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Camping River, rom senz'acqua e il Comune ammette: "Rischio emergenza"

Un'ordinanza della sindaca Raggi obbliga la coop a effettuare la manutenzione degli impianti fognari e di potabilizzazione dell'acqua

La sindaca Virginia Raggi ha emesso un'ordinanza: Isola Verde Onlus dovrà provvedere, a proprio carico, al ripristino dell'impianto idrico del Camping River. Nell'insediamento rom di via della Tenuta Piccirilli, e quartieri limitrofi, è a rischio la salute pubblica. E il Campidoglio lo ammette dopo giorni di silenzio: "Le condizioni igienico sanitarie rilevate, in seguito a un sopralluogo effettuato dal Simu e dalla Asl Rm1, rischiano di pregiudicare gravemente lo stato di salubrità dell'area". Declina però ogni responsabilità: "Il provvedimento si è reso necessario perché alcuni nuclei familiari continuano a permanere nell'area senza alcun titolo e con tolleranza da parte della cooperativa". Facciamo un passo indietro. 

Stando agli annunci del M5s e al contenuto della delibera di giunta che fissa le condizioni per lo smantellamento dei campi, il River doveva chiudere il 30 settembre. Ma i rom, circa 400, non sono ancora riusciti a lasciare i moduli abitativi, perché quasi nessuno di loro ha trovato una casa in affitto sul mercato privato - come previsto dal piano Raggi - da pagare con il sostegno economico promesso dal Campidoglio. Il Comune da parte sua continua a rassicurare sul risultato finale: "stiamo lavorando", "i colloqui con i servizi sociali proseguono", "è un processo difficile". Senza considerare il quadro sempre più complesso che sta montando, sul piano umanitario ma anche su quello giuridico.  

Al 30 settembre non solo il campo non è stato liberato nè chiuso e di fatto si è trasformato in un'occupazione abusiva, ma è scaduta anche la convenzione tra il Comune e la coop Isola Verde onlus, gestore della baraccopoli e affittuario del terreno (privato). Il che significa che gli operatori, non ricevendo più fondi da palazzo Senatorio, non sono in grado di erogare i servizi base (l'acqua tra questi) a uomini, donne e bambini che ancora vivono al campo. D'altra parte il Campidoglio non può assicurare le forniture in autonomia, perché gli impianti sono di proprietà della cooperativa. Nelle ultime due settimane l'assenza di manutenzione a tubature e filtri ha impedito la corretta potabilizzazione dell'acqua e smaltimento dei reflui in fogna, oltre a causare un guasto alla pompa idrica che ha costretto alla turnazione e riduzione oraria dell'acqua.

Al disservizio ha sopperito la Protezione Civile con delle autobotti. E adesso il Comune, conscio di non poter ignorare il problema, fa scattare l'ordinanza con obbligo di intervento entro tre giorni dalla notifica e con scadenza il 30 novembre: "E' responsabilità del titolare degli impianti garantire il mantenimento delle condizioni igienico-sanitarie, la manutenzione e la vigilanza sugli impianti stessi - si legge nel dispositivo - così come previsto dall'art. 124 del d.lgs 3 aprile 2006 n.152 finché permarranno le condizioni di occupazione dell'area in parola"

Su tutte le furie la presidente della coop, Simonetta Lanciani, che ha messo tutto in mano agli avvocati pronti a impugnare l'ordinanza: "Come se la responsabilità dell'occupazione dell'area fosse nostra! Chi è che ha promesso la chiusura del campo e non è riuscito nell'intento? Non ci sono parole per descrivere la rabbia che provo. Ci chiedono la manutenzione degli impianti, ma è da giugno che non ci pagano. Ci dovrebbero 130mila euro di luglio e agosto e altri 70mila di settembre. Soldi che non abbiamo ancora visto". Per effettuare la manutenzione servono tre, quattro interventi al mese. "Avevamo un contratto con una ditta, al mese servono circa 3500 euro". 

Costretta a intervenire sui servizi di tasca propria (la Polizia Locale è chiamata a controllare l'adempimento di quanto prescritto dall'ordinanza sindacale) e accusata di aver ostacolato i lavori. "Isola verde non ha intrapreso alcuna valida azione per accompagnarne la fuoriuscita, contravvenendo così all'impegno contrattualmente assunto con Roma Capitale e concorrendo così alla situazione di criticità igienico-sanitaria". Lo dice il Campidoglio, rifiutando ogni responsabilità. Se le famiglie sono ancora al campo, la colpa non è del fatto che non avessero una valida alternativa (che non fosse bussare alle agenzie immobiliari). E' la cooperativa che non ha collaborato a dovere. 

"E' una follia - replica la presidente Lanciani - cosa avremmo dovuto fare? Spetta a noi organizzare il percorso di integrazione o al Comune di Roma? A noi risulta che siano uscite dal campo sei persone che non avevano diritto ad avere gli aiuti, un'altra famiglia è l'unica che ha avuto l'assegno perché ha trovato casa aiutata dai Testimoni di Geova, e due donne con quattro bambini sono state trasferite in una casa famiglia. Questo è tutto il lavoro che sono riusciti a svolgere". Numeri vicini quelli confermati dalla stessa direttrice del dipartimento Politiche Sociali, Michela Micheli, convocata in commissione municipale lo scorso venerdì. Su 81 nuclei solo 5 famiglie hanno trovato una sistemazione alternativa al campo. 

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