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Senza casa per una firma: il Campidoglio punta sull'autorecupero, ma non mantiene le promesse

Siamo entrati nell'ex scuola di via dei Lauri a Centocelle, oggetto da anni di un progetto di autorecupero. Le case sono pronte. Manca però una firma del Comune di Roma

Il palazzo è di proprietà del Comune e i lavori per renderlo abitabile li pagano gli inquilini della cooperativa assegnataria. Suona come un affare per l'amministrazione capitolina che da un lato iscrive nuove abitazioni nel patrimonio disponibile e dall'altro dà una risposta a 23 famiglie in disagio abitativo. Eppure, da ormai otto mesi, tutto è fermo. "Per una sola firma". E' l'ultimo paradosso del percorso travagliato del progetto di autorecupero sull'ex scuola di via dei Lauri, a Centocelle

L'edificio di proprietà pubblica, occupato alla fine degli anni '90 da un gruppo di famiglie in emergenza abitativa, è rientrato nei sette progetti di autorecupero sviluppati tra il 2001 e il 2003 nella Capitale, destinati a famiglie con redditi bassi. Funziona così: il Comune paga la ristrutturazione delle parti esterne del palazzo, gli inquilini i lavori per rendere abitabili i singoli immobili accollandosi per vent'anni le rate del mutuo, con importi accessibili visti i costi contenuti dell'operazione. Estinto il mutuo, l'immobile resta di proprietà del Comune e le famiglie assegnatarie ricontrattano nuovi affitti con il Comune stipulando una nuova convenzione.  

Il bando è stato vinto nel 2003 dalla cooperativa Inventare l'Abitare, i cui soci sono tutte famiglie con redditi bassi, per la maggior parte al tempo dell'avvio del progetto erano in attesa di una casa popolare, diritto a cui bisognava rinunciare se si voleva entrare a far parte della cooperativa. La consegna era prevista per il 2008.  Ma a distanza di 15 anni, questi appartamenti non sono ancora abitabili. 
 
"La ristrutturazione delle parti esterne del palazzo è finalmente terminata nella primavera del 2018. L'immobile ci è stato consegnato il 6 marzo. Ora mancano solo i lavori per gli interni dei singoli appartamenti, che verranno pagati dai soci della cooperativa" spiega Bruno Papale presidente della Cooperativa Inventare l'abitare. "Manca solo l'atto definitivo per permetterci di sbloccare il mutuo con Banca Etica. Serve una fideiussione da parte del Comune mentre come futuri inquilini ci siamo resi disponibili e pagare l'assicurazione sul palazzo". 

La pratica sembra però essersi incagliata negli uffici del dipartimento Politiche Abitative e Patrimonio dell'assessora Rosalba Castiglione. "In questi otto mesi il 'fascicolo' è passato nelle mani di quattro dirigenti che via via si sono dimessi o sono andati in pensione" spiega ancora Papale. "E dopo i primi incontri con il dipartimento non riceviamo più risposte dall'assessora Castiglione. Nonostante in tutto questo tempo abbiamo tentato più volte di ottenere delle risposte". 

Questo è solo l'ultimo capitolo di una lunga storia fatta di ritardi e rinvii che dura da ormai oltre 15 anni. "Il progetto è maturato quando ancora c'era Rutelli, sulla base della legge regionale sull'autorecupero che risale al 1998. I lavori sarebbero dovuti iniziare nel 2003. Le case dovevano essere pronte nel 2008. Ma questa fase è durata dieci anni più del previsto, tra gare emesse al massimo ribasso, ditte che hanno abbandonato i cantieri e bandi da rifare".

Così per queste 23 famiglie in disagio abitativo, la prospettiva di una casa è scivolata via di mese in mese, di anno in anno, e da opportunità è diventata una speranza incrostata da disillusione, stanchezza e rabbia. Intanto la vita ha proseguito il suo corso, per quasi tutti in alloggi provvisori, come mobili accatastati in un deposito in attesa della propria sistemazione definitiva. 

"Per entrare a far parte della cooperativa ho rinunciato alla casa popolare" racconta Lucia, una delle socie. "Ho accettato perché anni prima avevo occupato in seguito a uno sfratto, avevo 4 bambini, e la prospettiva di poter vivere in una casa che potevo permettermi mi soddisfaceva. Non mi sono mai pentita di aver fatto questa scelta perché non volevo andare ad abitare in estrema periferia, o addirittura fuori Roma, in un alloggio pubblico. Ma in 15 anni i miei figli sono diventati grandi e mio marito sta andando in pensione. Ma quando ce la vogliono dare la casa?".

Il 6 marzo scorso i cancelli dell'immobile sembravano finalmente pronti ad aprirsi. Quelle 23 chiavi legate in un grande mazzo continuano però ancora oggi ad aprire alloggi senza pavimenti nè allacci. Ancora case immaginate. "Tutte le amministrazioni che si sono susseguite si sono messe questa esperienza dell'autorecupero come un fiore all'occhiello" racconta Giancarlo Castelli, un altro dei soci della cooperativa Inventare l'Abitare, "ma in realtà il progetto ha incontrato una serie di ostacoli dovuti soprattutto alla mancanza di volontà politica. Tutte le amministrazioni hanno mostrato poco interesse e questo atteggiamento si è espresso con un rallentamento dei lavori".

Eppure per il Comune è un'operazione conveniente. "Per i lavori di ristrutturazione del palazzo sono stati spesi circa 600 mila euro" ha spiegato Papale. "E gli inquilini dovranno contrarre un mutuo per altri 600 mila. Il prezzo per l'amministrazione è quasi dimezzato rispetto ai costi di  realizzazione di un alloggio popolare. Roma è piena di ex scuole, caserme, immobili degli enti pubblici. Se si puntasse su questi progetti avremmo risolto il problema abitativo".

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