciavite di 30 centimetri. Abitava in una delle decine roulotte della comunità di Sant'Egidio disseminate in strada per accogliere i senza fissa dimora. In teoria "case" mobili che in quanto tali per la legge non dovrebbero rappresentare un abuso edilizio, nei fatti abitazioni su quattro ruote che invadono per anni marciapiedi e spartitraffico, in violazione del codice della strada, alimentando quadri di degrado e insicurezza percepita dai cittadini. 

E' contro il "sistema roulotte" (oggetto di indagine, poi archiviata, della Procura di Roma) che la madre di Macro, Giuliana Bramonti, a capo dell'associazione che porta il nome del figlio, si è battuta e ancora si batte senza risultati. E senza aiuti da parte delle istituzioni. 

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