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L'allarme di Atac: "Perdite fino a oltre 150 milioni. Chiesta revisione del contratto al Campidoglio"

I numeri della municipalizzata finiscono in commissione capitolina mobilità. La richiesta è quella di rivedere l'accordo con Roma Capitale

Atac boccheggia. Già in condizioni difficili prima dell'emergenza Coronavirus, l'azienda di trasporto pubblico capitolino ha ora il fiato corto, alle prese con conti che non tornano, nonostante le promesse di fondi dal Governo. I dati sono stati snocciolati nel corso della riunione della commissione capitolina Mobilità che si è tenuta ieri mattina. 

"A maggio abbiamo calcolato una riduzione dei ricavi di 50 milioni di euro. Abbiamo poi elaborato gli scenari base per il corrente esercizio e, tenendo conto che nel  2018-19 il valore storico dei ricavi si era attestato a 270 milioni, stimiamo di chiudere l'anno a 120 milioni di ricavi. Quindi la differenza dagli attuali 50 milioni  salirà fino ad oltre 150 milioni", ha spiegato Stefano Guadalupi, direttore pianificazione e contratti di servizio di Atac. "Questo buco di 150 milioni- ha aggiunto-  attraverso il contratto attuale di 'net cost' con il comune rappresenta un rischio che va fuori dal perimetro dell'amministrazione e del bilancio comunale. Per  coprirlo riteniamo verosimile che a Roma possa arrivare una quota intorno ai 26 milioni di euro sui 500 milioni del decreto governativo. Non basta ovviamente".

Ecco quindi che in Atac si punta il dito nei confronti del contratto con il Comune di Roma che stabilisce i fondi per espletare il servizio e le sue modalità. Franco Middei, responsabile Acquisti e Contratti di Atac: "Con l'attuale contratto 'net cost', che di fatto è una concessione, una quota importante del piano economico finanziario viene meno, non per ragioni imputabili all'azienda, ma per cause esogene non imputabili ed eccezionali come quelle dovute dal Covid. Per paradosso se oggi  Roma dovesse affidare il contratto perchè scaduto non avrebbe la possibilità di fare un bando 'net cost'. Atac, infatti, oggi ha un 35% di copertura del costo standard  grazie ai ricavi da traffico. Con la crisi abbiamo a che fare con un contratto che ha un rischio evidente di default e che non rappresenta più la realtà. Il contratto non è in equilibrio". 

"Il Governo nel decreto cosiddetto "Aprile"- ha aggiunto Middei- con l'articolo 200 destina 500 milioni per coprire la mancanza di ricavi di tutte le aziende di tpl italiane. Per noi sono risorse assolutamente insoddisfacenti. Abbiamo calcolato una perdita al mese, per tutte le aziende di tpl locali più il ramo regionale di Fs, di 200 milioni. Abbiamo, quindi, richiesto a Roma Capitale la revisione del contratto, con una nota del 14 aprile, non necessariamente legato ad un gross cost. Serve un intervento straordinario in linea con gli indirizzi dell'Ue. In fase emergenziale crediamo possa esserci un intervento per riequlibrare il contratto". 

Durante la commissione sono state spiegate le differenze tra contratto 'net cost' e contratto 'gross cost'. Nel primo il rischio industriale e quello commerciale, legato all'attività di vendita dei biglietti e del controllo dell'evasione, sono a carico dell'azienda gestore che ottiene un corrispettivo pattuito in anticipo. Nel 'gross cost' solo il rischio industriale è a carico del gestore mentre quello commerciale è a carico dell'azienda concedente, ovvero, in questo caso, a Roma Capitale.

Come reperire altri fondi. Stefano Guadalupi ragiona anche su una "revisione dei ricavi del Bit, naturalmente attraverso un dialogo non Cotral. Non è necessario dichiarare una guerra ma in accordo con la Regione pensiamo si possano creare 'titoli Roma' in cui il 100% dei ricavi va lasciato ad Atac. L'attuale divisione dei  ricavi del Bit- ha ricordato- prevede che il comune di Roma incassi solo l'86% mentre il restante e' diviso tra Cotral e Trenitalia".

E il concordato? "La buona notizia", ha spiegato Middei, "è che sabato mattina abbiamo pubblicato il piano di riparto, ovvero il passaggio formale che dà avvio ai pagamenti della quota dei creditori con privilegio nell'ambito del concordato di Atac. Da questa settimana si potra' cominciare a pianificare i pagamenti per arrivare  alla scadenza 25 giugno ad onorare questi creditori. Si parla di risorse accantonate pre-covid. Altro tema, invece, è quello dei creditori chirografari. Per loro  siamo orientati ad una ripianificazione, non del quanto, ma del quando". 

"Possiamo pensare ad una ripianificazione- ha aggiunto Middei- alla luce di quanto indica il decreto di omologa. Il foraggio che serve per poter pagare i chirografari  va isolato dalla cassa dell'azienda: il 1 aprile e il 1 ottobre di ogni anno Atac deve fotografare la cassa e dividere la quota da mettere a disposizione. Nel 2020 la  quota di disponibilità è stata calcolata di circa 75 milioni, quindi circa 38 ogni semestre. Ma la congiuntura ha fatto venire meno notevoli risorse e quindi non abbiamo potuto pagare integralmente".

"Dai commissari- ha concluso Middei- non è arrivata alcuna procedura di infrazione ma il tema è per quanto tempo si proietterà questa emergenza. Le obbligazioni di pagamento saranno spostate piu' avanti rispetto al 2022 e il nuovo piano dovra' essere rivalutato. A settembre Atac dovrà poter  prospettare il nuovo 'quando' sulla base delle previsioni delle entrate certificabili. Auspichiamo, comuqnue, risposte governative nel medio periodo, entro la chiusura  dell'esercizio". 

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