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Pd Roma, Casu non lascia ma resta in silenzio. E nel partito cresce l'imbarazzo

Non si placano i mal di pancia interni nella federazione romana. A stretto giro la nuova convocazione della direzione

Era in piazza per la manifestazione dei sindacati sostenuta dal Pd contro Virginia Raggi. Con Nicola Zingaretti si confronta tutti i giorni e a Italia Viva non ha mai strizzato l’occhio, assicurano i ben informati. Andrea Casu, segretario romano del partito democratico, con ogni probabilità, resterà in sella. Annuncerà ufficialmente le sue intenzioni durante la direzione romana, da convocare a stretto giro, forse già la prossima settimana, ma secondo quanto ricostruito da RomaToday non ci sarebbe l’intenzione da parte del segretario espressione dell’era Renzi, di lasciare il Pd per approdare nel nuovo soggetto politico appena inaugurato a Firenze, al decennale della Leopolda, dove infatti Casu non era presente. 

Tutto apposto quindi? Insomma. Nel partito i malumori si sprecano. "Non ci si capisce più niente" commenta secco un membro tra i 95 che compongono la Direzione. In tanti aspettano da settimane una presa di posizione del segretario, data la sua origine turborenziana. Passerà tra le file del neonato Italia Viva, o resterà nel partito a guida zingarettiana. Il tormentone occupa il dibattito interno dalla scissione di Matteo Renzi. E lui, il segretario romano eletto con il 57% delle preferenze al congresso, è in silenzio stampa da settimane. 

"Pare abbia semplicemente scelto di non lasciare, e quindi resta in silenzio perché sostiene di non avere niente da comunicare" racconta un altro eletto dem sul territorio. Nei fatti, è vero, non ha mai parlato di mollare, ma c'è chi vorrebbe la sua testa a prescindere da un'eventuale uscita volontaria dal Pd. In diversi tra i membri della Direzione romana non lo possono soffrire da ben prima dello strappo renziano. Diciamo almeno da quando Nicola Zingaretti è stato eletto nuovo segretario nazionale del partito. Era marzo 2019. Ora, con Renzi fuori dai giochi, il tema del cambio ai vertici è tornato a scuotere gli animi.  

Datata 10 ottobre una raccolta firme fatta circolare sui giornali per chiedere l'urgente convocazione dei membri del partito e per affrontare tra gli ordini del giorno, la "richiesta di rimettere il mandato nelle mani dell'assemblea, che avvierà nelle forme e nei modi statuariamente previsti il percorso per l'elezione del nuovo gruppo dirigente". Un testo firmato da circa metà Direzione romana. Poi l'assemblea è stata convocata, ma è coincisa con la discussione a oltranza della delibera per la liquidazione di Roma Metropolitane, e lo stesso gruppo di consigliere dem ha chiesto il rinvio. Si attende la prossima convocazione. 

Per qualcuno però, la corda si è già rotta e l'unica soluzione, alla luce di una città in perenne emergenza che ha bisogno di un Pd all'opposizione compatto e incisivo, sarebbe sfiduciare il segretario renziano. Ma non basta l'avversione comune per trovare la quadra. "Non troveremo mai un accordo" raccontano ancora fonti interne al partito "anche chi vorrebbe un cambio in segreteria ha comunque interessi diversi, e alla fine preferisce Casu ad altri considerati potenzialmente più scomodi". Giochi di correnti non certo nuovi ai militanti democratici. 

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