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Sabato, 20 Aprile 2024
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Buono casa per i residence, il Comune congela la proroga. La storia: "Da tre mesi senza affitto né informazioni"

La misura avrebbe dovuto accompagnare le famiglie fino all'assegnazione di una casa popolare. Ma dall'assessorato di Vivarelli ancora nessuna proroga. Così a chi è scaduto il contratto è rimasto scoperto

Quando ha saputo che poteva lasciare il residence per l’emergenza abitativa per trasferirsi in un appartamento Maurizio ha deciso di accettare. “Il buono casa del Comune mi avrebbe permesso di attendere l’assegnazione di una casa popolare in un appartamento vero e proprio”. A distanza di cinque anni, però, quella che Maurizio pensava fosse un’alternativa al residence garantita si è trasformata nell’incubo di un possibile sfratto: “A febbraio il mio buono casa è scaduto. Ho contattato il dipartimento Politiche abitative, ho scritto perfino alla sindaca Raggi e all’assessora Vivarelli, ma nessuno mi dice cosa ne sarà di me”.

Non c’è molto tempo. Maurizio è uno dei primi ad aver accettato di uscire dal Centro di accoglienza alloggiativa temporanea in cui viveva in via di Casal Lumbroso grazie al cosiddetto buono casa: “A maggio mi è stata scalata l’ultima caparra. Da giugno sarò ufficialmente moroso. Vivo con un reddito di cittadinanza che non arriva a 500 euro mensili, ho 60 anni e seri problemi di salute. Cosa devo fare?”.

Il buono casa è stato introdotto dall’amministrazione di Ignazio Marino con una delibera del 2013. L’obiettivo era quello di chiudere i costosissimi residence pagando direttamente un affitto alle famiglie in emergenza abitativa con costi inferiori e un’autonomia maggiore per i diretti interessati. In attesa dell’assegnazione di una casa popolare, alle famiglie che accettavano venivano dati 5mila euro una tantum per le spese iniziali, tra caparre e acquisto di mobili, e poi ogni mese 600 euro per single o coppie, 700 euro per famiglie da tre o quattro persone, fino a 800 euro per le più numerose.

Il diretto interessato doveva trovare autonomamente un’abitazione sul mercato privato a un canone concordato e il Comune, contratto alla mano, avrebbe versato i soldi direttamente al proprietario. Il buono casa, inizialmente pensato come misura facoltativa, è diventato quasi subito obbligatorio tanto che per non perdere il diritto all’assistenza alloggiativa tutte le circa 1300 famiglie che vivevano nei residence non avevano altra scelta che avanzare domanda. La misura era stata accompagnata da proteste di una parte dei residenti in attesa da anni di un alloggio popolare. Solo in 400 circa sono effettivamente riusciti nell’operazione di convincere un proprietario di fidarsi della sola garanzia istituzionale. Tutti gli altri vivono ancora nei residence la cui chiusura sta procedendo molto più lentamente del previsto. Solo per qualcuno, nel frattempo, è arrivato il momento dell’assegnazione di una casa popolare.

Con l’arrivo dell’amministrazione Raggi la misura è stata sostituita ed è rimasta in vigore solo per le famiglie dei residence che ne avevano fatto richiesta entro il 2017. Il buono casa, si leggeva nel 'Piano di intervento per il sostegno abitativo per il biennio 2014/2015' approvato nel maggio del 2014, era stata pensata come una misura “alternativa all'assegnazione di alloggio popolare”. Quindi tecnicamente senza termine. Ma la garanzia è “per tutta la durata del rapporto contrattuale”, cinque anni. In assenza di un nuovo provvedimento, quindi, il contratto non può essere prorogato. Secondo quanto appreso da Romatoday la delibera con la proroga approntata dagli uffici del dipartimento è nel cassetto dell’assessora alle Politiche abitative, Valentina Vivarelli, già da gennaio. Eppure non è stata ancora approvata. Peccato che i primi contratti siano già scaduti lasciando i proprietari senza soldi e gli inquilini con l’incubo dello sfratto. Sul sito istituzionale, inoltre, alla voce ‘responsabile’ dell’ufficio buono casa si legge: “Posizione vacante”.

