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Bonus affitti, quello che c'è da sapere sullo scontro tra Regione e Comune

Accuse reciproche tra Valeriani e Vivarelli sulle modalità di erogazione. Intanto la misura, che copre solo tre mesi, potrebbe non bastare

Per la seconda volta in meno di due settimane tra Regione e Comune scattano accuse reciproche sul ‘bonus affitto’ da erogare come misura straordinaria alle famiglie in difficoltà economica per l’emergenza Coronavirus. Le polemiche sono ruotate attorno alla gestione della misura che prevede l’erogazione del 40 per cento di tre mensilità per quanti, con un reddito annuo non superiore ai 28mila euro, possono dimostrare di aver perso almeno il 30 per cento delle proprie entrate con l’avvio della quarantena. Per il momento, secondo quanto dichiarato dal Campidoglio, hanno già fatto richiesta circa 30mila famiglie ma il Comune stesso stima che potrebbero arrivare a 60mila.

Le polemiche sono ‘ruotate attorno’, appunto, senza entrare nel merito della questione con l’effetto di gettare quanti stanno seguendo il botta e risposta in queste ore ancor più nell’incertezza e facendo passare in secondo piano il fatto che il ‘bonus’ è una misura emergenziale che dovrebbe dare un po’ di respiro alle tasche di quanti sono in difficoltà con il pagamento dei canoni ma non è in grado di sostituire risposte a lungo termine per un’emergenza abitativa destinata a durare. Inoltre i fondi a disposizione potrebbero non bastare per tutti. Lo dice un rapido calcolo: se le domande fossero 20mila a ogni famiglia spetterebbero 625 euro per tre mesi (il calcolo è approssimativo perché, in teoria, l’importo è calcolato in percentuale dall’ammontare dei rispettivi contratti); se 30mila si scende a 416 euro e se si sforasse il numero dei 40mila si scenderebbe attorno ai 300 euro. Se si dovesse arrivare davvero alla quota delle 60mila richieste la cifra scenderebbe ulteriormente. Pochi, maledetti e subito, quindi.

Andiamo con ordine. Al centro della polemica, come detto, le modalità di erogazione del bonus. La scintilla che ha dato il là alla dichiarazione dell’assessore regionale alle Politiche Abitative, Massimiliano Valeriani, è stata infatti una denuncia sollevata dal Pd capitolino a partire da una circolare emanata il 6 maggio dal dipartimento Risorse Umane con l’obiettivo di reperire 50 dipendenti da destinare al dipartimento Politiche abitative del Comune che dovranno lavorare le domande “entro luglio 2020”.  Valeriani ha definito “inaccettabile” la procedura scelta dal Campidoglio pentastellato per erogare il contributo sostenendo che “comporterà notevoli ritardi”.

Dopo le prime repliche arrivate dal presidente della commissione capitolina Patrimonio e Politiche abitative, Francesco Ardu, venerdì pomeriggio è stata l’assessora Valentina Vivarelli a rispondere: “Da giorni assistiamo ad attacchi per presunti ritardi, quando è proprio la Regione Lazio a stabilire i tempi del bonus”. Il contributo “verrà versato alle famiglie successivamente alla chiusura del bando, dividendo i fondi stanziati per il numero delle domande ricevute”. E ancora: è stata la Regione ad aver dato “ai Comuni il termine di 45 giorni per l’invio dell’elenco delle domande”.

Per l’assessora “il trasferimento anticipato dei fondi rispetto a quanto deliberato non cambia il fatto che per l’erogazione sia necessario attendere la chiusura del ricevimento delle domande. Senza considerare che aver stabilito subito la somma per Roma Capitale senza sapere quanti saranno i beneficiari, vuol dire che più domande riceveremo minore sarà il contributo erogato”. Poi ha specificato: “Stiamo lavorando per coniugare i tempi, ricordo ancora una volta dettati dalla Regione, con una modalità di erogazione che faccia sì che i soldi dei contribuenti arrivino a chi ne ha veramente bisogno. Basta speculazioni e polemiche”.

Ma qual è la procedura che Valeriani ha definito “inaccettabile” e che invece per il Campidoglio pentastellato è imprescindibile? La Regione prevede la possibilità di erogare i fondi alle famiglie sulla base delle informazioni contenute nell’autocertificazione, con modalità più semplici e veloci proprio in virtù della straordinarietà dell’intervento, e di procedere in un secondo momento, con l’ausilio della Guardia di Finanza, ai controlli. Proprio per accelerare ulteriormente le procedure, infatti, la Regione ha già trasferito i 12milioni e mezzo di euro nelle casse della Capitale: a differenza di quanto scrive l’assessora Vivarelli il Comune non deve più rispettare la scadenza dei 45 giorni perché i soldi li ha già.

Il Campidoglio, invece, punta a verificare la veridicità di quanto dichiarato dai richiedenti. Le domande andranno quindi lavorate una per una con inevitabile allungamento dei tempi di erogazione. Proprio per questo il dipartimento capitolino Politiche abitative ha deciso di richiedere in aggiunta alla documentazione prevista dalla Regione anche le ricevute di pagamento degli affitti creando non poche difficoltà per quanti hanno iniziato ad avere problemi fin dal mese di marzo. I termini per la presentazione delle domande scadono il 18 maggio dopodiché gli uffici capitolini, ad oggi con problemi di organico, inizieranno ad analizzarle con l'obiettivo di farlo entro “luglio 2020”. Solo una volta stabilito con esattezza il numero degli aventi diritto i 12milioni e mezzo di euro a disposizione verranno divisi tra tutti i richiedenti. Probabilmente tra agosto e settembre.

“Se si intende fare le pulci ad ogni virgola, che senso ha l’autocertificazione? Dov’è la semplificazione in tutto questo?”, le parole del segretario romano di Unione Inquilini Fabrizio Ragucci in merito alla decisione del Comune. “Per smascherare pochi furbi si rischia di ritardare di mesi e mesi l’erogazione dei soldi, quando invece le verifiche possono e devono essere svolte successivamente. Dopo il probabile slittamento a dicembre del pagamento dei contributi affitto 2019, questa sarebbe l’ennesima beffa. La misura è già di per sé esigua, i soldi devono arrivare subito”.

Per Emiliano Guarneri, segretario generale del Sunia di Roma e del Lazio “il problema non è se il buono verrà erogato a settembre ma quel che accadrà da settembre in poi. Il buono copre infatti solo il 40 per cento del canone di tre mesi, le istituzioni dovrebbero concentrarsi nella programmazione delle politiche abitative da mettere in campo dopo. L’11 maggio riapre il tribunale e si potranno depositare le notifiche degli sfratti che potranno ripartire dal primo settembre. Servono soluzioni da mettere in campo per il post emergenza, quando si stima che saranno almeno 20mila le famiglie in difficoltà con il pagamento dell’affitto”.

“Come avevamo ipotizzato fin dall’inizio”, la denuncia di Angelo Fascetti di Asia Usb “il buono si sta dimostrando inadeguato rispetto alle necessità. Questa situazione sta inoltre facendo emergere che il Comune non è in grado di gestire una politica per la casa perché per anni il dipartimento competente è stato di fatto smantellato. Ribadiamo la necessità di richiedere al Governo l’incremento delle risorse a disposizione per l’emergenza affitti, al momento ferme alla cifra irrisoria di 100milioni di euro sul piano nazionale, e di provvedere alla sospensione del pagamento degli affitti”. 
 

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