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Atac, con Simioni vince la linea Casaleggio. E Di Maio benedice il concordato: "Così salviamo azienda"

La nomina di Paolo Simioni, vicino a Colomban, conferma l'asse milanese di Beppe Grillo. E il concordato preventivo resta la strada più probabile per il risanamento della municipalizzata

Entra Paolo Simioni, neopresidente e ad di un nuovo Cda a tre componenti, esce Manuel Fantasia, amministratore unico. E' il reset ai vertici di Atac, la municipalizzata nella bufera tra malagestione e rischio fallimento. Di ieri la riunione fiume a palazzo Senatorio e il parto delle nomine, presenti la sindaca Virginia Raggi, l'assessore alla Mobilità Linda Meleo, il deputato pentastellato Riccardo Fraccaro. A Simioni va il timone dell'azienda simbolo del disastro Partecipate, eredità bollente che l'ex direttore generale Bruno Rota ha lasciato giorni fa, avvelenato, non mandandole certo a dire, definendo i membri dell'amministrazione pentastellata "dei delinquenti"

Dal debito monstre che si aggira intorno a 1 miliardo e 300 milioni di euro, al rischio stipendi per 12mila famiglie di dipendenti, al pressing dei creditori. Un carrozzone sull'orlo del crac finanziario, con annesso collasso del servizio dietro l'angolo per gli utenti già stremati da un sistemo di mezzi pubblici non proprio efficiente e affidabile. Cosa comporta questo ultimo cambio alla guida dell'azienda dei trasporti? 

Perché è stato scelto Simioni  

Sul piano meramente politico siamo davanti alla vittoria evidente dell'asse Casaleggio-Grillo, che da Milano governa Roma. Paolo Simioni, trevigiano, ex ad del gruppo Save Engineering che gestisce gli aeroporti di Venezia, Treviso e Verona, è il coordinatore del gruppo di lavoro voluto dall'assessore alle Partecipate Massimo Colomban, veneto vicino a Davide Casaleggio, da lui scelto per importare il modello Atm (la municipalizzata del capoluogo lombardo). Un altro uomo di Milano dunque, con buona pace della fronda che all'interno della maggioranza di Virginia Raggi ha chiesto più volte di tornare a prendere le scelte a Roma, coinvolgendo gli eletti, i portavoce, dai quali la distanza su temi di rilievo sembra ormai siderale. Ci ha provato l'assessore al Bilancio Andrea Mazzillo, in un lungo sfogo a Repubblica: "Non si capisce perché si senta il bisogno di affidare certi incarichi delicati a persone che non conoscono Roma, come se in questa città non fossero reperibili determinate competenze". Ma è stato subito rimesso in riga dalla sindaca e costretto a smentire: "Chi polemizza vada fuori". Dichiarazioni confermate ieri: "D'ora in poi si cambia registro, non si tollerano deviazioni dalla linea che ho tracciato". Il dissenso è silenziato. 

Verso il concordato preventivo: cos'è e chi lo vuole

Sul piano tecnico operativo invece la scelta di Simioni risulta ambigua. Quale strada verrà intrapresa per salvare l'azienda di via Prenestina? Portare i libri in tribunale era la via tracciata dall'ormai ex dg Rota, che dopo aver delineato un quadro impietoso dei conti aziendali ha parlato di "concordato preventivo" come unica strada possibile. 

Si tratta di uno strumento che la legge mette a disposizione per scongiurare la vera e propria procedura fallimentare (ben più grave) di un'impresa, un accordo con l'obiettivo sì di tutelare la ditta in difficoltà mettendola a riparo da azioni esecutive nei suoi riguardi, ma anche di soddisfare - se anche parzialmente - le ragioni dei creditori. Una sorta di ristrutturazione del debito sotto il controllo di un commissario giudiziale che garantisce la continuità dell'impresa, ma un po' meno i diritti dei lavoratori, comunque a rischio licenziamento. 

Ora, il concordato preventivo lo aveva proposto appunto lo stesso Rota, in primavera, al Campidoglio, e inizialmente l'Amministrazione sembrava aver accolto la strategia. Poi gli ostacoli e i tentennamenti continui, le dimissioni di Rota il 21 luglio e le dichiarazioni ai giornali che hanno aperto il vaso di Pandora. E rotto definitivamente i rapporti tra l'ex dg e i grillini. Arriva Simioni e, a rigor di logica, ci si aspetterebbe una nuova strategia che escluda il concordato voluto da Rota. Invece, mentre era in corso il vertice capitolino di ieri per le nuove nomine, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, lo ha benedetto dal Caffè della Versiliana, in Toscana, elogiando il modello Livorno dove lo strumento è stato utilizzato dal sindaco Nogarin: "Il concordato preventivo in continuità per il caso Atac a Roma è per me un'ottima strada. Il caso Livorno ha fatto giurisprudenza". E lo aveva incensato anche Beppe Grillo, al tempo: "L'azienda dei rifiuti di Livorno è salva, succederà anche a Roma". 

Oggi anche l'assessore alla Mobilità Linda Meleo non lo esclude affatto: "Se per Atac valutiamo la strada del concordato preventivo? Il cda ha il compito risanare, rilanciare l'azienda e mantenerla pubblica e lavorerò per vagliare tutte le soluzioni possibili e individuare tutte le strade percorribili con questo unico obiettivo, non ci sarà alcun fallimento". Nè privatizzazioni, ovviamente. Quella, hanno detto i parlamentari di M5s, è la "squallida partita politica del Pd"

Le urgenze: stipendi e diritto e alla mobilità

Al netto dei drammi politici e delle incongruenze nei Palazzi, il tempo corre e i drammi sì che possono diventare tali. Le urgenze in ballo sono due. La prima tocca gli stipendi, a rischio, di quasi 12mila dipendenti (e famiglie). L'allarme di Rota ai giornali rimbomba ancora: "L'ultima volta (Atac, ndr) è riuscita a pagare gli stipendi nell'ultimo quarto d'ora". E poi c'è il diritto alla mobilità dei romani. Atac ha un debito con i fornitori di oltre 300mila euro. Gasolio, pneumatici, pezzi di ricambio. Senza girarci troppo intorno: se i grossisti stoppano le vendite, gli autobus non si muovono più.

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