Dall'assessorato alle Politiche abitative, contattati in merito, fanno sapere di essere al lavoro per trovare soluzioni in favore dei cittadini.

Eppure Maurizio non ha molto tempo. La sua storia di disago abitativo è iniziata una decina di anni fa “quando, con la dismissione del patrimonio degli enti, l’appartamento dell’Inpdap in cui vivevo è stato venduto all’asta. Mi era stato assicurato che sarei potuto rimanere allo stesso canone per almeno 9 anni ma pochi mesi dopo la nuova proprietà ha emesso lo sfratto”, ricorda. “Ho cercato di oppormi per le vie legali ma dopo tre anni il procedimento è diventato esecutivo e io sono dovuto uscire. Mi ero appena separato da mia moglie e avevo perso il lavoro così ho avanzato domanda per l’emergenza abitativa”. Maurizio si trasferisce nel residence di via di Casal Lumbroso nel 2012. “All’inizio l’impatto dal punto di vista psicologico è stato forte. La notte non riuscivo a dormire tranquillo. Poi mi sono ambientato ma non ho mai spesso di sperare di tornare in una casa normale”.

L’occasione si presenta nel 2014 quando l’amministrazione di Ignazio Marino introduce il buono casa. “Ci avevano detto che volevano chiudere i residence e che pagando contratti d’affitto in appartamenti privati avrebbero speso di meno. Volevo andarmene dal residence e mi sono subito messo a cercare. All’inizio non è stato facile perché molte agenzie immobiliari e molti proprietari sono diffidenti verso le persone che vivono nei residence. Io però in quel periodo avevo trovato un lavoro part time nella segreteria di una società di comunicazione e avevo uno stipendio di 650 euro circa così sono riuscito a trovare un piccolo appartamento a Casal Bernocchi a 600 euro al mese. Il Comune avrebbe versato ogni mese il canone d’affitto fino all’assegnazione di una casa popolare”. Contratto 3 più 2 a canone concordato.

“Sono stati cinque anni tranquilli”. Il contratto di Maurizio è scattato il 1 marzo 2015, rinnovato il 28 febbraio 2018 e scaduto lo stesso giorno del 2020. “Un paio di mesi prima sono andato al dipartimento Politiche abitative per conoscere le modalità di rinnovo. Mi sono preoccupato perché allo sportello non sapevano dirmi niente. Ho dovuto insistere per parlare con qualcuno informato della situazione che mi ha detto che i cinque anni di buono casa erano un ponte verso una vita normale e che non sapeva dirmi se e quando sarebbe stato rinnovato. È stato un colpo. Ci avevano assicurato che il buono casa sarebbe dovuto continuare fino all’assegnazione di una casa popolare ma mi sono rassegnato a tornare a casa senza altre spiegazioni”.

Maurizio mostra una lunga serie di mail indirizzate al dipartimento Politiche abitative, all’assessora Vivarelli e alla sindaca Raggi inviate nell’arco nelle ultime settimane. “Non ho mai ricevuto risposta. Il contratto è scaduto a febbraio. Dal 1 marzo il Comune non ha più versato un euro e né a me né alla mia proprietaria di casa è arrivata alcuna comunicazione scritta in merito. La mia proprietaria di casa si è dimostrata comprensiva e nel frattempo sto usando le due caparre più un mese versato di cui all’inizio non avevo usufruito. Ma da giugno sarò scoperto. Due anni fa hanno chiuso la società per cui lavoravo e oggi vivo con il reddito di cittadinanza di circa 500 euro. Non posso permettermi di pagare un affitto. Inoltre ho seri di problemi di salute e sono costretto a prendere molti farmaci. Non posso permettermi di stressarmi troppo. Io non voglio restare in una casa per cui non pago l’affitto ma non voglio nemmeno finire in mezzo a una strada. Se non vogliono più pagare l’affitto mi facciano almeno tornare nel residence. Qualcuno deve darmi delle risposte”. 

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