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Addio ai residence, Marino incontra gli inquilini ma dietro all'annuncio rimangono i dubbi

Il sindaco ieri si è recato in una struttura nel V municipio: "Sono preoccupati per il futuro perché il buono è sufficiente nell'immediato"

Più volte negli ultimi anni si è sollevato lo “scandalo” dei Centri di assistenza abitativa temporanea. 35 milioni di euro all'anno per l'affitto di strutture private che arrivano a costare anche oltre 2 mila euro a famiglia ogni mese per appartamenti piccoli, attorno ai 40 metri quadrati, in strutture periferiche spesso poco servite dai mezzi pubblici. Lo stesso sindaco Ignazio Marino li ha definiti dei “ghetti”, dei posti “che ledono la dignità della famiglia”. In totale sono 13 e ospitano 1376 famiglie per un totale di 3700 persone.

Eppure, nonostante il tam tam mediatico, la notizia che l'amministrazione comunale ha deciso di chiuderli, non è stata accolta bene da tutti e i dubbi sul progetto sono ancora molti. Proprio ieri sera il primo cittadino ha visitato una struttura nel V municipio per ascoltare le perplessità degli abitanti dei residence sul buono-affitto che consiste in 5mila euro 'una tantum' e in 700 euro mensili come contributo per tutta la durata del contratto, senza la perdita dei diritti acquisiti.

La prima perplessità riguarda la durata del buono. Senza tempi certi per l'accesso a una casa popolare, la paura è che, proprio come per i residence, quella che doveva essere una situazione temporanea diventi permanente. E senza certezza sui tempi dell'assistenza all'affitto il rischio è quello di tornare allo sfratto. Lo ha spiegato ai giornalisti lo stesso Marino nel corso dell'incontro di ieri: “Sono preoccupati per il futuro perché il buono è sufficiente nell'immediato ma non sanno come fare quando non lo avranno più".

Come già raccontato da Romatoday, l'altro dubbio riguarda la costanza del pagamento del buono-casa. Una parte consistente delle famiglie che alloggia nei Centri di assistenza abitativa vive una condizione economica tale che di fronte a un ritardo dell'amministrazione pubblica, anche solo di un mese o due, non gli permetterebbe alcun anticipo. Con l'incubo di cadere ancora una volta nel vortice della morosità. Come verrà elargito questo buono? Ci sarà una graduatoria in base al reddito? Ammonterà per tutti a 700 euro? Basteranno questi soldi a garantirsi un tetto sulla testa in una città dove gli affitti a canone di mercato sono alle stelle? Entrare nel mercato degli affitti privati senza alcuna mediazione da parte dell'amministrazione comunale appare a molti un salto nel buio.

E poco chiaro risulta anche chi saranno i beneficiari del buono. Saranno solo gli inquilini dei residence? Potranno accedere anche altre famiglie che versano nelle stesse condizioni di precarietà abitativa? Una domanda non da poco dal momento che solo nel 2012 a Roma sono state sfrattate 7743 famiglie, di cui l'80% per morosità, a cui si aggiungono le oltre 6686 del 2011, le 6710 del 2010, le 8729 del 2009 e così via. Proprio ieri i movimenti per il diritto all'abitare sono andati a protestare alla sede dell'Anci chiedendo un incontro per affrontare il nodo degli sfratti. Nel luglio scorso lo stesso sindaco Marino ha riconosciuto il problema chiedendo al governo Letta una moratoria a cui però nessuno ha dato seguito. E l'annuncio di ieri del Prefetto Giuseppe Pecoraro, al termine del Comitato per l'ordine e la sicurezza a cui ha partecipato anche il sindaco Marino, che manifestato la volontà di nuovi sgomberi per le occupazioni potrebbe aggravare la situazione.

Tra quanti sono coinvolti in questa operazione continuano a serpeggiare molti dubbi. Senza un piano per il reperimento di alloggi popolari e senza politiche in grado di affrontare l'emergenza sfratti non si vede una soluzione stabile all'orizzonte e la paura è che importanti risorse che potrebbero essere destinate a trovare soluzioni sistemiche e condivise per l'emergenza abitativa continuino ad essere dirottate al mercato privato.

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